Le traiettorie di politica estera del governo sembrano avere ampliato gli orizzonti. Nella recente visita a Tokyo, per il passaggio di consegne della presidenza del gruppo dei Sette Grandi, la premier Meloni ha siglato anche un’inedita collaborazione tra i due Paesi, traducibile in impegni industriali ma anche di difesa. Il capo del Governo ha già annunciato il prossimo invio nel quadrante nipponico di una squadra navale e di uno stormo di F35, per missioni d’addestramento congiunte con la Marina giapponese, che dovrebbero vedere quale nave ammiraglia la nostra portaerei Cavour (il Giappone non può disporre di unità simili, in ottemperanza agli accordi di pace firmati alla fine della seconda guerra mondiale). Un vero gruppo di battaglia che opererà (presumibilmente la prossima estate) nelle acque agitate dell’Indo-Pacifico, dove già si confrontano le pretese di leadership americane e cinesi.



È un’altra conferma che il nuovo profilo della Marina militare italiana oggi vanta una potenza inedita fino a pochi anni fa: tra unità di squadra e unità dipartimentali conta 53 scafi armati (ultimo censimento), con due portaerei, 8 sottomarini, 4 cacciatorpediniere lanciamissili, 11 fregate, 11 pattugliatori d’altura, 4 costieri, 10 cacciamine, 3 navi d’assalto anfibie. All’appello bisogna aggiungere la portaelicotteri multiruolo Trieste, consegnata nel 2023, che è anche la nave più grande della flotta: è lunga come due campi e mezzo di calcio, disloca circa 40mila tonnellate, e può ospitare circa 14-20 aeromobili in diverse configurazioni, e non solo elicotteri, ma anche 4-6 F-35B. Vanno aggiunte poi tutte le navi di rifornimento e supporto, come ad esempio nave Vulcano, attrezzata ad ospedale, che è appena rientrata dalla sua missione umanitaria nel Vicino oriente. Di fatto, la Marina italiana è la quinta del mondo, dopo quelle di Stati Uniti, Cina, Regno Unito e Francia.



La Marina italiana, insomma, sta diventando un riferimento, e si vede. Attualmente schiera nove unità al di fuori del Mediterraneo (mappa su ItaMilRadar): la fregata Luigi Rizzo (F595) muove nel Mar Baltico e fino a pochi giorni fa stazionava nel porto di Świnoujście, in Polonia; la portaerei Garibaldi (C 551) (senza la componente ad ala fissa) e la LHD San Giorgio (L9892) si trovano nell’Atlantico al largo delle coste spagnole, e partecipano all’esercitazione Marfibex24-1; le motovedette Staffetta (P408), Vedetta (P407) e Sentinella (P407) sono nel Mar Rosso (missione della Forza multinazionale e degli osservatori del Sinai); il cacciatorpediniere Caio Duilio (D554) dovrebbe aver già raggiunto il Mar Rosso, per comandare la missione europea Aspides; la fregata Federico Martinengo (F 596) si trova ancora nell’Oceano Indiano/Golfo di Aden nell’ambito della missione EUNAVFOR Atalanta, ma sempre pronta ad affiancare il Duilio in caso di necessità.



Varato nel 2007, il Duilio è un’unità multiruolo con spiccate caratteristiche antiaeree: la nave ha prestazioni nettamente superiori in questo senso rispetto ai precedenti caccia in servizio, essendo in grado di monitorare oltre 500mila kmq di spazio con i suoi sensori di bordo e avere armi in grado di intervenire in oltre 30mila kmq. È dunque la piattaforma navale più idonea per affrontare le minacce dalla coste yemenite, dove i guerriglieri Houthi continuano a lanciare missili e droni contro i navigli in transito da e per Suez. Razzi e piccole aeromobili armate guidate da remoto che dovrebbero essere scoperte e tracciate per tempo grazie ai sensori sofisticati installati sul Gulfstream E.550 CAEW (un modernissimo, agevole succedaneo dei grandi Awac, gli Airborne Early Warning and Control, picchetti radar basati sui Boeing 767), in dotazione alla nostra Aeronautica, che dovrebbe essere stanziato nella base italiana di Gibuti.

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