La casa automobilistica cinese Dongfeng, secondo indiscrezioni riportate da Bloomberg, starebbe trattando con palazzo Chigi per avviare uno stabilimento produttivo in Italia da 100 mila autoveicoli l’anno. L’ipotesi è peraltro confermata dal ministro Urso – che tuttavia aggiunge “siamo in trattativa con diversi costruttori” (parole già dette in altre sedi) -, sebbene la stampa cinese parli di “informazione falsa”: Dongfeng non avrebbe alcun progetto industriale per l’Italia.
Come stanno realmente le cose?
Sicuramente, tra i vertici di Dongfeng e il Governo italiano c’è stato un contatto. Lo conferma, sempre a Bloomberg, anche il responsabile delle attività europee del costruttore di Wuhan, Qian Xie.
Tuttavia, per quanto la situazione che riguarda il settore auto sia in grande evoluzione, a chi scrive pare difficile che in Italia possa approdare un costruttore cinese. Palazzo Chigi ha già respinto l’intenzione di Stellantis di portare a Mirafiori la Leapmotor, cosa che è all’origine dello scontro tra Meloni e Tavares, scontro che la scorsa settimana ha visto l’episodio dell’Alfa Milano.
Al Governo non piace l’idea di un costruttore cinese in Italia perché sconfessa la sua linea politica. L’Esecutivo Meloni è più orientato, infatti, a favorire l’ingresso di un costruttore occidentale, americano o giapponese.
Consideriamo inoltre che, in primis, l’esperimento con i cinesi di Silk-Faw in Emilia – la nostra Motor Valley – non è finito bene. In secondo luogo, la filiera occidentale si sta riorganizzando proprio per arginare l’espansione di quella asiatica. Si dice che l’Europa sarà invasa da vetture cinesi, ma è presto per ritenere la grande industria e il grande mercato dell’auto consegnato a Pechino, anche perché in questa fase i numeri delle esportazioni cinesi in Europa sono poca cosa.
L’Italia, per la sua collocazione geopolitica, non può che essere attenta agli obiettivi del grande capitale occidentale. Tuttavia, il sogno di palazzo Chigi resta quello di portare Toyota in Italia. Nel suo recente viaggio in Giappone, Meloni ha confermato di avere incontrato i vertici dell’industria automobilistica nipponica e di essere molto interessata ai loro possibili investimenti in Italia. Toyota, inoltre, ha di recente presentato il suo piano di sviluppo della produzione europea – 6 di 7 veicoli sono elettrici – e le sue intenzioni di crescere all’interno del mercato europeo.
Si stanno ridefinendo gli equilibri internazionali da cui dipendono le scelte della grande industria, in primis di quella dell’auto. Toyota, inoltre, è la casa automobilistica che ha affrontato con più lucidità l’attuale fase di trasformazione della mobilità. Mentre l’Ue puntava sul “total electric”, in accordo con i grandi costruttori europei, da Tokyo insistevano a dire che l’elettrico sarà una delle tecnologie del futuro ma non l’unica.
Come sappiamo, lo scorso anno in sede di Consiglio europeo si è deciso di ritenere gli e-fuels un tipo di alimentazione “green”. Questo significa due cose: 1) si è iniziato a individuare altre tecnologie pulite oltre all’elettrico; 2) il motore endotermico non è finito. In sintesi, la transizione della mobilità sarà resa meno drastica anche riabilitando tecnologie diverse (ibrido, diesel di nuova generazione, e-fuels, biocarburanti, ecc.). Per quanto riguarda l’idrogeno, Toyota sta facendo progressi importanti nel motore ad acqua: viene cioè ricavato il combustibile direttamente nel veicolo evitando lo storage di idrogeno, che è pericoloso.
Per il momento, è toccato agli e-fuels – la Germania, del resto, si era mossa con molto anticipo -, ma credo che anche per i biocarburanti ci saranno possibilità, riconosciuti in sede di G7 come alimentazione “green” sempre lo scorso anno. Peraltro, Eni è leader nel mondo nella produzione di biocarburanti e, in Italia, a Marghera e a Gela sono stati portati avanti progetti di riconversione industriale molto importanti. Sappiamo anche che la multinazionale italiana intende accrescere la produzione a 2 milioni di tonnellate all’anno nel 2025 e a 6 milioni nel 2035. Evidentemente, negli ambienti giusti, qualche certezza sul futuro dei biocarburanti ce l’hanno.
Anche per questi fattori, è difficile che un secondo costruttore in Italia possa essere un full electric, ovvero cinese. Toyota, invece, resta un grande obiettivo di Palazzo Chigi.
Twitter: @sabella_oikos
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