Il recente AI Action Summit di Parigi, tenutosi il 10-11 febbraio 2025, ha rappresentato un momento significativo per la governance dell’intelligenza artificiale (IA) per usi civili, con la partecipazione di oltre 100 Paesi, tra cui leader governativi, organizzazioni internazionali, società civile, settore privato e comunità accademica. L’evento, co-presieduto da Francia e India, è il terzo dopo i precedenti summit di Bletchley Park (2023) e Seoul (2024).
Un documento su un’IA inclusiva e sostenibile (“Statement on Inclusive and Sustainable Artificial Intelligence for People and the Planet”) è stato firmato da 58 Paesi, inclusi importanti attori globali quali Cina, India, Francia, Giappone, Germania, Italia, Australia, Canada, Stato del Vaticano e Unione europea. Tra i firmatari figurano anche numerosi Paesi in via di sviluppo e organizzazioni regionali come la Commissione dell’Unione Africana. Tra i Paesi che non hanno firmato lo Statement vi sono gli Stati Uniti e il Regno Unito ma anche l’Argentina, meritevole qui di una veloce menzione solo per la comunanza di vedute ideologiche tra Trump e Milei.
Il documento finale si basa su alcuni pilastri principali e mette in evidenza sei priorità fondamentali:
1) promozione dell’accessibilità per ridurre il divario digitale anche mediante il lancio di una Piattaforma e Incubatore di IA (da parte di paesi quali Cile, Finlandia, Francia, Germania, India, Kenya, Marocco, Nigeria, Slovenia, Svizzera) per ridurre la frammentazione tra iniziative pubbliche e private con l’obiettivo di costruire capacità nei dati, promuovere la trasparenza degli stessi e facilitare il finanziamento dei progetti di interesse pubblico;
2) assicurare che lo sviluppo dell’IA sia aperto, inclusivo, trasparente, etico, sicuro e affidabile, mediante l’implementazione di meccanismi di supervisione umana, lo sviluppo di sistemi di audit e tracciabilità nonché la valutazione continua dei rischi e delle vulnerabilità;
3) stimolare l’innovazione ed evitando così concentrazioni di mercato al fine di guidare lo sviluppo industriale;
4) incoraggiare lo sviluppo di un’IA che modelli positivamente il futuro del lavoro e dei mercati del lavoro offrendo opportunità di crescita sostenibile e, allo stesso tempo, favorendo il dialogo sociale. L’obiettivo è di individuare specifici strumenti che evitino la discriminazione di genere nell’accesso all’occupazione, nonché favorire delle politiche pubbliche che incoraggino la formazione e l’adattamento dei lavoratori (up-skilling e re-skilling) alle nuove esigenze produttive create dall’IA;
5) rendere l’IA sostenibile per le persone e il pianeta da intendere, in quest’ultimo caso, anche in senso energetico. Per la prima volta in un summit, difatti, è stata discussa la relazione tra IA ed energia, con l’istituzione di un Osservatorio in collaborazione con l’Agenzia internazionale dell’energia. In definitiva, la sostenibilità ambientale dell’IA dovrà basarsi su modelli energeticamente efficienti, su metodi e metriche standardizzate per misurare l’impatto ambientale dell’IA nonché pratiche di computing responsabile;
6) rafforzare la cooperazione internazionale per promuovere il coordinamento nella governance globale. L’iniziativa enfatizza l’importanza della collaborazione tra Paesi per condividere risorse e conoscenze, sviluppare standard comuni e facilitare il trasferimento tecnologico verso i Paesi in via di sviluppo. L’evento ha evidenziato, infine, l’importanza dell’allineamento con iniziative multilaterali già esistenti quali le risoluzioni dell’Assemblea Generale Onu, il Global Digital Compact, le raccomandazioni Unesco sull’Etica dell’IA, il Consiglio d’Europa e l’Unione europea, le strategie dell’Unione Africana e i framework Ocse, G7 (incluso l’Hiroshima AI Process) e G20.
Sono stati programmati diversi eventi chiave per il 2025 quali un successivo summit a Kigali, il terzo Forum globale sull’Etica dell’IA in Thailandia, una conferenza mondiale e un ulteriore summit globale “AI for Good”, quest’ultimo organizzato dall’International Telecommunication Union (ITU).
Ciò premesso, va sottolineato che il documento non è vincolante. Afferma piuttosto un sentimento condiviso tra le parti firmatarie. Forse l’obiettivo più importante raggiunto dal Summit, e dai precedenti, è continuare a trattare dell’argomento, a incontrarsi e a lavorare insieme sulle preoccupazioni comuni che lo sviluppo veloce dell’IA solleva in tutti gli stakeholder della società civile. Ciò vale per tutti i Paesi economicamente sviluppati con qualche importante eccezione, come già menzionato all’inizio dell’articolo.
Nella sua prima apparizione ufficiale su uno scenario mondiale, difatti, il Vicepresidente degli Stati Uniti, JD Vance, ha affermato che la regolamentazione nel settore dell’IA sia eccessiva e che la stessa potrebbe uccidere un’industria trasformativa proprio nel momento del suo decollo; vanno incoraggiate, invece, tutte le politiche a favore della sua ulteriore crescita.
Non v’è dubbio alcuno, come è stato messo in evidenza in un precedente articolo, che la posizione degli Stati Uniti, dunque, è quello di contrapporsi in maniera esplicita alle cosiddette agende sociali ingegnerizzate, di cui il Summit di Parigi può essere considerato un esempio preclaro, anche mediante la promozione di un evento collaterale, promosso dalla Francia, la “Coalition for Sustainable AI”, la quale ha l’obiettivo esplicito di “progredire verso l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg), concentrandoci in questa Coalizione su quelli relativi all’azione per il clima e alla protezione del nostro ambiente”.
L’obiettivo esplicito della nuova Amministrazione Trump, all’opposto, atteggiamento impersonato anche da Elon Musk, è quello di coniugare lo sviluppo di un’economia di mercato competitiva dell’IA con i fini di sicurezza nazionale e di egemonia globale soprattutto nei confronti dei principali competitor, Repubblica popolare cinese (Rpc) in primis. Del resto, Vance ha esplicitamente criticato la “regolamentazione eccessiva” dell’Unione europea e messo in guardia contro la cooperazione con la Rpc.
In questo quadro generale, in cui la geopolitica si mischia continuamente a tratti idiosincratici e personalistici, si potrebbe inquadrare anche la lunga serie di schermaglie tra lo stesso Musk (l’ultima delle quali è l’offerta di acquisto di ChatGPT per più di 97 miliardi di dollari) e il Ceo di OpenAI, Sam Altman. Con l’ultimo episodio, almeno finora, dell’intervista rilasciata da Altman, sempre al Summit di Parigi, in cui affermava perfidamente: “Penso che probabilmente stia solo cercando di rallentarci” piuttosto che “competere per un prodotto migliore”.
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