Lo scontro continua. Di Maio vuole stanziare per la famiglia i soldi avanzati dal reddito di cittadinanza, introdurre il salario minimo a 9 euro e nuovi criteri, solo tecnici, per le nomine in Sanità. Ma il capo politico di M5s ieri ha pure stigmatizzato “le camionette delle forze dell’Ordine” alla Sapienza, dove parlava Mimmo Lucano, e “una tensione sociale palpabile come non si avvertiva da anni”. Pronta la risposta: “Di Maio e Zingaretti parlano di razzismo che non c’è. Gli italiani non sono violenti, né egoisti, né razzisti. Pd e 5stelle si sono forse coalizzati anche contro autonomie, flat tax e per aprire i porti ai clandestini?” ha ribattuto Salvini, rilanciando su autonomia, tasse e decreto sicurezza bis. Ce n’è quanto basta per rendere esplosivo il prossimo Cdm, l’ultimo prima del voto europeo. “In campagna elettorale bisogna distinguersi – dice Andrew Spannaus, giornalista americano, fondatore di transatlantico.info e consigliere delegato dell’Associazione stampa estera di Milano -. Prima i distinguo e le repliche erano reciproci ma senza andare allo scontro; adesso invece la situazione sembra quasi fuori controllo”.



Il governo terrà?

Mi auguro che le due forze siano in grado di gestire la competizione elettorale senza andare alla rottura. Ne va della loro fortuna.

Prima delle inchieste Salvini diceva di voler governare altri quattro anni. I Cinquestelle anche, perché erano in difficoltà e non volevano andare al voto. Ma adesso?



Salvini intende raddoppiare il consenso delle politiche e io credo che ci andrà vicino. Se non arriverà al 30% la sua sarà vista come una sconfitta, in modo un po’ ingannevole perché la Lega sarà comunque il primo partito italiano. Se invece dovesse superare il 33-34%, sarà tentato di passare all’incasso. Lo farà? Lui stesso dovrebbe valutare attentamente le prospettive.

Insomma, far saltare il governo non conviene?

Il voto europeo non cambierà la composizione del Parlamento. Un’ovvietà, ma è il primo dato con cui fare i conti. Le elezioni politiche, oltre ad arrivare in vista della legge di bilancio, sarebbero un’incognita. 



Per quale motivo?

O si ha la certezza di superare il 40%, oppure con l’attuale sistema elettorale occorre allearsi. Per Salvini ribaltare la maggioranza parlamentare a suo favore sarebbe molto difficile e non so se anche auspicabile, soprattutto nel momento in cui, alla luce del risultato europeo, dovesse risultare più forte.

E se M5s fosse in Italia ciò che è stato Syriza in Grecia, il partito che ha raccolto il voto anti-establishment ma poi ha governato attuando l’austerity europea?

Non mi spingerei così avanti. Nei fatti, soprattutto a breve termine, M5s potrebbe anche avere questo ruolo, ma che possa fare intenzionalmente una virata pro-establishment mi pare improbabile e controproducente. Questo governo è totalmente diverso dagli altri governi in Europa e mi auguro che Di Maio e Salvini se ne siano accorti. Pur litigando mantiene un consenso del 55%, forse superiore. 

Le opposizioni?

Le critiche che provengono dagli altri partiti si riducono a quella di litigare senza affrontare i problemi del paese. Un argomento vago e debole. I litigi dentro il governo, fino a prima della contrapposizione frontale, sono avvenuti sul da farsi, sulle tasse, sullo sblocca cantieri. Si può rimproverare al governo di non averlo fatto in modo abbastanza incisivo o sufficiente, ma dire, come fa Zingaretti, “meno litigi e più lavoro” è la confessione di una penosa mancanza di proposte.

La controffensiva di M5s ha trovato un alleato nelle inchieste della magistratura. Sta avvenendo come negli anni di Tangentopoli, quando le inchieste risparmiarono il maggiore partito della sinistra?

I Cinquestelle potrebbero avere indirettamente un ruolo strumentale in un gioco di interessi più ampio, ma non paragonerei la loro posizione a quella del Pci-Pds negli anni 90. Ricordiamoci che i 5 Stelle nascono come partito anti-casta, dunque la loro prima ragion d’essere è l’anticorruzione. Oggi si sono trovati ad approfittare di un momento favorevole. Ma effettivamente un rischio c’è.

Quale?

Quello di prestarsi al gioco di cui sopra, perdendo lo slancio che questo governo potrebbe avere. Da straniero aggiungo però una cosa. Che dei politici vengano indagati o arrestati a tre settimane da un appuntamento elettorale, mi sembra fuori dal mondo.

Il procuratore Robert Mueller non è sempre andato avanti nell’inchiesta Russiagate?

Pur volendo accusare Trump di tutto ciò che non è riuscito a dimostrare, nei tre mesi che hanno preceduto le elezioni di midterm non ha detto una parola e le indagini sono rimaste secretate.

Cosa dobbiamo aspettarci nel breve e nel medio termine?

Il problema più grande è la prossima manovra. In occasione dell’ultima legge di bilancio il governo italiano ha lanciato una sfida all’Ue sull’austerity, ma per evitare la procedura di infrazione ha dovuto chinare il capo all’automatismo delle clausole di salvaguardia. E al rinvio del problema. Per negoziare con più probabilità di successo è necessario che il governo sia unito e che il consenso delle due parti si mantenga alto.

Esclude un riequilibrio interno nell’esecutivo dopo il voto europeo?

No, se Salvini avrà successo nelle urne è anzi probabile che ci sarà un rimpasto per dare più spazio alla Lega.

Dobbiamo attenderci un’offensiva “antisovrana” dell’establishment, italiano ed europeo?

Questa offensiva è pronta a scattare ogni volta che il governo fa qualcosa per contravvenire alle regole europee. Chi osteggia questo governo, dentro e fuori dall’Italia, cerca ogni occasione per fargli male. Mi stupirei se Salvini e Di Maio, presi dalla campagna elettorale, lo avessero dimenticato.

Cosa dovrebbero fare?

Del loro meglio per gestire la conflittualità senza spezzare l’impulso del governo. E andare avanti.

(Federico Ferraù)