Le notizie sorprendentemente trapelate dal Pentagono rivelano che la controffensiva ucraina tanto attesa dovrebbe scattare, o almeno doveva, prima che queste informazioni diventassero di dominio pubblico, il 30 aprile. Ma sembra ancora rinviata.
Gli ucraini però, spiega Giuseppe Morabito, generale con al suo attivo diverse missioni all’estero, membro fondatore dell’Igsda e del Collegio dei direttori della Nato Defense College Foundation, “ci vanno con i piedi di piombo”: primo, perché i russi sconvolgono i piani logistici prendendo di mira le linee di rifornimento con le loro forze aeree e missilistiche, secondo, perché se la controffensiva fallisse Kiev di fatto subirebbe una sconfitta determinante nel confronto in atto.
Generale, sembra che la controffensiva ucraina venga rinviata ancora perché non ci sono i presupposti per farla partire. Alla fine si farà?
La prima impressione è che i ripetuti rinvii siano dovuti al fatto che le forze armate ucraine non sono nelle condizioni di dare inizio all’operazione. Questo anche perché l’aeronautica e le forze missilistiche russe continuano a colpire le retrovie, da dove dovrebbero affluire i rinforzi di uomini addestrati e mezzi, e le linee di rifornimento prima che i rinforzi arrivino a destinazione. Così agendo stanno riducendo la capacità operativa degli ucraini. Per fare una controffensiva si devono concentrare le forze, in particolare farle gravitare in un’area da dove poi far partire all’attacco.
Questa controffensiva rischia di essere il canto del cigno degli ucraini, un po’ come il contrattacco tedesco nelle Ardenne nella Seconda guerra mondiale? Se fallisse il conflitto sarebbe perso?
Il contrattacco dei tedeschi colse di sorpresa il Comando alleato, fece tantissime vittime e aveva l’obiettivo sia di separare le forze alleate, sia di portare le parti a negoziare la pace. Se fallisse questa controffensiva, gli ucraini non avrebbero più la possibilità di fare altro nel breve tempo. Devono essere sicuri di riuscire e per questo rinviano, perché probabilmente non hanno ancora le condizioni per agire sicuramente con successo. Il fatto che comunque continuino con degli annunci propagandistici e poi non procedano alimenta, purtroppo, dei ragionevoli dubbi.
Tra i presunti segreti militari che fanno parte della fuga di notizie verificatasi al Pentagono ci sono anche i dati che riguardano i morti in guerra: quelli russi sarebbero 43mila, più o meno tre volte gli ucraini. Chi attacca deve mettere in conto perdite maggiori. Gli ucraini se le possono permettere in termini numerici?
La regola storica è questa: per attaccare ci deve essere un rapporto tre a uno tra chi attacca e chi difende. Se fai una controffensiva, anche limitata nello spazio e nel tempo per prevedere un vantaggio in quella zona, si deve concentrare almeno il doppio delle forze presenti sul fronte opposto.
In questi ultimi tempi si dice spesso che gli ucraini non hanno un numero sufficiente di uomini; come possono pensare allora di contrattaccare con successo? Ci penseranno due volte prima di farlo?
Devono avere almeno il doppio di forze addestrate e relativi mezzi.
Ma hanno necessità di contrattaccare prima possibile?
Mi ripeto: dovrebbero cercare di agire quando hanno buone certezze di riuscire. La cosa più importante per loro è che riescano. Se non riescono è un fallimento. Meglio non fare operazioni rischiose e mantenere il più possibile le posizioni, che farle senza riuscire ad ottenere gli obiettivi dichiarati. Se decidi una controffensiva impieghi quasi tutta la tua capacità di combattimento residua, se la “bruci” perché la controffensiva non ha successo hai fallito del tutto.
Tra i segreti militari trapelati ci sono files in cui si dice che i russi, a Bakhmut, ad esempio, usano per l’attacco forze che sono al 75% mercenari, Wagner. Come mai un impiego così massiccio?
È verosimile, anche perché in questo modo tengono sotto controllo il fronte interno. Se nella zona di combattimento più intenso usi i mercenari addestrati hai maggiore possibilità di successo e anche il fronte interno regge meglio. È brutto da dire, ma la morte di un mercenario colpisce meno l’opinione pubblica di quella di un coscritto russo.
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