Il 12 luglio 2021, presso la prestigiosa Aula Pessina dell’Università Federico II di Napoli, con l’introduzione del presidente dell’Apef (Associazione professori emeriti federiciani) prof. Carlo Lauro, emerito di statistica, si è tenuta l’ attesa tavola rotonda-webinar su: Quale futuro nel Pnrr per Napoli città sostenibile, coordinata dall’ex presidente dell’Ordine dei giornalisti Ermanno Corsi (Rai).



Con ciò, gli emeriti, oggi 83 persone (dopo i 15 del primo reclutamento del settembre 2018) pongono, a viva forza, il sistema universitario nel cuore stesso della sua principale finalizzazione. Il luogo dove il frutto delle loro conoscenze ed esperienze, acquisite, personalmente e come capiscuola, in decenni di lavoro didattico e scientifico in uno degli atenei più antichi e anche tra i più importanti del mondo. Al centro l’“economia della conoscenza” nella ricerca scientifica di base ed applicata, che non può che essere di eccellenza. È quest’ultima, infatti, che è indispensabile per affrontare le grandi sfide del XXI secolo in un contesto tutto coerente con la sostenibilità che pervade il Pnrr di Draghi. Una iniziativa, quella della tavola rotonda, che alimenta a pieno titolo la terza missione dell’Ateneo Federico II, accanto alla didattica ed alla ricerca; destinata a suscitare, a breve, sviluppi ed interesse sul piano politico, sociale, della comunicazione, dell’area metropolitana di Napoli in primis.



Il presidente prof. Carlo Lauro, dopo aver messo in evidenza il valore aggiunto dell’Apef, in apertura, salda il tema della tavola rotonda che riguarda Napoli e la sua area metropolitana con l’impostazione ed i contenuti della recente pubblicazione dello studio, a carattere globale People-Smart Sustainable Cities dell’United Nations Economic Commission for Europe (Unece) che raccomanda un approccio allo sviluppo sostenibile basato sulle città, che, in quanto fulcro della vita economica, sociale e culturale di tutto il mondo, possono affrontare contemporaneamente molteplici obiettivi di sostenibilità. Infatti, offrono risposte più rapide e pratiche alle relative sfide. E proprio sulla base del richiamo di questo documento che territorializza il nuovo tipo di sviluppo, nella prospettiva del Pnrr, che recepisce gli obiettivi dell’Agenda 2030, e l’imminente competizione amministrativa di Napoli, concordo con Lauro che l’Apef offre l’opportunità di dare il proprio autorevole contributo di idee e di metodo per un futuro di Napoli “città sostenibile”.



La complessità dei temi della sostenibilità urbana, anche secondo il decano dei giornalisti Rai campani Ermanno Corsi si innesta bene con le competenze degli emeriti che si sono cimentati in questa prima tornata della tavola rotonda, per individuare i cinque tasselli che in parte sono descrittivi di considerazioni compiute, per il resto esprimono linee di percorsi appena tracciati da realizzare, secondo l’auspicio di Lauro, nel periodo di vigenza del Pnrr. I tasselli sui quali l’Apef incomincia a discutere la configurazione della sua sostenibilità per Napoli sono i seguenti:

1) L’inclusione sociale ed i diritti di cittadinanza perduti
2) La transizione ecologica, la pratica dell’economia circolare
3) L’efficienza e l’efficacia delle politiche pubbliche
4) Napoli, capitale Europea del Mediterraneo
5) Gli artt. 3 e 46 del d.l. 77/2021

Ci si chiede quali sono le azioni necessarie per rendere Napoli una città sostenibile tout court e, in particolare in riferimento agli obiettivi dell’asse di “inclusione sociale” del Pnrr. Il prof. Eduardo Consiglio, emerito di fisiopatologia generale propone anche questioni di metodo ed osserva che è necessario partire chiarendo qual è lo stato attuale della città; quale sia la vivibilità di Napoli valutata confrontando gli indici della città con quelli nazionali e di altre acclarate conurbazioni urbane. È necessario anche soffermarsi sulla valutazione di quanta parte della comunità è fotografata come emarginata, sulla base di parametri fisici acquisiti e come si considera attualmente emarginata da un punto di vista soggettivo. La città di Napoli si poggia anche, come molte altre città italiane, non solo quindi del Sud, su una vita comunitaria socialmente fragile, anche se qui si trova un numero maggiore di comunità la cui fragilità è da imputare a molteplici fattori, anche storici di una vera e propria arretratezza, associati alle variabili della distribuzione dei redditi e della ricchezza tra cui spiccano una profonda povertà assoluta e relativa, tassi elevati di popolazioni non impiegata che non continua a frequentare la scuola (Neet) e incrementa le file di coloro che alimentano l’abbandono scolastico, una trascurabile presenza dell’uso dell’ascensore sociale.

