Appena due giorni prima di Natale l’Istat ha diffuso i dati relativi alla fiducia di consumatori e imprese a dicembre, entrambi in crescita, e Federturismo parla di un boom di prenotazioni per le vacanze di fine anno. Segnali di una situazione economica che non sembra volgere al peggio. “Sul fronte macroeconomico europeo – ci spiega Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di economia industriale all’Università Cattolica di Milano – nelle ultime settimane ci sono state delle evoluzioni che paiono rendere meno probabile lo scenario drammatico di forte recessione che si prefigurava fino a qualche tempo fa, soprattutto grazie al calo del prezzo del gas”.
E per quel che riguarda l’Italia?
Abbiamo avuto dei dati abbastanza sorprendenti, con il mercato del lavoro che continua a tenere e la fiducia di imprese e consumatori in crescita a dicembre, probabilmente grazie alla discesa dei costi energetici, a riprova che quel che di negativo si poteva prefigurare per il 2022 dipendeva non da componenti endogene dell’economia, ma da un fattore esterno: il brusco rialzo del prezzo del gas. Grazie a una crescita acquisita così solida (+3,9%) alla fine del terzo trimestre, anche se il Pil del quarto fosse negativo, l’anno si chiuderà con un buon risultato. Addirittura nel caso assai improbabile di un calo dell’1,5% nel quarto trimestre, il 2022 si chiuderebbe con un +3,5%. L’industria in senso stretto potrebbe far registrare una crescita finale dell’1%. L’Italia sta, secondo me, vivendo un momento molto particolare che spero non venga compromesso da un ulteriore avvitamento del conflitto russo-ucraino e da un ritorno di scenari difficili nel 2023.
In che senso il nostro Paese sta vivendo un momento particolare?
Probabilmente si continua a non comprendere che dopo 7 anni di crescita il Paese si è rafforzato. Siamo talmente abituati ad avere impressa nella memoria la fotografia dell’Italia in ginocchio nei primi 15 anni del nuovo secolo che fatichiamo anche solo a immaginare che un Paese così possa cambiare registro, mentre invece l’ha cambiato eccome. L’industria è diventata più competitiva e ha visto valorizzati quelli che una volta sembravano punti di debolezza potenziali: filiere corte e distretti ci hanno permesso di avere performance positive quando tutti gli altri affondavano. Abbiamo interi settori come il turismo e i servizi alla persona che sono molto migliorati negli ultimi anni. Il nostro Paese riesce a sorprendere con una tenuta che, secondo me, dipende anche da una forte componente psicologica più positiva rispetto al passato.
Come vede il 2023?
Chiaramente non potrà essere un anno con alti tassi di crescita per nessuno in Europa, difficilmente si potrà andare oltre il 2%. Penso che il 2023 potrebbe vedere una rinascita, seppur lenta, della Germania e questo, insieme alla tenuta del commercio internazionale, potrebbe avere qualche effetto benefico per il nostro export. Si è parlato di una mild recession nelle ultime settimane e credo andremo incontro a qualcosa di simile. Tra l’altro non sappiamo ancora quale sarà l’impatto concreto sul Pil degli investimenti del Pnrr che verranno effettivamente attuati.
Quale potrà essere il punto di forza dell’economia italiana nel 2023?
Il punto di forza continua a rimanere la vitalità di un formidabile tessuto industriale. Basti pensare che tra il 2015 e il 2021 il Nord-Est ha registrato una crescita superiore al 13% del valore aggiunto in termini reali dell’industria in senso stretto. Addirittura l’Emilia-Romagna è arrivata al +14,7%. Tutto questo mentre il dato relativo alla Germania è stato un +4%. Si tratta di un risultato dovuto sia alla validità del modello che all’iniezione di investimenti di Industria 4.0. Investimenti che stanno continuando, segno che queste imprese non sembrano spaventate dal futuro. Sono molto fiducioso sull’industria, ma penso anche che ci siano segnali di rafforzamento del turismo, visto anche il momento di ripresa del settore a livello internazionale.
Pensa che potranno esserci contraccolpi negativi dalle ultime decisioni della Bce?
Ritengo ci siano dei fenomeni nell’economia reale che hanno un abbrivio che va ben oltre gli elementi di frenata che possono venire dal rialzo dei tassi e dalle politiche delle banche centrali. È vero che quest’ultime devono assecondare la corsa a frenare l’inflazione, ma sembra che l’indice dei prezzi al consumo possa aver raggiunto un apice e credo sia più importante l’impatto reale del calo dei prezzi dell’energia, che può generare ripresa della fiducia delle imprese e dei consumatori, che non l’effetto psicologico di tassi di interesse più alti, che certo hanno ripercussioni non trascurabili.
(Lorenzo Torrisi)
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