Questa sera il Governo incontrerà i sindacati per discutere del futuro dell’ex Ilva, un dossier non semplice da gestire per l’Esecutivo visti il blitz dei Carabinieri nello stabilimento di Taranto di ieri, per acquisire la documentazione necessaria alla Procura in relazione all’inchiesta su possibili emissioni inquinanti, e le indiscrezioni secondo cui Arcelor Mittal sarebbe disponibile ad accettare di scendere in minoranza nel capitale di Acciaierie d’Italia, purché il controllo della governance resti condiviso al 50% con Invitalia. Un dossier che, insieme ad altri temi economici, potrebbe avere il suo peso sulle elezioni in programma in primavera. Secondo l’ex direttore del Sole 24 Ore Guido Gentili, quella dell’ex Ilva è una vicenda «lunga e travagliata. Sembrava inimmaginabile che un Paese ad alto tasso di industrializzazione come il nostro rinunciasse a coltivare un terreno così strategicamente importante come quello dell’acciaio, ma è accaduto. È anche un po’ il riflesso di un venir meno negli ultimi anni di un’attenzione alla politica industriale. Che non significa intervento dello Stato e utilizzo di risorse pubbliche a spese dei contribuenti per sostenere imprese decotte, ma avere una visione, una strategia, tenendo conto anche di quello che succede nel mondo».



Da questo punto di vista la politica industriale nazionale deve però fare anche i conti con norme e regolamenti europei sul fronte della transizione green che stanno diventando sempre più stringenti.

Questo problema esiste e lo vediamo anche nel caso dell’automotive. Il tema della politica industriale ha tante sfaccettature e il Governo farebbe bene a occuparsene seriamente. Le imprese finora sono state un po’ trascurate nell’azione dell’Esecutivo, come si è visto, per esempio, con la scomparsa dei provvedimenti di sostegno alla loro capitalizzazione per rendere possibile il rinnovo del taglio del cuneo fiscale a favore dei redditi medio-bassi. Quindi, è un filone che andrebbe ripreso.



In questo senso la Premier Meloni ha ricordato che nella revisione del Pnrr sono stati previsti 12 miliardi in più a sostegno delle imprese…

È vero, ma sul fronte del Pnrr non basta che arrivi più o meno puntualmente il versamento delle rate da parte di Bruxelles, ma bisogna anche saper spendere queste risorse, metterle a terra. Si tratterà di capire, inoltre, come questi fondi per le imprese si tradurranno in misure concrete e con quale orizzonte temporale, visto che il Pnrr ne ha uno che va da qui al 2026.

Come detto poc’anzi, il tema della politica industriale si intreccia anche con quello delle regole europee sulla transizione green: sarà, quindi, parte del dibattito della campagna elettorale?



Dovrebbe entrarne a pieno titolo, vista la sua importanza. Negli altri Paesi se ne parla, come pure del significato della concorrenza cinese sul mercato delle auto elettriche. Andando a votare per le europee, sarebbe giusto che vi fosse un confronto su quello che occorre fare da questo punto di vista nell’interesse del Paese, ma non con frasi fatte o slogan. Si tratta di questioni importanti, anche complesse, con ricadute occupazionali, quindi andrebbero discusse con la necessaria serietà. Per il momento questo tipo di dibattito nel nostro Paese lo vediamo solo a spezzoni, quando si profila un’urgenza per via di una decisione europea, e non con continuità.

Prima delle europee, ad aprile ci sarà l’approvazione del Def. Sarà l’occasione per capire gli effetti del nuovo Patto di stabilità?

Capiremo molto, perché ad aprile dovrebbe essere disponibili i dati Eurostat sul 2023 che serviranno alla Commissione europea per pronunciarsi in maniera definitiva sulla Legge di bilancio approvata a fine anno. Anche se i dettagli sono ancora da approfondire, sappiamo che in base al nuovo Patto di stabilità l’Italia, come altri Paesi tra cui la Francia, sul piano formale non sarà in linea con le regole relative al deficit. Questo non comporterà la necessità di una manovra correttiva, ma verrà richiesto di portare avanti una traiettoria di riduzione del disavanzo che dovrà già vedersi nel Def, che rappresenta la cornice entro cui verrà scritta la manovra per l’anno prossimo.

Quindi, più che sulla Legge di bilancio 2024 sarà interessante capire quale sarà il giudizio europeo sul Def…

Esattamente. Sarà interessante vedere se ci sarà o meno uno scontro tra Roma e Bruxelles sulle cifre del Def a poco più di un mese dalle elezioni. Non dimentichiamo che in vista della prossima manovra bisognerà reperire almeno 15 miliardi per prorogare il taglio del cuneo fiscale. Tra l’altro bisognerà capire quali saranno le ricadute del Superbonus su quest’anno.

Per reperire le risorse Giorgia Meloni ha fatto capire che vuole tagliare la spesa, ma non in modo lineare. Un obiettivo che altri Governi in precedenza hanno annunciato senza raggiungere risultati particolarmente brillanti.

Su questo tema la Premier è stata abbastanza chiara e con una spesa pubblica che viaggia ormai sui 1.100 miliardi l’anno un’operazione mirata e intelligente di tagli sarebbe possibile e quanto mai opportuna. Anche perché il viceministro dell’Economia Leo ha dichiarato che c’è l’intenzione di ridurre il peso fiscale anche per il ceto medio e non solo per i redditi medio-bassi com’è stato fatto finora. Il che è giusto, ma occorre capire dove reperire risorse.

Si potrebbero tagliare le detrazioni fiscali?

Sì, ma bisogna intendersi: se vengono ridotte per le stesse fasce per cui si si vuole tagliare il peso fiscale si finisce per depotenziare l’operazione; se si riducono per quelle appena superiori non si fa altro che spostare il carico fiscale su altri contribuenti, un po’ come è già successo con un sostanziale raddoppio della franchigia (da 129,11 a 260 euro) per le detrazioni delle spese sanitarie per i redditi sopra i 50.000 euro. Tutto questo a fronte di dati come quelli ricordati recentemente da Itinerari Previdenziali: i contribuenti con redditi superiori a 35.000 euro (il 13,94% del totale) versano il 62,52% dell’Irpef complessiva, mentre quelli che dichiarano meno di 15.000 euro (il 42,59% del totale) rappresentano solo l’1,73% del gettito totale delle imposte dei redditi sulle persone fisiche.

L’operazione di tagli mirati sulla spesa pubblica potrebbe essere facilitata da un buon risultato della maggioranza alle europee?

Assolutamente sì. Una stabilizzazione della maggioranza, anche se non semplice visto che i partiti che ne fanno parte appartengono a formazioni politiche europee diverse, e un rafforzamento della leadership della Meloni sulla carta renderebbero più agevole un’operazione di questo tipo.

La Premier ha anche ricordato il peso della spesa per interessi sui conti pubblici. Si può sperare in un taglio dei tassi da parte della Bce?

Può essere che i tassi comincino a scendere, ma non dobbiamo aspettarci che la Bce imbocchi in senso contrario la strada percorsa con l’aumento dei tassi, con quella stessa velocità e a quel ritmo. Penso che a Francoforte saranno molto prudenti e che sia da escludere una caduta verticale dei tassi di interesse, anche se certamente una loro riduzione darà un po’ di respiro al costo del servizio del debito.

(Lorenzo Torrisi)

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