La Regione Basilicata è piombata al centro del dibattito politico perché per il centrodestra sarebbe la conferma del consenso di cui godrebbe dopo il risultato abruzzese, mentre per il centrosinistra potrebbe rappresentare una ripresa del cambiamento di tendenza già segnalato dalla vicenda sarda.
Inutile dire che entrambe le letture sono fuorvianti e che la decisione dei lucani il 21 e 22 aprile prossimo riguarda loro in prima persona, ed è perciò in questo ambito che vanno ricercate le ragioni che possono determinare il risultato del voto.
È indubbio che si tratta di una Regione, una delle più piccole del nostro sistema regionale, che ha una tradizione più prossima al centrosinistra che non al centrodestra; basta guardare i trend elettorali, che assegnano alle forze del centrosinistra all’incirca i due terzi dei voti elettorali nelle diverse elezioni. Ovviamente, nelle elezioni politiche del 2018 si assisteva all’exploit del M5s con il 43% dei consensi, che, nelle elezioni europee del 2019 sono scesi al 29,7% e alle regionali dello stesso anno al 20,3%.
Ma proprio alle precedenti regionali, se il M5s si fosse alleato con il Pd e gli altri partiti del centrosinistra, la coalizione avrebbe ottenuto il 53,4% dei voti e superato il candidato del centrodestra, Vito Bardi, che aveva ottenuto il 42,2% dei voti. Anche alle elezioni politiche del 2022 la somma dei voti di M5s e centrosinistra è stata superiore al numero dei voti del centrodestra, ma va detto che in quella tornata elettorale il terzo polo ha raccolto il 9,8% dei consensi.
Tutto ciò significa che dopo cinque anni di governo regionale di centrodestra la guida della Regione Basilicata è ampiamente contendibile; anche perché non si è trattato di una legislatura particolarmente significativa. Anzi, Bardi consegna una regione in condizioni eguali, se non peggiori, a quelle in cui l’ha trovata. Infatti, fa specie come una Regione piccola, per di più con risorse considerevoli dovute alle royalties dei pozzi petroliferi, sia in una condizione alquanto disastrata. Chiunque voglia intraprendere un viaggio per la Basilicata o nella Basilicata (coast to coast, come l’omonimo film con Rocco Papaleo) sarebbe veramente costretto ad un viaggio terribile. Praticamente non vi sono treni, è noto che la città di Matera ha una stazione ferroviaria senza binari e non vi è mai arrivato un treno. Con la macchina la situazione è altrettanto disastrosa: il tratto di autostrada che dovrebbe portare sino a Potenza, capoluogo della Regione, sta cadendo a pezzi, i collegamenti interni e quelli con la Puglia sono su cosiddette “superstrade” poco sicure e senza corsia d’emergenza. L’unica strada che si percorre con un certo piacere per via del tracciato è la Via Appia, sì, quella fatta dai Romani. Ovviamente non vi è un aeroporto e, meno male. Anche la sanità lucana si caratterizza per i bassi indicatori, non è ai livelli di quella calabrese, ma la segue a ruota.
Che cosa fa allora il governo regionale? Come vengono impiegate le entrate straordinarie delle royalties petrolifere? A sentire la Corte dei conti, che ha prodotto uno studio accurato sul punto qualche anno fa, i soldi vengono spesi in spesa corrente e in sussidi, ma nessun progetto di investimento è stato sinora finanziato, né sembra che il PNRR abbia apportato benefici particolari, a parte il progetto “Mille esperti”, che se qualcuno lo spiega seriamente può fare solo sorridere.
Dunque non ci sono motivi particolari per votare la conferma del candidato del centrodestra; anche se, si potrebbe obiettare, non ce ne sono neppure per votare quello di centrosinistra.
Il risultato del voto dipenderà inevitabilmente da come le forze in campo costruiranno l’immaginario collettivo. E qui le variabili sono già calcolabili, adesso che le candidature sono state definite. Bardi è meno appetibile per gli elettori del centrodestra rispetto a quanto lo è Marrese per gli elettori di centrosinistra. Pietro Marrese (Pd), amministratore locale, ben voluto e stimato, ancora giovane, è anzi forse più attrattivo del già bravo primario Lacerenza che ha fatto un passo indietro. È poi di ieri la notizia che l’imprenditore Angelo Chiorazzo (Basilicata Casa comune) appoggerà Marrese. Il presidente della provincia ha il sostegno anche di altri giovani politici locali; ora l’incognita maggiore riguarda la tenuta di M5s.
Certo, nel Pd c’è il mal di pancia di qualche dirigente nazionale originario della Basilicata, che vede in Marrese un competitor futuro; ma la minaccia più seria deriva dallo spostamento di Marcello Pittella dal Pd ad Azione di Calenda, con la dichiarazione di quest’ultimo che sosterrebbe Bardi insieme a Renzi: mentre Gianni Pittella, ex vicepresidente vicario del parlamento europeo e oggi sindaco di Lauria, resterebbe con i dem. La domanda non allora quanti voti abbia Calenda in Basilicata, ma: quanti voti sono rimasti ai fratelli Pittella dopo tutte le giravolte che hanno fatto in politica?
Quest’ultimo aspetto, in ogni caso, non sembra lasciare aperto l’esito finale, perché anche se il consenso dell’ex presidente Pittella dovesse essere ancora al massimo – e così non è affatto –, non sarebbe tale da precludere al candidato Marrese la riuscita.
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