La sfida tra Iran, Usa ed Israele sembra arrivare ad un punto di non ritorno attraverso lo scontro ormai diretto tra Iran ed Israele. Questa situazione di crescente conflittualità si è andata formando già nel secolo scorso con l’ascesa dell’ayatollah Khomeini come guida spirituale del Paese dopo la cacciata dello Scià, strettamente legato a Gran Bretagna e Usa, avvenuta nel 1979. Nello stesso anno, con lo scontro sugli ostaggi americani a Teheran, si formò la grande opposizione tra Iran e Stati Uniti. Va ricordato che i conflitti in Medio Oriente sono spinti sia da problemi economici, come l’uso del petrolio, ma anche da scontri religiosi tra sciiti (in Iran, Iraq, Siria, Libano e Yemen) e sunniti, che rappresentano l’85% dei musulmani.



Per capire lo scontro è sufficiente guardare la mappa della regione. L’Iran occupa un territorio molto ampio, che fa da cerniera tra la parte asiatica della regione e quella più europea, verso la Turchia, con cui è confinante; la posizione sullo stretto di Hormuz nel golfo Persico è strategicamente importante, separa l’Iran dalle monarchie sunnite del Golfo, dove si trovano le basi militari statunitensi, ma anche le più grandi riserve di gas e petrolio al mondo; la posizione dell’Iran lo rende estremamente importante per i commerci di gas e petrolio.



Lo scontro tra Usa ed Iran comincia nel secolo scorso, come ricordato, ma diventa sempre più conflittuale negli anni Novanta del Novecento per l’avvio dell’attività nucleare dell’Iran, che cercava un’alternativa al petrolio come fonte di energia.

Il nuovo secolo crea le condizioni di uno scontro sempre più violento tra Iran, Usa ed Israele e poco alla volta ci porta allo stato attuale, dove la storia ci presenta il conto. La storia ha periodi anche lunghi in cui sembra non succeda niente di particolare, ma poi assume una maggiore velocità di cambiamento quando gli scontri o il declino dei Paesi portano a forme di collasso, come succede per tutte le civiltà da duemila anni a questa parte, che si sviluppano nel tempo per poi esplodere in tragiche situazioni. L’Iran nel nuovo secolo diventa un problema da risolvere, ma la soluzione non è facile, anche perché non ci sono cause evidenti che potrebbero giustificare un’invasione, come succederà per l’Iraq, occupato sulla base di prove false.



La caduta delle Torri Gemelle ha generato un’esplosiva reazione degli Usa verso il Medio Oriente, in particolare verso l’Afganistan e l’Iraq, che vengono occupati militarmente nel 2003; entrambi sono confinanti a nord e a sud con l’Iran, circostanza che avrebbe reso, forse, facile un’invasione del Paese, che potrebbe essere stata considerata. Ma la crisi di Lehman Brothers nel 2008 fa saltare il banco e lo scontro tra Iran ed Israele diventa sempre più evidente anche per la posizione scomoda dei palestinesi, appoggiati dall’Iran contro Israele.

Il timore del nucleare iraniano cresce e nel 2010 la sinergia tra Usa ed Israele favorisce un attacco informatico ai siti iraniani di arricchimento dell’uranio, messo a segno con un virus, lo Stuxnet, per sabotare le centrifughe. L’Iran appare sempre più come un problema da risolvere per il rischio che realizzi armi nucleari, ma Usa e Israele sembrano difettare di una strategia vincente.

Nel 2010 la finanza aggredisce l’Europa cominciando dai Paesi esterni come Grecia, Portogallo, Irlanda e poi Spagna; nel 2011 si prepara l’attacco all’Italia dopo avere deposto Gheddafi in Libia, che sprofonda nel caos. Per inciso, Gheddafi aveva dichiarato, come Saddam Hussein, di volere il suo petrolio pagato in euro e non in dollari, una mossa, come si è visto, risultata mortale.