È molto importante quindi seguire e migliorare le azioni del Comune, della scuola e delle associazioni del terzo settore che caratterizza quella che è individuabile nella politica sociale che viene attuata in difesa dei più emarginati. Infine Consiglio considera degni di rilievo alcuni suggerimenti rivolti a chi amministrerà il Comune: il miglioramento della vita dei cittadini che oggi non hanno diritti di cittadinanza ed il reinsediamento dei giovani e delle forze di lavoro oggi escluse rappresenta la base per rendere in maniera minimale Napoli in grado di confrontarsi con le grandi città europee.

La tavola rotonda non trascura il “pilastro” del Pnrr che è rappresentato dalla transizione ecologica, onde migliorare la resilienza dell’Italia nei confronti del cambiamento climatico, A tale scopo il prof. Luigi Fusco Girard, emerito di estimo, si sofferma su “Napoli e la transizione ecologica: in particolare su alcune buone pratiche europee”.

La transizione ecologica si fonda anche sulla nuova tipologia di sviluppo rappresentato dal modello “circolare”. L’“economia circolare” contribuisce alla decarbonizzazione in diversi settori, promuove il ricorso a fonti energetiche rinnovabili, alla mobilità sostenibile, alla agricoltura fondata sulla bioeconomia.

Quanto sopra interessa principalmente Napoli come città portuale, dove gli impatti climalteranti ed inquinanti sono particolarmente intensi, coinvolgendo tutte le strategie di rigenerazione urbana territoriale: dall’efficientamento energetico del patrimonio edilizio esistente al recupero/restauro del patrimonio culturale, alla moltiplicazione della biomassa nelle città (ripiantumazione, riforestazione etc.), alla mobilità/logistica, alla gestione dei rifiuti e la loro trasformazione in risorse.

D’altra parte molte città portuali europee hanno da tempo iniziato questa transizione ecologica e possono, a certe condizioni, rappresentare delle buone pratiche anche per la città di Napoli, soprattutto se si integra il modello circolare con iniziative di ordine culturale che “dal basso” possono sostenere la transizione ecologica, integrando il paradigma ecologico con il paradigma neo-umanistico; a tale proposito è sotto gli occhi di tutti che a Napoli c’è stata molta attenzione al riguardo.

Nel pool degli emeriti federiciani c’è il prof. Massimo Marrelli, ex rettore, che tratta le valutazioni dell’efficienza e dell’efficacia delle politiche pubbliche. Egli sottolinea che in Italia c’è una difficoltà che tali valutazioni siano implementate sia a livello centrale che a quello locale. Egli circostanzia che gli enti locali (ma non solo) nell’implementazione delle politiche fronteggiano problemi sotto il loro controllo ma anche altri che non sono direttamente controllabili, ed attribuisce la complessità dell’ordinamento giuridico italiano al Governo centrale.

È ben noto ormai che il contesto normativo italiano rispetto a quello internazionale risulta penalizzante sia in termini di “qualità” della normativa che in termini di numerosità delle norme in vigore. Ma è altresì ormai noto che l’efficienza e l’efficacia delle policies dipende anche da una serie di cause: la complessità delle procedure amministrative ed il livello di digitalizzazione; la qualità del capitale umano. Gli effetti dell’inefficienza si riflettono nei costi-tempo e nell’attrattività degli investimenti. Sono queste le cose che può fare il Comune di Napoli “in attesa di una seria politica centrale di efficientamento della regolamentazione”. Infine, il prof. Marrelli vede un’importante via di uscita per sbloccare l’attrazione di attività produttive nell’istituzione delle Zone economiche speciali (Zes) introdotto in Campania e non solo nelle aree strettamente portuali: i regimi di semplificazione ed agevolazioni fiscali delle aree marittime possono essere estesi anche alle aree interne.

