Chi sostituirà Fabio Panetta nel consiglio direttivo della Banca centrale europea quando ad ottobre tornerà in Italia per sostituire Ignazio Visco al vertice della Banca d’Italia? Lo sostituirà un altro esponente del direttorio della banca centrale italiana o un economista di estrazione più politica?
La domanda comincia a serpeggiare negli ambienti romani che contano, tra un avviso di garanzia, una denuncia per stupro e una polemica su un ministro indagato. Già: perché in Italia non si dice, in quanto il pensiero unico dominante non lo accetta, che la Bce sta acquisendo connotati sempre più politici e sempre meno asetticamente monetaristi.
E lo sta facendo su iniziativa dello Stato europeo che finora si è considerato, ed è stato oggettivamente considerato anche dagli altri, il punto di riferimento dell’istituto: la Germania.
L’attuale consigliera tedesca nell’esecutivo della Bce non è una banchiera centrale. Non è neanche una banchiera. Isabel Schnabel, membro tedesco di quel consiglio, ha rotto il tabù qualche mese fa. In un’esternazione sulla sostenibilità ambientale ha schierato la Bce su posizioni marcatamente “verdi” che non c’entrerebbero proprio niente con il mandato esclusivamente monetarista che i trattati europei assegnano alla Banca centrale.
Leggiamo qui: “In conformità al nostro mandato” ha dichiarato Schnabel “siamo pronti a intensificare ulteriormente i nostri sforzi per sostenere la lotta contro il cambiamento climatico, basandoci sul nostro piano di azione. Il nostro obiettivo a lungo termine è garantire che tutte le azioni di politica monetaria siano allineate agli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Ciò implica rendere più ecologiche le nostre detenzioni di obbligazioni, comprese quelle del settore pubblico, nonché le nostre operazioni di prestito e il quadro delle garanzie. Il ruolo ecologico della politica monetaria richiede modifiche strutturali al nostro quadro di politica monetafrancofria, piuttosto che semplici adeguamenti alla nostra funzione di risposta”.
Avete letto bene? Parla di un “ruolo ecologico della politica monetaria”, altro che controllo dei prezzi e stop. In sostanza, Schnabel annuncia che la Bce utilizzerà la leva monetaria per finanziare la politica ambientale in Europa, in linea con gli obiettivi della lotta al cambiamento climatico stabiliti dall’Accordo di Parigi del 2015. Che c’entra questa presa di posizione con il mandato statutario della Bce, che si limita al controllo dell’inflazione al 2% e non include altri obiettivi come la crescita economica e l’occupazione, che invece sono previsti nello statuto della Federal Reserve?
Ebbene: se i primi della classe (si far dire), i soliti tedeschi, esprimono al vertice della Bce una “Pierina” di questo genere, che addirittura butta la palla della banca centrale nel campo della politica industriale, tutto diventa possibile.
Del resto, le scelte della Bce “versione Lagarde” sull’inflazione e sui tassi sono state tardive: molto a lungo la Bce ha parlato dell’inflazione come Jonny Stecchino della mafia (“Il problema di Palemmo… è il ciaffico!”). Non la considerava, non esisteva, a sentirli. E poi hanno dovuto correre ai ripari, col risultato criticatissimo di frenare i prezzi poco e niente – i rincari “da offerta” dei valori energetici non sono certo sensibili al caro tassi, ma ai cannoni – e di far frenare la crescita. Per la serie: più cretini di così, è difficile.
In realtà, le banche centrali continuano a usare la sola leva dei tassi – uguale a se stessa da cento anni – in un mondo dove gli economisti più lucidi ormai mettono in discussione persino concetti-tabù come quello di Pil.
Inoculare dosi massicce di cultura politica nel vertice dell’istituto significherebbe porre le premesse di una riforma che da tempo ormai viene considerata indispensabile ed anche urgente. E in quest’ottica, il nuovo nome italiano potrebbe diventare una pedina cruciale per il futuro stesso dell’Europa. A patto però che l’Italia sia in grado di trovare una persona di standing. E questa è una porta rischiosa da aprire…
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