Chi scrive ritiene migliore per l’Italia la strategia di ratificare il Mes senza alcun commento, ma poi porre la questione in sede di Eurozona sul fatto che le manca un’architettura completa per la funzione di “prestatore di ultima istanza”, tema correlato alla strutturazione insufficiente nell’Ue di un meccanismo predisposto per le emergenze. In sintesi, l’Italia deve porre questioni di funzionamento generale del sistema europeo e non di rivendicazione nazionale. Tale impostazione serve a trovare alleati e quindi ad aumentare la probabilità che il sistema europeo stesso diventi un’organizzazione seria e non destrutturata e distorsiva come è adesso. Il bersaglio? L’idea originaria tedesca che l’euro possa diventare una moneta credibile solo applicando il rigore nei singoli Stati.
Perché l’euro è strutturalmente una moneta debole che a ogni turbolenza globale perde flussi di capitale a favore del dollaro? Semplificando, perché in una moneta adottata da molteplici nazioni senza una politica fiscale comune i debiti nazionali vengono classificati come se fossero denominati in moneta straniera, con un segno meno di base solo per questo motivo. Da tale fatto derivano gli spread (tra valori delle emissioni debitorie nazionali a 10 anni) differenziati entro l’area di una moneta unica, fatto paradossale e destabilizzante. Per evitare tale differenziazione il modello attuale dell’euro impone agli Stati di limitare il debito entro la medesima soglia. L’Italia che irriflessivamente ha aderito all’euro prima di riportare il suo debito entro tale soglia (poteva aspettare 10-15 anni in moneta nazionale, ma probabilmente la Germania non avrebbe approvato la nascita dell’euro per timore di una prolungata concorrenza valutaria da parte della seconda potenza industriale europea) soffre più di altri il “mal di spread” e la riduzione del suo spazio fiscale nazionale per l’alto costo annuale del servizio (rifinanziamento) al suo enorme debito. Ma il problema ce lo hanno tutti gli Stati partecipanti all’Eurozona, meno la Germania che fa da valore di riferimento.
La Bce è consapevole del problema, a parte la dichiarazione dilettantesca di Lagarde “non siamo qui per pareggiare gli spread” agli inizi del suo mandato, poi rimangiata: ha varato il programma Tpi che prevede l’acquisto illimitato di debiti nazionali in Stati in fase di crisi. È questa una funzione di prestatore di ultima istanza credibile? In teoria lo è. Per inciso non si capisce tanta enfasi sul Mes con funzione “salva-stati” – con potenza di fuoco attorno ai 500 miliardi del tutto insufficienti in casi di crisi grave (a leva su una base di 80 versati dagli Stati) – nel momento in cui c’è un Tpi formalizzato. Ma in pratica, il mercato finanziario non riconosce tale programma Bce come un credibile e completo prestatore di ultima istanza: infatti gli spread persistono.
A quali condizioni il mercato tratterebbe il debito in euro con un solo valore invece che con valori differenziati? Certamente se l’Ue diventasse una federazione con Tesoro e politica fiscale unici. Ma nessuna nazione europea vuole e vorrà nel futuro cedere sovranità a tal punto. Pertanto il mercato valuta i rischi di insolvenza delle singole nazioni, anche perché è conveniente: in realtà il rischio di insolvenza di uno Stato è zero, perché la Bce interverrebbe per evitarla allo scopo di impedire l’implosione dell’euro, ma il mercato può chiedere un premio di rischio elevato in base al volume del debito e politiche ordinative di una nazione, così guadagnando enormità senza rischio stesso: questa è una distorsione derivata dalla costruzione di un’area monetaria sub-ottimale.
Il fatto che l’Italia la paghi di più non deve sostenere un linguaggio, appunto, di rivendicazione nazionale, ma di segnalazione di una gap architetturale, anche per la Germania stessa qualora volesse aumentare il debito nazionale (come sta facendo).
Soluzioni? Non il Mes e non – pur idea intelligente, ma troppo macchinosa – la trasformazione del Mes in “agenzia europea del debito” come recentemente proposto dal prof. Giavazzi. Non c’è molta ricerca sulla funzione di ultima istanza in un’area monetaria sub-ottimale e il farla sarebbe una prima volta, escludendo il metodo tedesco del rigore forzoso. Ma è intuibile che il rafforzamento di tale funzione debba toccare lo statuto della Bce e il bilancio dell’Ue.
Germania e altri insisteranno nel dire che l’impianto originario dell’euro, se rispettate le soglie di debito nazionali, è sufficiente per rendere ottimale l’area monetaria. Quindi, toccherà a un’ampia coalizione di Stati ridicolizzare una tale fesseria tecnica. E ripararla.
www.carlopelanda.com
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