Dopo aver completato l’iter parlamentare, con il quale è stata approvata anche una risoluzione della maggioranza, il Def 2019 dovrà essere ora esaminato dalla Commissione europea, chiamata a dare un suo giudizio a meno di un mese dal voto del 26 maggio. “Io parlo da economista e so che certi scenari ideali devono fronteggiare la realtà di vincoli politici. L’aver confermato con questo Def la morte del Fiscal compact in Italia è già una cosa importante. Non aver ceduto e non aver indicato, per la seconda volta dopo lo scorso anno, il pareggio di bilancio alla fine del triennio è un risultato importante. Congratulazioni quindi al Governo per questo. E anche per aver certificato l’occasione persa alla fine dell’anno scorso”, ci dice Gustavo Piga, professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma.
A quale certificazione fa riferimento?
Il Governo stesso ha stimato che la scelta di mettere una mole enorme di risorse, che aveva meritoriamente liberato, al servizio di meri trasferimenti per alleviare la disuguaglianza presente nel Paese a causa delle politiche dei governi precedenti, capitanati da Renzi, Letta e Monti, si è rivelata un fallimento totale. Non sappiamo se queste politiche abbiano diminuito la disuguaglianza (non abbiamo indicazioni di questo nel Def), ma se il Governo scrive che cresceremo dello 0,8% nel 2020, 2021 e 2022 non solo c’è una certificazione di fallimento in termini di crescita, ma anche un rischio pericolosissimo di influenzare negativamente le aspettative.
In che modo?
Come può un imprenditore investire se sa che nei prossimi tre anni la crescita resterà fissa allo 0,8% nel migliore dei casi, visto che questa è ovviamente una previsione ottimistica? L’Europa non dovrebbe consentire di far redigere un Def a un mese da un voto importante, perché inevitabilmente diventa strumento di propaganda elettorale. In ogni caso, se anche arrivassimo a una crescita dello 0,8% saremmo molto lontani dal 2% che servirebbe per cominciare a far ripartire l’occupazione. Quella mole di risorse andava usata per redistribuzione e crescita puntando tutto sugli investimenti pubblici. Non siamo di fronte a uno scenario catastrofico, ma ora sarà importante decidere cosa fare a settembre. Cosa che comporta la perdita di altri mesi importanti con un’incertezza che non aiuta le aspettative degli imprenditori.
L’incertezza principale riguarda il possibile aumento dell’Iva…
Sarebbe meglio aumentare l’Iva piuttosto che fare altre follie. Se si aumentasse l’Iva quanto meno, in un Parlamento europeo non sovranista ma forse più attento alle esigenze delle singole nazioni, come si spera che sia, potremmo anche sperare di arrivare al 3% del deficit/Pil senza essere bastonati. Quindi ci sarebbe uno spazio per fare più investimenti pubblici. Ovviamente Salvini direbbe che quelle risorse vanno usate per la flat tax, ma così ci incastreremmo di nuovo. Perché in un momento di difficoltà, se anche si dessero con la flat tax dei soldi in più agli italiani, questi non li spenderebbero, ma li risparmierebbero. Gli investimenti pubblici, invece, diventano immediatamente non soltanto occupazione, ma anche fattore di aumento della produttività.
E se invece si volesse evitare l’aumento dell’Iva?
A quel punto tutti direbbero che occorre la spending review e io, nel preoccuparmi che non sia partita immediatamente come aveva detto Tria nel giugno dello scorso anno, perché era fondamentale agire subito per tagliare gli sprechi, so come la interpreteranno. Faranno la cosa più semplice che hanno fatto in maniera disastrosa tutti i precedenti governi, distruggendo sia sviluppo che uguaglianza: diranno che malgrado ci siano gli stanziamenti, non si può procedere ad aprire i cantieri perché non c’è la liquidità. Quindi non si attiveranno gli investimenti pubblici che sono stati messi in programma. Ci sarà un impatto disastroso: non si sarà aumentata l’Iva, cosa che avrebbe avuto un impatto negativo, ma si saranno tagliati gli investimenti, cosa che avrà un impatto molto più negativo. Di conseguenza la crescita sarà più bassa di quella stimata.
Misure quindi come lo sblocca-cantieri o il decreto crescita non sono sufficienti?
I cantieri non si sbloccano se non ci sono risorse. Non avendo fatto i compiti a casa bene, per far quadrare i conti per prima cosa si tagliano gli investimenti. Una miopia del genere equivale a mancanza di leadership. Vedremo cosa accadrà, ma è un peccato perché questo Governo è stato molto più meritorio dei precedenti.
Si parla anche della possibilità che questo Governo non duri a lungo e che ne nasca un altro, magari un esecutivo tecnico prima di tornare al voto…
A me i tecnici non piacciono, preferisco la politica, la rappresentanza. La crisi più profonda è nata con un tecnico che purtroppo non ha ascoltato il dolore del Paese. Cosa che è però mestiere della politica. Il vero problema del tecnico è che non ha le strutture per seguire il territorio, i partiti invece le hanno: se sono organizzati bene, il territorio lo sentono. E oggi bisogna sentirlo se vogliamo salvare l’Italia e l’Europa. Sarei molto preoccupato se diventassimo il Paese dei tecnici. Poi certo possiamo sempre essere fortunati e trovare un tecnico illuminato, ma fatico a immaginarlo.
(Lorenzo Torrisi)