La fine di un anno, come il 2024, è una convenzione, si sa. Da sempre la si usa per giocare all’indovinello del cambiamento e capire cosa sarebbe da gettare dalla finestra, come si usa con le vecchie stoviglie in alcune nostre città, e da cosa ripartire per migliorare il mondo. Ma chissà cos’è davvero cambiato nel corso dell’anno: quali avvenimenti hanno portato a una reale svolta storica, di qualsiasi tipo, che investa quindi anche la vita di tutti i giorni.
Dal punto di vista dell’argomento principale che ci ha interpellato, non è cambiato assolutamente nulla: le guerre nel mondo, in particolare quelle in Ucraina e in Palestina, che erano iniziate prima del 2024, sono continuate, non si sa ancora chi stia vincendo e chi perdendo né se finiranno, si sa però che centinaia di migliaia di persone hanno perso la vita. A dire il vero, mentre si profila lentamente la sconfitta della stanca Ucraina (volendo citare Zelensky), il 2024 ha visto Israele mettere a segno alcuni colpi. Numerosi nemici dello Stato ebraico sono caduti come birilli, anche mediante l’uso di tecnologie sofisticate (ecco una vera novità): il presidente iraniano Ebrahim Raisi, caduto con l’elicottero su cui viaggiava, Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah in Libano, che ha seguito la sorte di quello di Hamas, Yahya Sinwar, ucciso a Gaza nel 2023 e, per finire, Bashar al Assad, il presidente della Siria fuggito mentre il suo potere si sgretolava sotto i colpi delle milizie salafite. Un buon anno per Israele, un po’ meno per le migliaia di persone uccise a Gaza in quello che viene definito genocidio con frequenza crescente.
In realtà queste sono guerre che nascondono il vero cambiamento epocale, il maggiore dopo la caduta del muro di Berlino, cioè la riconfigurazione bipolare del mondo, dopo alcuni decenni in cui, in seguito al crollo del blocco orientale, l’illusione di aver raggiunto il predominio globale, militare, politico e culturale aveva abbagliato l’Occidente, soprattutto l’America. Probabilmente la guerra in Ucraina, che ha spinto la Russia tra le braccia della Cina, è stato un errore tattico che ha distrutto l’illusione americana. Già, l’America. Questo è stato l’anno di Trump, che è passato attraverso processi e incriminazioni, è scampato ad un attentato in Pennsylvania e poi ha stravinto le elezioni, mandando a gambe all’aria Kamala Harris, Joe Biden e i democratici tutti. Sarà lui l’uomo del cambiamento? Vedremo; ma le speranze sono poche.
E la nostra Europa? Le elezioni tenute nel 2024 hanno avuto un che di gattopardiano: cambiare tutto per non cambiare niente. Alcuni partiti, innanzitutto i socialisti, hanno subito forti ridimensionamenti, ma Ursula von der Leyen è ancora lì, a soffiare sul fuoco della guerra in Ucraina e su quello delle politiche green che soffocano nei loro fumi solo l’industria europea: Tomasi di Lampedusa docet, appunto.
In generale il 2024 ha confermato il lento declino europeo, la sua insignificanza politica e militare, l’annacquamento della sua democrazia (i principali Paesi europei, Germania, Francia e Regno Unito, sono in stato confusionale politico; in molte nazioni o regioni avanzano le destre nazionaliste) e della sua cultura. Anziché esportare i valori che l’hanno resa un faro, come la tolleranza, la legislazione sul lavoro, i diritti economici, lo stato sociale, l’Europa sta importando la cancellazione della propria identità, l’amore per il riarmo e la guerra, la bagarre del tutti-contro-tutti al suo interno. Forse il 2024 è stato un anno pessimo soprattutto per l’Europa, con la guerra peggiore al suo interno e tutto il resto.
Pochi ricordano che il 2024 è stato anche l’anno delle elezioni in Russia, che, guarda un po’, Vladimir Putin ha vinto pochi giorni dopo che il suo principale oppositore, Aleksej Navalny, moriva nella sua prigione nell’Artico. La liberazione, dopo dodici anni, di Julian Assange è invece una buona notizia, in un anno nero per chi si occupa di informazione: proprio a dicembre l’ennesima collega giornalista, Cecilia Sala, è stata incarcerata a Teheran. Ma forse occorre anche ricordare le centinaia di reporter palestinesi imprigionati o uccisi da Israele, non solo a Gaza. E tutti gli altri in Ucraina. Come sempre, anche quest’anno i giornalisti sono tra le prime vittime di chi è evidentemente infastidito dalla libera circolazione delle notizie.
E per l’Italia che anno è stato? Neppure da noi grandi cambiamenti: il governo è sempre lì, stranamente il più solido d’Europa, nel solito tran tran politico e nel lento declino sociale e umano: sappiamo di essere più delusi, disperati, stanchi; non facciamo più figli, spediamo i giovani migliori a lavorare all’estero, non andiamo più a votare: persino alle elezioni in Emilia-Romagna, di solito la regione con la maggiore percentuale di votanti, meno della metà degli elettori si è recato alle urne. Siamo atei, anzi apostati: solo un italiano su dieci frequenta una chiesa, nell’anno e nel Paese dove il Pontefice cattolico ha appena aperto la Porta Santa del Giubileo; gli altri nove hanno usato quella porta per andarsene.
Ci consoliamo con lo sport: il vero presidente italiano è diventato 2024 Jannik Sinner, tennista stellare, e abbiamo partecipato con ottimi risultati alle olimpiadi di Parigi, vincendo un oro già nel primo minuto di gara e terminando con la splendida finale delle nostre pallavoliste, di cui siamo tutti innamorati. Consoliamoci così, come succede da un bel po’. Indro Montanelli, concludendo il suo volume sulla gloriosa storia di Roma, constatava con amarezza che oggi “forza Roma” si indirizza solo a una squadra di calcio. Viva l’Italia, forza Europa, auguri al mondo per l’anno nuovo chissà se davvero sono espressioni sostenute da una reale speranza di cambiamento. Per fortuna il cambio data è solo una convenzione, ormai perfino stanca. Staremo a vedere.
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