La narrazione è un’arte antica e fondamentale per l’umanità. Raccontare storie ci permette di trasmettere esperienze, insegnamenti e cultura, attraverso testi scritti, discorsi o altre forme di comunicazione. Queste storie possono basarsi sulla realtà o essere frutto di fantasia, trovando spazio in ambiti come la letteratura, il cinema, la storia e perfino nei tribunali.
In archeologia, la narrazione non è solo raccontare una storia, ma costruire interpretazioni del passato basate su prove materiali trovate nei siti di scavo. Gli archeologi usano manufatti, strumenti, resti umani e animali, e persino resti di piante e fossili, per ricostruire le vite delle antiche civiltà. Queste narrazioni però, per quanto rigorose, restano sempre ipotetiche e possono variare tra archeologi che lavorano sugli stessi reperti o essere modificate nel tempo. Secondo uno studio dell’American Anthropological Association, circa il 70% delle interpretazioni archeologiche subiscono modifiche significative con l’aggiunta di nuovi reperti o con l’adozione di nuove tecniche di analisi.
Un altro esempio, forse meno noto, riguarda l’ambito giuridico processuale, nel quale la narrazione si riferisce al modo in cui gli avvocati presentano i fatti di un caso penale in tribunale per persuadere il giudice o la giuria riguardo alla veridicità e alla validità delle loro argomentazioni. La narrazione giuridica è una tecnica che mira a creare una storia convincente e coesa, basata sulle prove presentate e sulle leggi pertinenti, al fine di supportare le affermazioni di una delle parti coinvolte nel processo. Gli avvocati utilizzano la narrazione per organizzare i fatti del caso in esame all’interno di una sequenza cronologica comprensibile, per presentare testimonianze e prove in modo ordinato e convincente e per sottolineare gli elementi chiave del loro argomento legale. Anche l’avvocato, come lo storico, cerca di ricostruire una storia passata e non osservata utilizzando “tracce” o “prove” sopravvissute al tempo. Anche in questo contesto la narrazione è inevitabilmente ipotetica, tanto è vero che accusa e difesa propongono non solo due diverse narrazioni, ma spesso una opposta all’altra.
Nel campo dei Futures studies (disciplina che esplora i futuri possibili, probabili e preferibili, con l’obiettivo di comprendere e influenzare il cambiamento a lungo termine), per costruire scenari futuri si fa ricorso alle narrazioni. Uno scenario futuro rappresenta una ricostruzione plausibile e coerente di come potrebbe svilupparsi il futuro, basata su variabili, estrapolazioni di trend e decisioni che si possono prendere nel presente. La narrazione contenuta in uno scenario nel campo dei futures studies non è una semplice previsione. Al contrario, essa fornisce una descrizione di uno dei tanti possibili futuri, spesso enfatizzando le dinamiche sociali, economiche, politiche, tecnologiche e culturali che potrebbero plasmare quell’ipotetico futuro.
Come per l’archeologo o l’avvocato, lo scenario è descritto tramite nessi di causalità e cronologie di eventi e non può essere mai certa ma, nei limiti del limite, sarà probabile. Queste narrazioni possono aiutare le persone a comprendere le implicazioni delle decisioni attuali e a prepararsi per una varietà di futuri possibili.
Gli scenari futuri si usano in contesti aziendali, governativi e accademici per prendere decisioni informate e per sviluppare strategie resilienti che possano adattarsi a una gamma di risultati futuri. Ma sono utili anche in ambito personale, al fine di aumentare la consapevolezza degli individui del nesso causale fra decisioni nel presente e conseguenze future. E così come accade per la storia, per l’archeologia o per la giustizia, partendo da dati elementi, si possono costruire diversi scenari futuri. Un sondaggio condotto dall’Association of Professional Futurists ha mostrato che l’80% dei professionisti del futuro ritiene che la narrazione sia uno strumento essenziale per creare scenari futuri efficaci.
Tornando all’ambito giudiziario, in quello specifico tipo di narrazione sono utilizzati i due importanti concetti tecnici di probans e probandum. Probans è chi prova, ovvero la parte che presenta le prove o gli argomenti per sostenere una determinata affermazione o tesi. Probandum si riferisce invece alla tesi che deve essere dimostrata o provata ed è rappresentato tipicamente da una narrazione. In un contesto giuridico, il probans (es. l’avvocato accusatore) cerca di dimostrare la veridicità del probandum presentando prove e argomenti pertinenti. Si tratta di una inferenza che porta dal dato probatorio (factum probans, es. “una traccia di sangue sulla camicia del sospettato è compatibile con il sangue della vittima”) alla ricostruzione di una sequenza di eventi ipotetici, cioè una storia (factum probandum, es. “l’imputato ha pugnalato la vittima e di conseguenza una goccia di sangue è finita sulla sua camicia”).
Pertanto, l’accusa (o la difesa) costruisce una narrazione in cui organizza gli eventi ipotetici in una struttura coerente e plausibile dove i collegamenti fra tali eventi sono costituiti da nessi causali. Trattando eventi del passato, nella ricostruzione non si può fare altro che utilizzare un ragionamento ipotetico, pertanto mai certo. Quindi le prove possono essere certe, ma la narrazione è sempre ipotetica, probabile, tanto è vero che l’avvocato della controparte, basandosi sulle stesse identiche prove, costruisce una contro-narrazione (es. “l’imputato vedendo la vittima moribonda l’ha abbracciata nel tentativo di salvarla e, di conseguenza, una goccia di sangue è finita sulla sua camicia”).
