La quota di mercato delle auto elettriche cala in Europa come in Italia. A gennaio è diminuita dal 15,7% (nel 2023) all’11,9% nel Vecchio continente, mentre nel nostro Paese il calo è dal 4,2% al 2,1%. E si conferma l’acquisto in crescita dei veicoli a benzina. Persino il diesel ora è più apprezzato delle macchine elettriche. È la conferma, spiega Pierluigi Bonora, giornalista de Il Giornale, esperto del settore automobilistico, delle scelte affrettate messe in atto dall’Unione Europea, dalla Commissione guidata da Ursula Von der Leyen, che ha cercato di accelerare la transizione green ponendo come limite massimo il 2035 per la produzione di vetture con il motore endotermico. Il problema è che ora le grandi case automobilistiche stanno pagando le loro previsioni sbagliate con un calo della produzione e dell’occupazione. Una situazione che potrebbe portare ad altre fusioni tra le grandi imprese del settore e anche a un avvicendamento del top management. Intanto, il mercato suggerisce nuove scelte per i consumatori, come quella dell’auto a noleggio a lungo termine, da tenere un paio di anni in attesa di vedere quale tipo di auto prenderà piede.
I timori sullo scarso gradimento delle auto elettriche trovano conferma anche negli ultimi dati di vendita. Perché le previsioni di vendita del settore automobilistico si scontrano con la realtà?
Le lobby dell’elettrico hanno cantato vittoria con troppo anticipo. Non hanno saputo tenere un low profile, perché davano per scontato già un anno e mezzo fa che tutto sarebbe andato in quella direzione. Hanno mancato di realismo e di lungimiranza. Si sono illuse che si potesse procedere senza intoppi. Poi sono arrivate le guerre, la crisi energetica, gli stanziamenti per la difesa dell’Ucraina, la Cina sempre più forte. E siamo giunti a questo punto. Occorreva un atteggiamento meno vanitoso.
Le case automobilistiche che colpe hanno?
Hanno pensato anche loro che tutto potesse procedere in quella maniera. Hanno sposato con estrema fiducia, forse per farsi perdonare il Dieselgate, questa visione green molto ideologica. Ci sono stati investimenti per 250 miliardi di euro tra il 2022 e il 2024 per arrivare all’elettrificazione secondo i dettami del pacchetto Fit for 55. Ora si rendono conto che la situazione potrebbe cambiare: non siamo in una dittatura, in Europa, ci sono le elezioni, un voto libero; ci sono stati errori dell’amministrazione UE, soprattutto dal punto di vista ambientale, e adesso la gente se ne rende conto. Succede quando le tocchi il portafoglio, come nella vicenda delle case green.
Le aziende dicono che ormai i piani relativi all’elettrico sono impostati e non li revocheranno. Però stanno già pagando questa scelta, vero?
Sì, ma se il mercato non risponde cosa faranno? Non si può pensare solo al 2030-2035, ma anche alle vendite attuali. Alcune aziende hanno già visto calare l’occupazione e la produzione. Un forte segnale di allarme che riguarda diverse aziende europee. Anche i top manager dicono che la situazione non è facile, poi presentano conti con buoni risultati grazie alle loro politiche finanziarie. Vendono macchine premium, che fanno margine, poi però si accorgono che la gente ha bisogno delle city car, come ha fatto Luca De Meo, amministratore delegato della Renault, che ha scritto una lettera aperta all’Europa dicendo che bisogna puntare sulle auto piccole, perché arrivano i cinesi con auto da 10-15mila euro. Ha ragione Giuseppe Sabella di Oikonova secondo il quale ci sono grosse responsabilità delle aziende del settore: si sono incamminati su un’unica via e adesso ne pagano le conseguenze.
Anche gli stati hanno un po’ mollato gli incentivi alle auto elettriche: in Gran Bretagna non ci sono più, in Germania neanche, in Italia finora la gente non li ha usati. Non ci credono molto neanche loro?
È la cartina al tornasole del problema: da noi le auto elettriche non vengono vendute perché, a parte il discorso del prezzo, agli italiani non interessano. Gli incentivi verranno ripresi in aprile mettendo a disposizione belle somme, ma sono convinto che la situazione non si smuoverà. Gli incentivi vanno piuttosto sull’usato, sull’Euro 6, su auto convenienti. In Germania gli incentivi erano consistenti ma ora Scholz ha a che fare con una situazione economica difficile: non si può continuare a sovvenzionare.
La realtà, quindi, è che al di là dei programmi della UE o delle case automobilistiche, alla fine decide il mercato. In questo momento cosa suggerisce? Quali sono le soluzioni alternative all’elettrico da tenere d’occhio?
Una delle soluzioni da prendere in considerazione è quella delle macchine con noleggio a lungo termine. Adesso rischi di comprare una macchina con una certa alimentazione e trovarti di fronte a uno stravolgimento politico che ti penalizza, a decisioni che favoriscono altre soluzioni. Quindi meglio il noleggio a lungo termine: tieni la vettura due o tre anni, prendendo magari una ibrida senza spina, una full hybrid, che si rigenera da sola e non consuma molto.
In prospettiva cosa succederà, si andrà ancora verso l’elettrico?
Sì, ma con una visione più “democratica”, pragmatica e aperta ad altre soluzioni. Il presidente del PPE, il tedesco Weber, ha detto chiaramente che la sua intenzione è di cambiare tutto, potrebbe revocare lo stop per le auto a benzina, anche se Ursula Von der Leyen si è candidata con loro. Il messaggio del mercato è arrivato anche alla politica.
La crisi del mercato porterà le grandi case automobilistiche europee a ulteriori fusioni per cercare di fronteggiare lo strapotere cinese?
Ne ha parlato anche Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis: potrebbero esserci nuovi accordi per far fronte all’attacco cinese. Magari potrebbero optare per un deal anche la stessa Stellantis e Renault. I top manager che hanno definito strategie sbagliate, però, potrebbero dover rispondere di quello che hanno fatto. Vedo all’orizzonte possibili stravolgimenti: dipende da come andranno le elezioni europee di giugno e anche quelle americane di novembre.
(Paolo Rossetti)
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