SONDAGGI – “Una fiduciosa attesa: tutti pensano che alla fine la pandemia verrà messa sotto controllo e il virus morderà meno di quanto ha morso finora. E c’è una gran voglia di ripartire”: riassume così lo stato d’animo con cui gli italiani si affacciano al 2022 Carlo Buttaroni, sondaggista, fondatore e presidente di Tecnè.
“Ancora oggi 7-8 italiani su dieci hanno paura del Covid”, ma “è una paura diversa”. In cima alle preoccupazioni c’è sempre il tema del lavoro: “Gli italiani oggi si aspettano un’occupazione più stabile, meglio retribuita e, soprattutto per i giovani, che offra la possibilità di costruire un progetto di vita”. Quanto alla politica, a fronte di un Mario Draghi saldamente in sella sul cavallo del consenso popolare (gode ancora di una fiducia pari al 65%), a gennaio, in piena corsa per il Quirinale, la partita più delicata la giocheranno Berlusconi e Forza Italia.
Partiamo proprio da qui, dalla politica.
E vorrei subito fare una premessa generale, ma importante, che i partiti devono già oggi tenere presente in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, siano essi in programma nel 2022 o alla fine naturale della legislatura nel 2023. Come hanno dimostrato le ultime amministrative, è in atto una pericolosa polarizzazione del voto: i poveri non vanno a votare come prima, mentre vanno a votare molto di pi quelli che si sentono protetti dal sistema. È in gioco la rappresentatività: una democrazia funziona bene, indipendentemente dalla percentuale di votanti, solo se questi sono ben distribuiti per classi sociali e di reddito.
Intanto l’agenda politica, nel breve, prevede la nomina del successore di Sergio Mattarella. Quanto è sentita dagli italiani la corsa al Colle?
L’effetto Draghi sul Quirinale si fa sentire, eccome.
In che senso?
La presenza di Draghi ha anestetizzato le conflittualità, le tensioni, l’elettricità che aleggiavano nell’aria, tanto che negli ultimi mesi i toni si sono molto abbassati da parte di tutti, anche di chi sta all’opposizione. Draghi viene visto come la persona giusta per risolvere anche questo problema del dopo-Mattarella.
Gli riconoscono un ruolo taumaturgico?
Sì, in parte è così, è un riconoscimento che va oltre il suo perimetro di presidente del Consiglio. Gli italiani lo reputano capace di mettere tutti d’accordo anche sulla scelta del nuovo capo dello Stato.
A proposito di Draghi: dopo quasi un anno di governo il gradimento resta sempre elevato?
La fiducia in Draghi è molto alta, ancora oggi è vicina al 65%, dieci punti percentuali in più della fiducia che raccoglie il suo governo. Non abbiamo mai avuto un presidente del Consiglio così gradito per un periodo così lungo.
Gli italiani lo preferiscono a Palazzo Chigi o al Quirinale?
In larga misura lo preferiscono sicuramente a Palazzo Chigi.
Come si presenta la griglia dei consensi ai partiti in questa fine d’anno?
Il Pd è il primo partito al 21%, segue Fratelli d’Italia al 20,4%, la Lega intorno al 18-19%, M5s al 15% e Forza Italia vicina al 9%.
Chi giocherà nel 2022 la partita più delicata?
Fra i partiti sono la Lega, Fratelli d’Italia e il Pd ad avere il potenziale di mobilità più alto. La vera incognita, invece, guardando a gennaio, riguarda Forza Italia.
Perché?
Indipendentemente dal fatto che riesca o meno a salire al Quirinale, per Berlusconi sarà importante gestire dal punto di vista politico la sua corsa. Può ottenere una grande vittoria anche se non verrà eletto: non c’è dubbio che per l’ennesima volta Berlusconi ha dimostrato la capacità di occupare il centro della scena politica.
Quante chance ha?
Berlusconi viene quotato subito dopo Draghi. Tutti gli altri possibili candidati, dalla Cartabia a Casini, dalla Casellati ad Amato, sono ampiamente sotto il 10% di gradimento.
La Omicron torna a far salire la paura per la pandemia?
È una paura ad alta frequenza, cioè più diffusa, ma a minore intensità, perché è meno sentito il timore di ammalarsi gravemente, anche grazie ai vaccini. È cambiata la percezione: la pandemia è qualcosa a cui prestare attenzione, ma davanti alla quale si rischia meno di morire. Comunque a essere preoccupati del Covid sono ancora oggi 7-8 italiani su dieci.
Che tipo di preoccupazione è?
Più che per le conseguenze sanitarie, a impensierire sono gli effetti sul vivere quotidiano: l’impatto economico, il rischio di un nuovo isolamento, la difficoltà ad avere relazioni sociali normali.
