L’elettrico è una delle soluzioni, ma puntare solo su questa, ponendosi obiettivi in tempi brevi e senza spiegare a sufficienza l’operazione, come ha fatto la UE fissando al 2035 il limite oltre il quale non si potranno produrre auto endotermiche, ha finito per bloccare il mercato. Il messaggio che è arrivato alla gente, spiega Jody Brugola, presidente della Brugola OEB (azienda conosciuta in particolare per le famose viti che ne portano il nome), è stato contraddittorio, tanto che ora chi vuole acquistare non sa bene che tipo di vettura prendere. L’ideale sarebbe lasciare libertà di scelta, magari incentivando soluzioni come quelle delle macchine ibride, che hanno già dato prova di funzionalità. In una situazione di mercato bloccata, l’Italia si trova, tuttavia, con un parco macchine datato, con molte vetture Euro 0, mentre avrebbe bisogno di svecchiarlo. Non si può, però, passare di botto da auto di questo tipo a quelle elettriche. E di questo la Commissione UE dovrebbe rendersi conto più in fretta che può, cambiando i termini del suo piano.
Come mai proprio l’Europa risente particolarmente della crisi che attraversa il settore dell’auto?
La questione è abbastanza singolare. Le problematiche del settore dipendono dalla scelleratezza delle decisioni e del messaggio mandato dall’Europa. Gli USA si sono tirati fuori, hanno la tendenza a mantenere i motori endotermici, non sono così intransigenti come la UE. La data del 2035 è stata comunicata in maniera sbagliata: molti pensano che allora ci saranno solo veicoli elettrici. Ma non è esattamente così. Potranno circolare anche le macchine ibride, oppure potrebbero esserci modelli di macchine a idrogeno. Il problema è che il messaggio mandato alle persone è un altro: oggi si ha paura a comprare una macchina, anche di quelle tradizionali, perché chi acquista teme di trovarsi fra qualche anno con una vettura che non riuscirà più a vendere. Se capita già nel 2024, non oso immaginare cosa succederà fra due, tre o cinque anni.
Perché, quindi, c’è stato un crollo del mercato automobilistico?
Chi voleva comprare l’elettrico lo ha fatto, ma non si può pensare che il 100% della gente faccia questa scelta: prima di arrivare a una quota importante di elettrico bisognerà vendere ancora molti modelli a combustione. Oggi, tuttavia, non si vendono né macchine elettriche né macchine normali, e questo proprio a causa di una comunicazione imbarazzante che ha portato a bloccare le vendite. Il mercato di per sé non sarebbe neanche fermo, ma la gente non sa che automobili comprare. Non è questione di crisi o di consumatori che non si possono permettere una macchina: qui non si sa cosa acquistare.
Ci sarebbe bisogno di un piano più graduale verso nuovi modelli che riducano l’inquinamento?
Ci sono Paesi e continenti che l’elettrico non lo sfioreranno neanche, come l’India e l’Africa. L’America ha già fatto un passo indietro. Noi, invece, vogliamo essere all’avanguardia in una tecnologia in cui la Cina la fa da padrona e le materie prime scarseggiano: realizzare la transizione non è così semplice. In Italia una macchina su tre è Euro 0 e una su due è sotto l’Euro 3: prima penserei a rinnovare il parco macchine esistente con gli Euro 6 e 7 e con l’ibrido. La Toyota ha venduto sei milioni di Prius, auto con una tecnologia ibrida che risale al 1997 e continua ancora oggi: è intelligente, funziona, l’endotermico aiuta l’elettrico e viceversa. Invece di puntare su soluzioni di questo genere, scegliamo una tecnologia in cui non ci sono materie prime e abbiamo una serie di difficoltà anche logistiche. E vogliamo applicarla in un lasso di tempo breve, con tutte le difficoltà che questo comporta per un settore che ora sta soffrendo.
Il settore della componentistica, delle aziende che lavorano per i produttori di auto, quanto risente di tutto questo?
Noi risentiamo un po’ meno, siamo intorno al 10% di calo: ci siamo mossi bene a livello commerciale negli ultimi anni, abbiamo più clienti e realizziamo più prodotti. Il problema è che il settore viaggia a meno 20-30%. La situazione sta diventando sempre più pesante e la Commissione europea sta dormendo, mettendo in seria difficoltà il settore. Non è questione di essere contrario o favorevole all’elettrico, a me interessa che si vendano le automobili e che ci sia una logica per non mettere in crisi il sistema.
Quale dovrebbe essere questa logica?
L’unica forma intelligente è lasciare che ognuno possa comprare l’automobile che vuole: una macchina elettrica o le varie forme di ibrido, senza dimenticare che i diesel, che nessuno menziona dal 2016, da quando è scoppiato il dieselgate, sono diventati ultra-puliti e hanno pochissime emissioni. E ci saranno anche vetture a idrogeno. In base alle esigenze del conducente si sceglie l’auto che interessa. Se uno fa il rappresentante e percorre 100 mila chilometri all’anno, è chiaro che deve comprare un diesel, così come chi usa un‘auto in città può comprare un’elettrica o un’ibrida. A me le forme di radicalizzazione, da curva nord e curva sud, uno contro l’altro, non interessano.
Insomma, meglio non fossilizzarsi solo su un tipo di vettura ma considerare le diverse soluzioni possibili. E l’endotermico?
Noi siamo un’azienda organizzata per fornire tutto, facciamo le viti critiche per i motori, viti per carrozzerie di endotermiche, elettriche, ibride e produciamo anche un sacco di componenti nuovi per piattaforme elettriche. Non ci interessa tanto che strada si voglia scegliere: buttare via l’endotermico sembra una follia dal nostro punto di vista, ma l’importante è che si scelga una strada con un senso, che non spaventi il consumatore e che favorisca l’economia delle aziende che soffrono la situazione attuale.
A cosa bisogna dare priorità per invertire il senso di marcia?
Abbiamo bisogno di un parco macchine sempre più all’avanguardia, magari incentivando sempre di più la forma più intelligente, che è l’ibrido. Dobbiamo cercare di spiegare alle persone che nel 2035 non ci sarà uno switch totale e netto, nel senso che chi non avrà un’auto elettrica non potrà circolare: occorre tentare di allentare questa specie di morsa che spaventa veramente tutti, magari spostando di qualche anno le scadenze. Non sono per mantenere lo status quo, le tecnologie vanno avanti, ma usiamo quelle che possono avere un senso: non si passa dall’Euro 0 all’elettrico.
OEB ha un’azienda negli USA e lavora con il mercato asiatico. Il problema del settore auto in questo momento è principalmente europeo?
Negli USA c’è stato un calo, ma dovuto più all’inflazione e alla crisi più generale dell’economia. In Europa siamo di fronte a un messaggio sbagliato: io ho avuto modo di parlare con qualche politico, spero che la UE riconsideri la situazione, altrimenti potrebbe anche peggiorare.
(Paolo Rossetti)
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