Il 23 ottobre 2020, nel pieno della trattativa con l’Ue, Londra ha firmato un accordo commerciale bilaterale post-Brexit con Tokyo. L’accordo Giappone-Regno Unito è stato firmato in una breve cerimonia alla presenza del ministro del Commercio internazionale britannico Liz Truss e del ministro degli Esteri giapponese Toshimitsu Motegi.



L’arrivo dei giapponesi nel Regno Unito nel 1980 coincise con la loro ricerca di nuove fonti di crescita nei settori automobilistico ed elettronico e con il sostegno politico della Thatcher agli investitori. L’industria automobilistica britannica è superata, i suoi marchi storici MG, Austin, Morris, Rover, Triumph non hanno più successo. I giapponesi non si accontentano di joint venture e optano per partecipazioni al 100% con la creazione di siti greenfield, nuovi siti produttivi dove dominano tecnica e organizzazione giapponese.



Tra il 1988 e il 1995, la quota di mercato delle case automobilistiche giapponesi nel mercato automobilistico della Comunità europea aumenterà dall’11,8% al 18%. Le isole britanniche stanno diventando il cavallo di Troia dell’industria giapponese. Più di mille aziende giapponesi, tra cui il conglomerato industriale Hitachi e le tre grandi case automobilistiche giapponesi Toyota, Nissan e Honda, hanno sede nel Regno Unito, dove danno lavoro a 140mila persone. Spesso usano il Regno Unito come base per rifornire i loro clienti europei o per supervisionare le loro attività nell’Ue. Nel 1991 l’industria IT ha seguito lo stesso iter con l’ingresso di Fujitsu.



Dopo la crisi finanziaria del 2008 che ha colpito particolarmente il settore finanziario britannico, il Giappone, al passo con la concorrenza cinese, manterrà la sua presenza nel Regno Unito così come il Regno Unito conterà sul Giappone per rafforzare i propri interessi economici in Asia. Questo storico accordo non si ferma alle sole questioni economiche. Nell’estate del 2017, Theresa May è stata invitata dal suo omologo Shinzo Abe al Consiglio di sicurezza nazionale, un raro privilegio per un capo di Stato straniero, per rafforzare la cooperazione reciproca nel campo della difesa e mettere in atto un piano per contrastare la minaccia nordcoreana. In cambio, il Giappone sta già annunciando agli inglesi una possibile adesione della Gran Bretagna alla Trans-Pacific Partnership (Tpp) di cui il Giappone è membro.

Il 17 luglio 2018, più di due anni prima dell’accordo tra Giappone e Regno Unito, il Giappone e l’Ue hanno firmato uno storico accordo di libero scambio economico (Jefta). Jean-Claude Junker, presidente della Commissione europea tra il 2014 e il 2019, ha sottolineato: “Questo è l’accordo commerciale bilaterale più importante mai concluso dall’Unione Europea”. Per l’allora primo ministro Shinzo Abe l’accordo dà luogo alla più grande zona industriale ed economica libera del mondo. Se infatti leggiamo i dati del commercio mondiale, la Jefta riunisce la seconda potenza commerciale mondiale (l’Ue con 2.060 miliardi di euro) e la quarta (il Giappone con 626 miliardi di euro).

La Jefta ha portato alla graduale eliminazione del 99% delle aliquote doganali sulle importazioni Ue dal Giappone e fino al 97% sulle merci dall’UE al Giappone. Una manna per il settore agroalimentare da parte europea e per il settore automobilistico da parte giapponese. L’obiettivo principale di questo accordo è avvicinare le due potenze mondiali alla Cina e agli Stati Uniti trovando una nuova cooperazione nella lotta contro il riscaldamento globale, l’energia e la sicurezza informatica.

Nel luglio 2017, poco più di un anno dopo che il Regno Unito ha lasciato l’Ue, Boris Johnson, allora ministro degli Esteri britannico, ha visitato il Giappone e ha rilasciato molte dichiarazioni incoraggianti per rassicurare gli investitori giapponesi. “Stiamo lasciando l’Ue, ma non stiamo lasciando l’Europa, il che ci consentirà di continuare a costruire le nostre relazioni commerciali ed economiche con il Giappone”.

Infatti il Giappone è l’undicesimo partner commerciale dei britannici con un volume di scambi (esportazioni + importazioni) di 35,2 miliardi di euro, molto indietro rispetto all’Ue, il principale partner britannico, con un volume di esportazioni di 328 miliardi di euro (43% del volume complessivo delle esportazioni del Regno Unito) e un volume delle importazioni di 417 miliardi di euro (52% del volume complessivo delle importazioni del Regno Unito). Nel 2019, il Giappone è stato il settimo partner commerciale dell’Ue con un volume commerciale complessivo di 124 miliardi di euro. La realtà dei numeri, l’importanza degli accordi esistenti congiunta all’incertezza dell’accordo Ue-Regno Unito sta portando il Giappone a essere cauto.

Fino a questo momento il Giappone ha mantenuto la sua alleanza soprattutto in un contesto di guerra economica sempre più tesa con il vicino cinese.

Mentre gli inglesi sono rassicurati da questo accordo “strategico” con il Giappone, Londra e Bruxelles non riescono ancora a trovare uno sbocco per la loro futura cooperazione. Fondamentalmente, rimangono 3 importanti punti di blocco: le condizioni per una concorrenza leale, la governance delle relazioni future e la pesca. Sul modulo, i negoziati riprendono dopo una drammatizzazione del rapporto con l’uscita dal tavolo delle trattative degli inglesi.

Non a caso il ministro degli Esteri giapponese Toshimitsu Motegi ha subito ricordato che il suo Paese è rimasto sbalordito dallo stato dei negoziati tra Regno Unito e Unione Europea. Infatti un cattivo affare tra Bruxelles e Londra aumenterebbe le tasse sui prodotti dei gruppi giapponesi che producono nel Regno Unito per l’Europa e rovinerebbe la loro intera strategia di localizzazione.