Egli richiama la normativa vigente di interesse: il Decreto legge 20 giugno 2017 n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2017 n. 123 (G.U. Serie Generale n. 188 del 12 agosto 2017) e successive modificazioni, nell’ambito degli interventi urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, che ha previsto e disciplinato la possibilità di istituzione delle Zes all’interno delle quali le imprese già operative o di nuovo insediamento possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative.

Con il Dpcm 25 es (G.U. Serie Generale n. 47 del 26 febbraio 2018). Con il Decreto del direttore generale dell’Agenzia per la coesione territoriale n. 11/2021 è stata istituita la Segreteria di supporto ai Commissari delle Zes. La curiosità spinge il prof. Marrelli a domandarsi (visto che la trama normativa c’è): Come intende muoversi il Comune da subito sulla Zes?

Ma Napoli è anche una capitale europea del Mediterraneo e il tema lo cura il prof. Luigi Nicolais, che tra gli emeriti ha accumulato presenze nella macchina dello Stato e delle istituzioni: assessore all’Università in Campania, deputato e ministro della Funzione pubblica nel Governo Prodi, oltre ad essere stato presidente del Cnr e nel suo settore quotato dall’Institute for Scientific Information (Isi) di Filadelfia che raccoglie gli scienziati più citati del mondo, oggi, per la sua notevole esperienza, consigliere per le Politiche della ricerca del ministro Maria Cristina Messa.

Nicolais ha consegnato una sintesi di tre punti in cui descrive in breve un percorso che sarà utile non solo oggi per l’Apef ma anche per fissare il lavoro futuro:

1. Necessità di un ammodernamento della macchina amministrativa con la possibilità di utilizzare tutti gli strumenti forniti dalla Missione 1 del Pnrr (digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura).

“Nell’ambito dell’incarico come consigliere per le Politiche della ricerca del ministro Messa sto cercando di favorire un approccio trasversale e coordinato tra la sfera pubblica e privata, favorendo partnership sempre più strategiche con l’obiettivo di creare un vero ecosistema dell’innovazione che risponda sempre più agli alti standard europei. A questo proposito, con il ministro della Pa Renato Brunetta abbiamo avviato un processo di semplificazione dell’apparato burocratico creando, inoltre, un settore dedicato alla ricerca nella Pa. Con il Pnrr si sta lavorando in questa direzione ed è stata avviata un’intensa attività di collaborazione sinergica e attiva con tutti i ministeri in cui è emersa la necessità di una governance di coordinamento in tutti i settori ed in particolare in ambito di ricerca e innovazione. Di solare evidenza sono le difficoltà che stanno avvertendo i comuni nel processo di transizione al digitale, non avendo ancora le competenze necessarie per una comunicazione continua e coordinata dei dati. È questo il principale limite del Paese anche nel mondo informatico, dove ancora manca una governance nazionale capace di avviare un concreto processo di informatizzazione. Inoltre, la Pa deve rendersi conto che la proprietà univoca del dato è inutile e che il valore si crea solo quando si ha la capacità di mettere in comune le informazioni in un’ottica di sviluppo condiviso. Ancora una volta tale problematica non è soltanto tecnologica ma assume una connotazione culturale alla quale il nostro Paese è ancora ancorato. Per queste ragioni il Pnrr si deve considerare come una grande opportunità da cogliere soprattutto nel Mezzogiorno perché abbiamo bisogno di un sistema agile, veloce “user-friendly”, che fino ad oggi è mancato.

2. Napoli Città di grandi atenei, con una popolazione pari al 10% di studenti universitari. La forte dimensione giovanile determina l’esigenza di valorizzare questa presenza attraverso un piano strategico con azioni mirate che consentano di realizzare una “Città campus” attrattiva e con una vocazione nazionale ma soprattutto internazionale.

Il “Centro campus” rappresenterebbe un centro di eccellenza di innovazione culturale, un ecosistema di luoghi della ricerca e della conoscenza, nato per coniugare tradizione-futuro-innovazione come punto di incontro tra la ricerca e territorio. Una comunità creativa, rete sociale per la cultura dell’innovazione, pensata come strumento di condivisione fondamentale con la comunità locale che permette di relazionarsi con i giovani talenti che accoglie sui temi che vanno della sostenibilità all’innovazione, dalla ricerca al community engagement. La “Città campus” è un modello di innovazione sociale culturale reticolare tale da rappresentare un asset strategico per lo sviluppo territoriale.

