Il tema dei migranti ma anche, e soprattutto, il tema energetico. Sono questi i punti cruciali intorno ai quali si è sviluppata la visita del presidente del Consiglio Giorgia Meloni e del ministro Giancarlo Giorgetti in Qatar, dove hanno incontrato l’emiro Tamim Bin Hamad Al Thani e il ministro degli Esteri Mohammed Bin Abdulrahman Al Thani. Nella delegazione c’era anche l’ad Eni Claudio Descalzi. Nei colloqui, infatti, si è parlato di opportunità per le imprese, ma in particolare di energia, poiché l’Eni è l’attore principale di un accordo per il gas liquido naturale, di cui il Qatar è primo produttore, che viene rigassificato a Rovigo.
La partita che si gioca in Medio Oriente e a livello globale, spiega Rony Hamaui, docente di scienze bancarie, finanziarie e assicurative nell’Università Cattolica di Milano ed esperto di economia e finanza islamica, va oltre i rapporti con il Qatar. Le autarchie mondiali (Russia, Cina, Arabia, Iran) si stanno unendo in funzione anti-occidentale e c’è il rischio che Doha finisca in questa alleanza. Tenere i rapporti con il Qatar può servire, quindi, soprattutto a fare in modo che il progetto delle autarchie non prenda ulteriormente piede.
Professore, come possiamo giudicare la visita della Meloni in Qatar, i nostri accordi per il gas naturale liquido e i rapporti con questo Paese?
Certamente il tema del gas è importante. Il nostro problema oggi è che lo compriamo sul mercato a un prezzo stabilito dal mercato, utilizzando una serie di rigassificatori, perché non si può costruire una pipeline da qui al Qatar. Sì, sulla carta questo incontro può aiutare. Non ho visto, comunque, delle conclusioni che raccontassero qualcosa di particolarmente nuovo.
Quali sono i rapporti tra Italia e Qatar?
Non è tanto questo che conta. Si sta cercando un’alleanza molto forte tra le autarchie: Russia, Cina, Arabia Saudita, Corea del Nord, Cina. Si stanno alleano in maniera molto forte e del tutto antioccidentale. Il Qatar è uno dei Paesi ancora in bilico, ma credo sia più facile che si coalizzi contro l’Occidente.
Quanto incide l’accordo per il gas liquido con Qatar Energy sulla nostra politica energetica?
Il Qatar è un grande produttore di gas, potrebbe essere anche importante. Ma in merito a questo tema quelle che ho letto mi sono sembrate dichiarazione di circostanza. Sono più preoccupato dalla situazione di contorno di cui parlavo prima.
Il problema vero, quindi è che ci troviamo dalla parte opposta di questa alleanza che si sta costituendo e che forse anche il Qatar andrà a finire lì?
Esatto. Gli accordi devono avere un contenuto fattuale, guardi cosa è successo con i migranti in Tunisia. La Meloni è andata tre o quattro volte in quel Paese e la situazione è ancora come prima. Certamente oggi c’è un confronto molto duro tra autarchie, chiamiamole così per essere generosi, e mondo occidentale democratico, uno scontro che rende le sanzioni meno efficienti, il commercio più complicato. Il vero problema è l’alleanza anti-occidentale delle autarchie. Poi è giusto cercare di rompere questo legame perché ci sono molti Paesi in bilico come l’India, il Brasile, la Turchia, forse anche il Qatar. Se fosse così, spingerlo ad essere più amichevole con gli occidentali potrebbe essere importante.
Fino a dove può spingersi questa alleanza delle autarchie?
Ho la netta sensazione che l’Arabia Saudita abbia una tremenda voglia di nuclearizzarsi. Sta spingendo molto per questo. Secondo alcune indiscrezioni ha chiesto all’Occidente la tecnologia per arricchire l’uranio e creare centrali nucleari. Anche questo è un tema importante.
Dopo il tornado in Libia si è attivato una sorta di “soccorso islamico” con molti Paesi musulmani che hanno mandato aiuti, compreso il Qatar. Cinicamente, di fatto, questo sarà un modo per allargare la loro influenza sul territorio libico?
Il prezzo del petrolio è 90 dollari al barile, il prezzo del gas è salito. Questi Paesi si trovano con tanti soldi in mano. Una parte li spendono per far crescere l’economia con progetti più o meno intelligenti, poi ci può anche stare che mettano soldi in Libia. Ma quel Paese è un tale marasma che diventa molto difficile governare eventuali investimenti e aiuti. Non voglio pensare così male, che utilizzino, cioè, migliaia di morti per allargare la loro influenza. Sta di fatto anche hanno tanti di quei soldi che la loro influenza la accrescono.
Per questo acquisiscono sempre più potere sulla scena internazionale?
C’è una bellissima ricerca che spiega quanto siano importanti i soldi da questo punto di vista. La Cina si è comprata il voto all’Onu di molti Paesi africani, a dimostrazione del fatto che il danaro è molto importante per acquisire la benevolenza dei Paesi più poveri. Tanto è vero che gli Usa se ne sono accorti e vorrebbero aumentare la disponibilità della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale. Questi organismi, però, non sono visti come super partes da molti Paesi e quindi gli Stati Uniti sono un po’ da soli in questo sforzo. Cina e Paesi arabi, invece che mettere i soldi lì, preferiscono darli direttamente in modo da avere un maggiore controllo sui Paesi che li incassano.
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