Il ritorno di fiamma della Omicron sta facendo calare la fiducia nei vaccini, nella scienza, nel Cts?
No, nonostante la confusione che si è fatta in questi due anni. Certo, bisognerà riflettere a fondo sulla comunicazione in tempi di emergenza e in fatto di sanità pubblica. Troppo spesso sono stati fatti proclami e create aspettative basandoci sugli aspetti medico-clinici, ma i modelli matematici ci dicevano che con la pandemia, finché non saremo arrivati all’endemizzazione, saremmo andati avanti a cicli, perché il Covid si comporta come tutti gli altri coronavirus.
Dopo il rimbalzo del 2021, quanta fiducia c’è nella ripresa economica?
Ce n’è tantissima, molti italiani pensano che questo sia un momento di grande ripartenza, soprattutto se ci paragoniamo con gli ultimi due anni, che hanno fatto segnare un crollo verticale del Pil. E poi oggi, pur in presenza di oltre 100mila casi positivi, non si pensa neanche lontanamente a un nuovo lockdown. Le attese per il 2022 sono molto alte.
La spinta da dove arriva?
Dal rimbalzo del Pil: dopo aver visto strade deserte e negozi chiusi, i consumi sono ripartiti, anche se non a pieno regime. Ma è una fiducia un po’ dopata rispetto ai dati reali, perché siamo ancora sotto i livelli del 2019 E c’è un dato che deve far riflettere.
Quale?
Gli indicatori macroeconomici funzionano soprattutto quando la media è rappresentativa della popolazione. La crisi prima e, soprattutto, la pandemia poi hanno polarizzato la condizione degli italiani. In pratica, il ceto medio, che è il volàno dell’economia, che dal dopoguerra in avanti ha sempre rappresentano il 60-75% della popolazione si è andato via via assottigliandosi. Così oggi abbiamo una fascia di povertà che si è ingrossata, una quota di italiani che ha tenuto botta alla crisi, mentre a perdere importanza è stato proprio il ceto medio, quel segmento di società che tradizionalmente è un bacino di fiducia verso il futuro.
Lavoro, crescita del Pil, caro bollette, conti pubblici: cosa c’è in cima ai pensieri degli italiani?
I temi economici sono ai primi posti, tutto il resto, anche l’immigrazione e la sicurezza, è scivolato all’indietro. Ma in cima c’è il lavoro, senza dubbio, e subito dopo vengono le tasse e la crescita economica. Oggi abbiamo un tasso di disoccupazione molto basso rispetto all’emergenza che abbiamo dovuto affrontare, merito anche degli interventi anti-licenziamenti operati dal governo. Il punto è che questo tasso di disoccupazione è legato al fatto che molti sono lavori intermittenti e poco retribuiti. Gli italiani oggi si aspettano un’occupazione più stabile, meglio retribuita e, soprattutto per i giovani, che offra la possibilità di costruire un progetto di vita.
Il caro bollette quanto è sentito dalle famiglie?
Ancora poco, perché c’è la speranza, più che la fiducia, che il governo possa aiutare a calmierarne gli effetti. Ma tra un po’ si farà sentire molto di più. Il problema è avvertito in misura maggiore dalle imprese.
Quanto convince la manovra del governo?
Gli italiani la conoscono ancora troppo poco e sono molto presi dalle immanenze, dall’incombenza di dover risolvere problemi molto più quotidiani. La presenza di Draghi ha un po’ opacizzato il vetro con cui gli italiani guardano alla politica e all’economia. In fondo, molti pensano, c’è Draghi che ci pensa. Ma in realtà c’è qualcosa che deve preoccupare anche Draghi.
Che spia rossa si accenderà?
Dall’Europa arriveranno i soldi del Next Generation Eu, ma noi stiamo perdendo la grande occasione di riformare l’Italia dal punto di vista delle infrastrutture economiche, che continuano a essere molto obsolete. Nel 2022 un’impresa su tre sarà costretta a ricapitalizzarsi oppure rischia di essere tecnicamente fallite o di dover rientrare dagli affidamenti in corso. E’ un problema molto serio.
Di cosa abbiamo bisogno?
Serve una pubblica amministrazione che aiuti le imprese e non che si comporti solo come un occhiuto controllore; serve una modifica del diritto societario; serve una riforma del fisco; serve una moratoria per le banche sugli accordi di Basilea 4: non è possibile in questo momento chiedere alle imprese il rientro dei fidi, significherebbe farle chiudere. Stiamo sprecando tempo su tutto questo.
Quali saranno le parole d’ordine del nuovo anno?
Per le persone, resilienza; per il nostro paese, cambiamento: perché l’Italia non può tornare alla stessa forma di prima della pandemia.
(Marco Biscella)
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