3. Evitare la fuga dei cervelli e del grande patrimonio umano della città. Solo un forte piano di attrazione di investimenti può realizzare tutto ciò. Napoli deve diventare non solo più inclusiva, soprattutto deve attivare una rete di protezione per attrarre nuove iniziative imprenditoriali, a tutti i livelli, per poi saperle valorizzare per farne l’asse portante della città.

In un mondo in cui tutto sta accelerando, se vogliamo mantenere il controllo del nostro futuro e costruirlo piuttosto che subirlo, rafforzare il nostro modello sociale è un imperativo categorico. I giovani vivono di libertà, apertura, tentativi e fallimenti, di movimento, sperimentazione e pericoli. L’imprevisto viene coltivato e accolto. Ed è questo stato d’animo che bisogna trasferire ai giovani anche della bella città di Napoli, ed è questa dinamica che li trasformerà nei game changer del domani. Ma servono maggiori investimenti e strumenti finanziari specifici per le giovani start up e collaborazioni sempre più efficaci tra pubblico e privato, un ecosistema culturale di innovazione sociale capace di fronteggiare il fenomeno dello human capital flight.

Molto importante, infine, il contributo alla tavola rotonda dei Pef da parte del costituzionalista Massimo Villone sulla “Partecipazione democratica dei cittadini e degli stakeholders nel Pnrr a cui sono riservati non nel corpo dei provvedimenti, ma più tardi nei contenuti degli artt. 3 e 46 del d.l. 77/2021”.

Egli rileva che “La stesura del Pnrr è stata segnata da una grave carenza di visibilità, di controllo dell’opinione pubblica, di partecipazione. L’approvazione da parte delle Camere in tempi tali da non consentire una adeguata lettura è stato solo l’ultimo atto. Progressivamente emergono ora dubbi sostanziali, anche su punti di rilievo non marginale come il rapporto Nord-Sud. Il piano lascia peraltro un margine nella fase di attuazione utilizzabile per integrare, ed eventualmente correggere, per quanto possibile, orientamenti e scelte. A tal fine sarà utile far emergere la voce dei territori e delle amministrazioni, attraverso il Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale e il dibattito pubblico di cui rispettivamente agli artt. 3 e 46 del decreto-legge 77/2021”.

Dopo avere ascoltato una serie interventi giudicati interessanti e innovativi per trasformare Napoli in “città sostenibile” utilizzando il Pnrr, come afferma il presidente Lauro, “diventa altresì indispensabile affrontare in una prossima tavola rotonda ancora anche questioni di metodo”.

Lauro sottolinea che “la città sarà chiamata a mettere in atto interventi di policy smart, che si traducono in un processo continuo ed esplorativo volto a trovare soluzioni nuove e innovative e a sviluppare una cultura di governance aperta e agile che faciliti apprendimento, adattamento, creatività, innovazione e co-creazione” basato su modelli innovativi di governance, business e qualità della vita. Bisogna assicurarsi che questa sia una linea duratura per la città e l’area metropolitana di Napoli.

Tra le questioni di metodo diventa centrale un approccio in termini di sussidiarietà orizzontale, che veda impegnate imprese, associazioni e cittadini a supporto della governance della città. Si tratta di un cambiamento di paradigma incentrato sulla partecipazione che passi dal classico governo sulla testa dei cittadini a quello del governare con i cittadini e gli altri stakeholders. Particolare impegno dovrà riguardare non solo la qualità della vita dei cittadini ma anche delle imprese per rendere il nostro territorio maggiormente attrattivo per gli investitori”.

Nel puntare alla sostenibilità ambientale, economica e sociale andrà fatto un uso diffuso della valutazione di impatto di investimenti e regolamentazioni sia ex ante che ex post che tenga conto degli obiettivi e degli indicatori SDGs recepiti dal Pnrr.

In questa prospettiva diventa cruciale un approccio ad una governance data driven all’insegna di quanto affermava il presidente Luigi Einaudi: “Conoscere per governare”.

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