Due dati relativi al 2024 permettono una posizione ottimista per l’Italia nel 2025 e oltre: 1) calibrando il dato dell’export con le diverse turbolenze globali, intraeuropee e settoriali che lo hanno frenato, esce una prestazione migliore del previsto delle aziende italiane, segno importante della loro qualità competitiva; 2) stanno aumentando gli investimenti esteri in Italia e l’attenzione di fondi privati di investimento che mai li avevano fatti per attuarli nel prossimo futuro. L’augurio all’Italia è consolidare questa tendenza positiva, qui un’opinione sul come.
Il secondo dato certamente dipende da una nuova fiducia degli operatori esteri sul fatto che l’Italia migliorerà il proprio ordine contabile nel prossimo triennio. Tale sensazione – confortata dalla riduzione dello spread tra titoli di debito decennali tedeschi e italiani e dalle valutazioni positive delle agenzie di rating sulle prospettive di stabilità finanziaria dell’Italia – è dovuta all’impostazione prudente della politica di bilancio del Governo contrapposta a quella dissipativa degli Esecutivi precedenti, Conte 1 e 2 in particolare, che avevano escluso l’Italia nella mappa di molti investitori stranieri.
Per inciso, un grande fondo pensione statunitense mi ha chiesto se questa direzione verso l’ordine contabile dell’Italia sarà duratura e se sì fino a quando. Ho risposto che con questo Governo possono stare tranquilli. Però hanno notato una forte presenza del “sindacalismo politico” in Italia non finalizzato alla tutela dei lavoratori, ma alla destabilizzazione della maggioranza partitica corrente a favore della sinistra. Ho domandato io a questi interlocutori di quale segnale avessero bisogno per confermare investimenti diretti e indiretti in Italia, sapendo di alcuni loro investimenti in America e Canada in settori sindacalizzati non proprio tranquilli. La risposta è stata: pragmatismo sindacale sostituivo del sindacalismo politico destabilizzante. Passo questa risposta alla Cisl – rinuncio a farlo con Cgil e Uil perché ne percepisco una conduzione troppo “politichese” – e al Governo sottolineando che un segnale rassicurante varrebbe parecchi miliardi di dollari di investimenti per l’Italia da parte di fondi con raggio internazionale e con pensiero simile a quello citato: attratti dalla vitalità delle imprese italiane e dai primi segnali di ordine contabile, ma…
Poi ho in mente una soluzione a un problema ravvicinato. Pur fatto molto bene, il Rapporto Draghi che indica la soluzione di un macro-indebitamento (centinaia di miliardi di euro annuali) sul piano europeo per rilanciare la competitività globale dell’Ue crea un problema per l’Italia perché ha un limite contributivo a tale indebitamento stesso a causa del suo enorme debito pubblico storico. E mi sono chiesto se l’aumento degli investimenti esteri in Italia potrebbe essere sia una soluzione non a debito pubblico per rafforzare il sistema economico italiano, sia se tale fenomeno potrebbe creare una riserva per rendere l’Italia una partecipante attiva a un numero ristretto di progetti futurizzanti comuni necessariamente pan-europei, per esempio difesa.
Sto studiando la materia con alcuni miei ricercatori. Le prime analisi inducono a pensare che vi sarà ostilità per troppo debito comune (eurobond) da parte della Germania e altri. Qualche europrogramma, tuttavia, partirà, ma la Germania e le nazioni con più spazio fiscale vorranno prenderne il dominio. La Francia, pur avendo uno spazio fiscale minore dell’Italia vista la sua crisi, metterà sulla bilancia il fatto di essere l’unica potenza nucleare dell’Ue, motivo per cui il suo deficit statale da un decennio e più oltre la soglia delle regole europee non è mai stato sanzionato sul serio (a parte la riduzione del voto di affidabilità da parte delle agenzie private di rating). Pertanto, valutando i limiti di indebitamento italiani anche in un sistema di eurobond garantiti da Ue (e Bce, indirettamente) e la concorrenza di altre nazioni europee nei confronti dell’industria italiana, ritengo migliore uno sforzo italiano per attrarre sempre più investimenti privati esteri. E al Governo raccomando di studiare un’operazione “patrimonio pubblico contro debito” (che invoco dal 1998) che impegni circa 300 miliardi sui circa 600-700 di patrimonio pubblico disponibile (vendibile) liquidandolo entro un fondo multicomparto dedicato, nell’arco di 10-15 anni. La credibilità di un tale progetto di de-debitazione pur relativa aumenterebbe enormemente l’attrattività dell’ambiente economico italiano per investitori esteri prima dell’esecuzione del progetto stesso. Sto valutando con simulazioni “Cosa se” (What if) e ritengo utile che altri analizzino questo scenario che porterebbe lo spread sotto i 100 punti (riducendo il costo di rifinanziamento del debito) e alzerebbe il rating dell’Italia almeno di due punti se non di più: cuccagna globale per l’Italia.
Nel 2024 l’Italia ha preso una posizione di quarto esportatore a livello globale. In un mondo dove è in atto la Seconda guerra fredda, ma con molteplici punti caldi, tra blocco delle democrazie e dei regimi autoritari sarà inevitabile una relazione tra politica industriale, estera e piani delle imprese. Il Libro bianco in preparazione da parte del Mimit getterà una luce sui nuovi requisiti di politica industriale. Ma, in generale, di fronte al rischio di una deglobalizzazione conflittuale per una nazione così dipendente dall’export come l’Italia, è necessario ampliare lo spazio di “riglobalizzazione selettiva” da intendersi come reticolo crescente di accordi economici tra nazioni democratiche e compatibili. L’evidenza che una politica estera globale italiana con tale scopo sia in atto è un forte segnale di ottimismo che suggerisco di condividere e sostenere.
www.carlopelanda.com
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