L’attacco all’Italia porta a un cambiamento di governo, con uno spread che prima sale e poi, nel gennaio 2012, scende nello stesso giorno in cui l’Europa dichiara l’embargo del petrolio iraniano: una curiosa coincidenza. Il 28 settembre dello stesso anno Netanyahu mostra all’Onu l’immagine di una bomba per fare capire il rischio che si corre con l’Iran, che va fermato rapidamente nel giro di un mese. L’intervento è ad un mese dalle elezioni Usa a cui forse la campagna d’Europa serviva ad aprire la strada.

Poco più tardi, nel novembre di quell’anno, si svolgono le elezioni negli Stati Uniti e si confrontano Barack Obama e Mitt Romney, che supportato dalla finanza dichiara di avere nel suo programma l’attacco all’Iran in supporto ad Israele.

Ma gli eventi storici talora cambiano le carte in tavola. Infatti Obama, che sembrava perdente, riesce a recuperare consenso per avere affrontato l’uragano che ha colpito nuovamente New Orleans con molta più efficacia di Bush nella stessa situazione; le elezioni presidenziali sovvertono i pronostici e Obama vince. Il nucleare iraniano scompare dalle attenzioni e addirittura nel mese di febbraio del 2013 durante le elezioni in Israele non ve n’è traccia.

Nell’agosto 2013 si verificano quelle che in un articolo su Panorama avevo definito come “coincidenze inopportune”. All’inizio di agosto il presidente della Fed Ben Bernake dichiara che avrebbe interrotto il QE (Quantitative easing); nello stesso mese vengono indicati i possibili sostituti, Lawrence Summers e Janet Yellen che poi ricoprirà il ruolo, e alla fine di agosto Bernanke dichiara che ritornerà al QE esattamente come prima. Cos’era accaduto per far cambiare idea al banchiere centrale americano? A metà del mese gli Usa, la Francia e il Regno Unito dichiarano guerra ad Assad in Siria per avere fatto scoppiare un ordigno batterico; tutto sembra crollare, ma Putin dimostra di avere le prove che a provocare l’esplosione sono state le parti avverse e la minaccia della guerra scompare. Si può ipotizzare che, vista la posizione della Siria rispetto all’Iran, il Paese di Assad poteva essere un comodo corridoio per attaccarlo.

L’Iran diventa un problema accentuato dal supporto degli iraniani sia ai palestinesi di Gaza, sia agli Hezbollah del Libano, ma anche Putin diventa un problema. Così Obama in ottobre nomina Victoria Nuland, neocon come il marito Robert Kagan, alla presidenza della commissione dei rapporti tra Ovest ed Est, in particolare con la Russia di Putin. La Nuland agisce immediatamente, marginalizzando politicamente l’Unione Europea e preparando l’operazione Maidan a Kiev. Prima fa saltare il presidente Yanukovic, regolarmente eletto in Ucraina, per mettere un suo protetto; poi l’attacco alla Russia viene preparato con una politica di ferro nella parte russofona dell’Ucraina, che prepara lo scontro così alimentato: una guerra per procura con l’obiettivo di indebolire Putin e la sua presenza ingombrante in Siria, fermando al tempo stesso la crescente integrazione economica della Russia con la Germania.

I fatti poi sono noti, con l’attacco criminale del 7 ottobre ad Israele e la risposta israeliana di pari anzi superiore violenza genocidiaria; è l’inizio di una guerra che coinvolge gli alleati dell’Iran.

Ora siamo ad aspettare gli eventi, in un contesto geopolitico completamente cambiato: gli Usa stanno affrontando la più buia situazione dalla Seconda guerra mondiale e si trovano alla fine di una “storia” che non hanno saputo governare: oggi sono estremamente deboli, al punto che il loro alleato si muove in pressoché completa indipendenza.

Tutti ci auguriamo uno stop alle ostilità, che però non può cancellare l’odio violento che c’è tra le due parti, un odio che ha le sue radici nella religione che guida i due popoli. Siamo di fronte ad un Armageddon finale, dato che il monte Megiddo, da cui deriva il termine, sta in Israele? La risposta la darà la Storia, ma gli errori dalle due parti sono evidenti e sembra che non se ne voglia tenere conto.

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