Il Fatto Quotidiano due giorni fa ha riportato la notizia della protesta da parte della portavoce del ministero degli Esteri della Federazione Russa, Maria Zakharova, per il fatto che il Kazakistan avrebbe mandato aiuti alla popolazione dell’Ucraina. Il presidente della repubblica kazaka Tokayev ha risposto seccamente che si è trattato di un’iniziativa privata sulla quale non intendeva dare spiegazioni.



Ho creduto fosse importante approfondire l’argomento. Innanzitutto ho scoperto che l’iniziativa è stata quella di mandare in Ucraina un certo quantitativo di yurte (le tipiche grosse tende dei mongoli e dei kazaki) attrezzate per ospitare almeno 50 persone e fornite di molti generi di conforto. Racconta l’attivista del gruppo “El bolashaghy” (Popolo del futuro) Tokzhan Kozhalieva che avendo chiesto agli amici ucraini di che cosa avevano bisogno, si è sentita rispondere che vista la distruzione di molti edifici e l’inclemenza dell’inverno, erano proprio necessarie tende riscaldate. Che cosa c’è dunque di meglio di una yurta, un tipo di abitazione che è stata usata nei secoli dai nomadi della steppa per sopravvivere al loro rigidissimo inverno?



L’iniziativa è stata di privati imprenditori come il direttore del gruppo per l’amicizia col Kazakistan, Sergej Nagoryak, il finanziere Daulet Nurzhanov, il console del Kazakhstan per l’Ucraina Occidentale Galina Masliuk e molti altri. L’iniziativa è stata di privati, ma certo non è stata bloccata, se non addirittura favorita dal governo centrale.

D’altra parte come si può impedire di mandare soccorsi a gente che soffre? Questo, come ha ricordato sempre la Kozhalieva, sarebbe contro la tradizione popolare kazaka, secondo la quale per un popolo amico che ha bisogno di aiuto bisogna fare tutto il possibile. Né gli ucraini, né i russi sono nostri nemici, ha detto, anche se in questo momento la libertà dei primi è minacciata dai secondi. E così, ricordando che la parola kazak (kazako) significa libero e ha origini comuni con quella di “kozak” (cosacco), è sembrato ovvio intervenire in questo modo.



Sinceramente, aggiungo io, non so quanto sarà normale per degli ucraini andare nelle tende dei nomadi, ma in momenti di bisogno non si può fare troppo i difficili.

Questa bella storia, però, ha anche un inevitabile risvolto politico. È la riprova che poco a poco il Kazakhstan si sta spostando dall’orbita russa a quella cinese. Non a caso già in settembre avevo sottolineato l’importanza dell’incontro tra Tokayev e Xi Jinping avvenuto il giorno 14 in concomitanza con la visita ad Astana di papa Francesco.

In quell’occasione il presidente cinese aveva detto che il suo Paese avrebbe assicurato sempre e in ogni modo l’indipendenza territoriale del Kazakistan. Il riferimento era evidentemente a certe zone confinanti con la Russia e abitate prevalentemente da popolazioni di etnia russa, tentate di imitare quelli della Crimea e di altri territori dell’Ucraina dell’Est. D’ora in poi non sarà più la Russia a “proteggere” il Kazakistan dalla Cina, ma la Cina a difendere il Kazakistan dalla Russia.

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