L’ascesa di Vladimir Putin alla presidenza russa nel 2000 ha segnato un punto di svolta in molteplici aree della politica russa. Con Putin al potere, la presidenza è diventata un epicentro di decisioni su vasti ambiti della politica estera. Ciò, insieme a un’inclinazione verso una gerarchizzazione istituzionale più marcata, ha reso la politica del Cremlino maggiormente coerente e prevedibile, con pochi attori chiave a influenzarla. Questa evoluzione nella presa di decisioni ha giocato un ruolo cruciale nel rafforzare e consolidare i rapporti multidimensionali con la Cina. L’accordo chiave in questo senso è stato il “Trattato di Buon Vicinato e Cooperazione Amichevole” firmato nel luglio 2001. Da quel momento, la sinergia tra Mosca e Pechino ha acquisito nuove dimensioni, evolvendosi in modo più maturo e strutturato.
Una delle più notevoli conquiste sotto l’egida di Putin è stata la risoluzione delle controversie territoriali, culminata il 14 ottobre 2004. In quella data, Russia e Cina, mediante un’intensa collaborazione diplomatica, hanno raggiunto un accordo definitivo sulle tre isole contese lungo i loro confini, come affermato da Hu Jintao. L’accordo, entrato in vigore nel luglio 2008, stabiliva una divisione equa dell’isola Bolshoj Ussurijskij alla confluenza dei fiumi Ussuri e Amur e assegnava alla Cina il controllo delle altre due isole. Questo accordo ha simboleggiato un nuovo capitolo nei rapporti di vicinato, oltre a risolvere una storica disputa territoriale lunga oltre 4.300 chilometri. Dal punto di vista economico, la Cina ha visto un crescente rilievo nel commercio con la Russia, specialmente nell’ultimo quindicennio.
Il ruolo della Cina come partner commerciale della Russia è cresciuto esponenzialmente, superando gli scambi con gli Stati Uniti nel 2010 (circa 55 miliardi di dollari contro i 25 miliardi con gli USA), con un incremento annuale medio di oltre il 35%. Se in precedenza lo scambio prevedeva principalmente macchinari e prodotti lavorati verso la Cina in cambio di materie prime, recentemente i ruoli si sono invertiti. La Russia è diventata un fornitore chiave di materie prime per la Cina, influenzando positivamente lo sviluppo industriale cinese e delle regioni confinanti. Un esempio è il piano intergovernativo di nove anni formulato nel 2009 per promuovere la cooperazione economica lungo i confini, anche se la sua realizzazione rimane incerta. Nonostante la persistente sfiducia dovuta all’asimmetria economica e ai timori di un’invasione cinese tramite immigrazione, promossi soprattutto da ambienti nazionalistici, questa paura sembra infondata. La Russia ha superato il declino demografico dell’era post-comunista, e, nonostante la scarsa densità popolativa dell’estremo oriente, l’immigrazione cinese in Russia non rappresenta la destinazione principale per gli emigranti a lungo termine. La maggior parte degli immigrati cinesi sono piccoli commercianti o lavoratori stagionali che tendono a rientrare in patria. L’aspetto geopolitico dell’avvicinamento sino-russo è stato evidente. Influenzati dall’evolversi del panorama internazionale, inclusa la guerra in Iraq, nei passati dieci anni i due Paesi hanno consolidato un sostegno politico reciproco, sia bilateralmente che multilateralmente.
L’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), che comprende i paesi dell’Asia Centrale e sta accogliendo India e Pakistan come membri a pieno titolo, è diventata una piattaforma per la collaborazione regionale in questioni di sicurezza, lotta al terrorismo e dispute territoriali. La SCO ha facilitato l’armonizzazione tra le posizioni cinesi e russe e l’interazione con altre organizzazioni regionali guidate dalla Russia, come l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) e l’Unione Economica Euroasiatica (UEE). Mentre gli Stati Uniti rimangono al centro della politica estera russa, il Cremlino ha adottato un approccio più diversificato, definendo chiaramente interessi e priorità in altre aree, tra cui l’Asia.
In questo contesto, la Cina è diventata un partner strategico indispensabile per Mosca, non solo come leva nelle relazioni con Washington, ma anche come alleato, condividendo interessi globali. La partnership ha giovato anche alla Cina. Nonostante all’inizio del nuovo millennio Pechino avesse più opzioni strategiche, sia nei rapporti con gli USA sia in altre aree, la cooperazione con la Russia è stata vantaggiosa, specialmente in aree dove la loro asimmetria era meno accentuata. Il ruolo della Russia nello spazio post-sovietico e in Asia Centrale, dove il suo peso politico-militare è ancora determinante, ha giocato un ruolo cruciale. La convergenza in questioni di sicurezza e stabilità dei confini e la cooperazione nelle istituzioni internazionali, come le Nazioni Unite, dove entrambi sono membri permanenti del Consiglio di sicurezza, hanno favorito la proiezione internazionale della Cina, consentendole di concentrarsi su priorità come l’economia e la riunificazione con Taiwan.
Questa asimmetria di potere, pur rappresentando una sfida, non ha impedito lo sviluppo di una relazione bilaterale più equilibrata e diplomaticamente fruttuosa. L’intensificazione dei contatti politici e culturali, simboleggiata da eventi come “l’anno della Russia” in Cina nel 2006 e “l’anno della Cina” in Russia, ha contribuito a migliorare la percezione reciproca. Secondo i sondaggi, oltre il 60% dei russi ora vede la Cina come un alleato affidabile e considera le relazioni tra i due Paesi come amichevoli. Questa evoluzione testimonia una trasformazione strutturale nei rapporti sino-russi, superando vecchie controversie e gettando le basi per un dialogo diplomatico basato su una visione condivisa dell’ambiente internazionale e su un mutuo vantaggio.
(1 – continua)
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