L’audizione dell’Amministratore delegato di Stellantis Tavares alla Camera di ieri ha avuto il grande merito di mettere tutti di fronte ad alcuni elementi oggettivi. Tavares ha spiegato che per poter vendere auto elettriche le deve offrire allo stesso prezzo di quelle a combustione anche se costano “il 40% in più”; l’unico modo per risolvere questo dilemma è quello di creare “una tensione insopportabile” sulla filiera. Tradotto: per fare auto elettriche che siano competitive non mi posso più permettere alcuna inefficienza o alcun svantaggio competitivo altrimenti non sto sul mercato. In Italia, continua Tavares, i costi dell’energia elettrica non sono competitivi rispetto, per esempio, a quelli spagnoli. L’unico modo per riportare l’Italia in una situazione di parità sono gli incentivi del Governo; altrimenti l’auto è un’esclusiva dei ricchi. Più è alto il numero di auto elettriche vendute, più si alza il costo degli incentivi per il Governo.



Di fronte alle critiche Tavares è ancora più chiaro: “I regolamenti decisi, che sono alla base della situazione attuale, non sono stati imposti da Stellantis”. Ancora “Noi non chiediamo soldi per noi. Chiediamo aiuto per i vostri cittadini perché possano permettersi di comprare questi veicoli. Il sostegno serve a rendere accessibili questi modelli”.



“Abbracciare la transizione green comporta costi per la società. I cambiamenti dei prezzi relativi sono però spesso più dolorosi per quelli che se lo possono permettere di meno. Ma la transizione green offre anche la possibilità di dare opportunità economiche specialmente per chi si muove per primo”. Queste che avete appena letto sono le parole di un discorso disponibile sul sito della Bce a firma di Isabel Schnabel. In questo discorso si prende ad esempio proprio il settore auto notando che la quota di mercato globale delle auto elettriche europee è salita, mentre quella delle macchine a combustione è scesa. Insomma, l’Europa può sperare nel “green” perché è a più alto valore aggiunto. Questa logica apparentemente inattaccabile ha un problema; il numero di auto elettriche vendute è una frazione di quelle a combustione. Se si aumenta per dieci il numero di auto elettriche vendute e invece scende del 30% il numero di auto a combustione, il risultato è che molta meno gente di prima ha una macchina.



Il sogno delle regole decise da altri si scontra con i numeri di Tavares e passa per la fine del settore auto in Italia. Sopravviverà, e magari prospererà anche, chi è attaccato, in qualche modo, all’auto elettrica, ma si tratta di una parte del sistema molto più piccola di quell’altra, che invece può finire. Tavares dice di non spiegarsi come mai i prezzi dell’elettricità in Italia siano così alti, ma in realtà la risposta è facile: l’Italia non ha più il gas russo, non ha il nucleare e dice di puntare sulle rinnovabili ben sapendo che per i prossimi dieci anni, almeno, sarà impossibile chiudere il cerchio con le batterie. La questione però non diventa come risolvere questo problema, ma come abbandonare il motore a combustione il prima possibile e indipendentemente da tutto il resto per accorciare le tappe del sogno green. Nemmeno valgono obiezioni sociali o di costo.

Il livello della discussione è del tutto ideologico. Non si parte da un settore che occupa centinaia di migliaia di persone e che deve essere salvato e nemmeno dalla sfida di rendere il possesso dell’auto un sogno realizzabile per tutti. Ci sono sogni e calcoli su quote di mercato e valori aggiunti per cui si possono sacrificare interi settori industriali nella speranza che a un certo punto il green diventi la risposta ai problemi di competitività dell’Europa. In mezzo, come ci ha ricordato ieri Tavares, c’è la chiusura degli stabilimenti a meno che i Governi che in questi giorni annunciano patrimoniali non mettano mano al portafoglio.

Vale più l’audizione di ieri di mille analisi sull’attuale strategia economica europea. Si può solo aggiungere il rammarico per il destino di Fiat diluita in gruppi più grandi tra gli applausi dei mercati e i proclami sul consolidamento a guida “italiana”. Fosse andata diversamente si sarebbe potuto sperare in un’attenzione diversa. Questa però è storia passata e non si torna indietro. Davanti, invece, ci sono solo i numeri di Tavares e i sogni della burocrazia europea. Sogni che in Italia prendono la forma degli incubi.

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