Caro direttore,
le elezioni finiranno con un pareggio: l’Emilia-Romagna a Stefano Bonaccini e la Calabria al centrodestra. Politicamente, pari e patta! Ma non per tutti.

Per il “Capitano”, come lo chiamano i lumbard, le prossime elezioni regionali rischiano di segnare un confine oltre il quale forse niente potrà essere più come prima.



Gli azzardi si moltiplicano (dalla fantasmagorica uscita dal Governo per inseguire il miraggio di improbabili elezioni anticipate al tentativo di imporre per via referendaria una legge elettorale utile alla Lega, clamorosamente stoppato dalla Corte costituzionale), ma i risultati sembrano farsi sempre più remoti. E i malumori, già assai evidenti, non tarderanno a chiedere il conto.



Anche la scelta di drammatizzare strumentalmente il caso Gregoretti fino alla richiesta – tutta leghista – del processo, rischia di rivelarsi un nuovo boomerang. Un imperdonabile “salvavita” per il Governo con il definitivo slittamento delle elezioni alla naturale scadenza della legislatura (2023). La questione è presto detta: se l’ex ministro Salvini dovesse riportare anche solo una condanna in primo grado, per effetto della legge Severino, sarebbe estromesso dal Parlamento, oltre a risultare incandidabile per le prossime elezioni politiche. Una ghiotta occasione a cui nessuno, a sinistra, vorrà rinunciare, concedendo alla magistratura tutti i prossimi tre anni di legislatura.



Ma è sul versante strettamente politico che le regionali, soprattutto in Emilia, potrebbero segnare un punto assai critico per la leadership salviniana. Innanzitutto, la nascita di una nuova vera leadership nel centrodestra. In Emilia, alla sconfitta di Salvini potrebbe accompagnarsi il trionfo di Fratelli d’Italia e la consacrazione di Giorgia Meloni a “Lady di ferro” di un nuovo centrodestra, meno rampante, meno eccentrico, ma non meno determinato. Sconfitta nella sconfitta, in cui il gioco di sponda degli azzurri (il Cav non ha mai davvero amato la leadership salviniana) potrebbe portare a un cambio di spartito con la sostituzione del direttore d’orchestra.

A ciò deve sommarsi l’avvento delle Sardine (novembre 2019), la cui nascita molti – anche all’interno della Lega – addebitano agli eccessi stravaganti, smodati e spesso inutili dell’istrionico Salvini. Alle “papeetate” di un inedito ministro dell’Interno.

E la mente corre al passato, agli anni 2008-2011, piena era berlusconiana, quando l’allora Popolo della Libertà riportava il record dei consensi (37,38%), a Palazzo Chigi, per la quarta volta, sedeva un eccentrico Cavaliere e nelle piazze d’Italia, dopo i tanti “Vaffa day” proprio a denuncia di certi eccessi, nasceva il Movimento 5 Stelle (4 ottobre 2009). Poi il processo, la sentenza e la decadenza da Senatore (novembre 2013). Tutto esattamente dieci anni fa.

Bizzarrie di un Paese fermo ai blocchi di partenza.