Il ragionamento probatorio consiste nel mettere in relazione alcuni degli eventi non osservati (factum probandum), che fanno parte della narrazione, con gli eventi osservati (factum probans), ossia con le tracce che costituiscono le prove, sulle quali si basa la narrazione. Quindi, il collegamento fra probandum e probans si costruisce per mezzo dell’esibizione della spiegazione ipotetica dei facta probans (dati) che contenga il probandum (la narrazione). Ma, mentre nei modelli causali il collegamento logico va dalle cause agli effetti, nel ragionamento probatorio è il contrario, cioè il collegamento va dalla narrazione alle evidenze probatorie (Dahlman e Kolflaath, 2022): è una narrazione coerente e plausibile che spiega una certa prova (e proprio in quel caso si dice tecnicamente che la prova è rilevante).
Uno scenario futuro esibisce determinate caratteristiche, con la sola specificità che sul futuro non abbiamo dati (intesi in senso statistico), ma altri tipi di “tracce informative”, come estrapolazioni di trend (proiezioni nel futuro di dati storici), proiezioni di fattori chiave, ipotesi sui dati oppure giudizi di esperti. Si usano anche i segnali deboli, ovvero indicazioni iniziali di potenziali cambiamenti significativi che potrebbero verificarsi nel futuro. Questi segnali sono spesso ambigui, isolati e non ancora ben sviluppati, ma possono essere precursori di tendenze emergenti o di discontinuità che potrebbero avere un impatto rilevante.
Lo scenario futuro diventa pertanto una ricostruzione ipotetica non riferita al tempo passato ma al tempo futuro, e come per l’archeologo o il giurista è solo ipotetica e, soprattutto, non può mai essere del tutto libero – cioè, puramente frutto di fantasia – ma deve essere provato, quindi vincolato, agli elementi dai quali scaturisce, arricchito dalla conoscenza dello sfondo (sociale, naturale, storico, etc.), dalle idee personali, dalle visioni del futuro e anche dalla creatività.
Per cui possiamo dire che l’esperto di futuri rappresenta il probans mentre lo scenario il probandum. In tal senso, la ricerca scientifica si sta concentrando sempre di più a definire in maniera il più oggettiva possibile i facta probans. Bertrand de Jouvenel, filosofo e futurista francese, utilizzava appunto il termine “facta” per riferirsi a elementi legati al futuro. Egli riteneva che il futuro potesse essere studiato e analizzato attraverso un approccio rigoroso, nonostante la sua intrinseca incertezza.
Purtroppo, nelle scuole e nelle università italiane si dà ancora poca importanza agli studi di futuri (Futures studies) pensando, erroneamente, che non si tratti di ambiti che rispettino i rigori della ricerca scientifica. Al contempo, si tende a credere, erroneamente, che la storia scritta sui libri di testo sia certa, unica e incontestabile. Invece, ridare maggiore senso alle narrazioni, sia del passato che del futuro, e utilizzare la probabilità come misura di aderenza al vero (che sarà sempre sconosciuto) potrebbe aiutarci a comprendere meglio la società in cui viviamo – ricca di veloci mutamenti sociali e tecnologici – e quella dove andremo a vivere in cui, molto probabilmente, tali mutamenti saranno ancora più numerosi e più rapidi.
A questo punto però emerge una fondamentale differenza fra passato e futuro, che ci restituisce un potere: mentre il passato, che conosciamo solo in termini probabilistici, non può essere modificato, il futuro – che cerchiamo di esplorare sempre ricorrendo alla statistica e alle probabilità – lo possiamo modificare, ovvero anticipare. Prendere consapevolezza che i futuri sono tanti (ecco perché il plurale Futures studies) è fondamentale per capire che le nostre azioni nel presente possono influenzare pesantemente (in senso positivo o negativo) la direzione che le nostre vite e la nostra società prenderanno nell’avvenire. Questo ci restituisce un importante senso di responsabilità, nel cercare di far andare le cose così come noi vogliamo che vadano. Quindi, riferendosi al futuro, “il problema è un problema di decisione, non di previsione” (Bruno de Finetti).
Tutti (cittadini, istituzioni e aziende), spesso inconsapevolmente, consumiamo futuro, una delle risorse più preziose, nel senso che non abbiamo piena consapevolezza di quanto le nostre azioni possano modificare il futuro. E solo la consapevolezza che il futuro deve essere costruito proattivamente può restituire, soprattutto alle nuove generazioni, l’abilità di fare del futuro un uso sostenibile o, quantomeno, di “maneggiarlo con cura”.
È bene che nella scuola dell’obbligo si studino la storia e l’attualità, ma sarebbe il caso di iniziare a studiare anche i futuri, quantomeno come attività didattiche integrative o laboratori, e a ragionare in termini probabilistici. Questo accade in diversi paesi del mondo, che hanno adottato dei laboratori di futuro, finalizzati a sviluppare nei giovani la capacità di comprendere e navigare il futuro. Speriamo di non dover attendere troppo per la loro introduzione anche nel nostro Paese.
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