Mercoledì la Federal Reserve ha alzato i tassi di interesse dello 0,5%, il rialzo più alto degli ultimi 22 anni, e confermato la riduzione del bilancio relativamente ai titoli acquistati durante la fase di Qe. Come sottolinea Domenico Lombardi, economista ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, si tratta di decisioni che la banca centrale americana «aveva preannunciato con largo anticipo e che erano ampiamente scontate dai mercati».



Che però hanno reagito nell’immediato con rialzi importanti.

Hanno reagito quasi euforicamente perché il Presidente, con molta efficacia, ha escluso un ulteriore inasprimento della politica monetaria rispetto a quanto già annunciato. Nei giorni precedenti, infatti, era stato paventato che si potesse arrivare a un rialzo dei tassi addirittura di 75 punti base, alla luce degli ultimi dati sull’inflazione. Powell ha quindi mantenuto il corso di un inasprimento della politica monetaria, avviato dopo la sua riconferma alla guida della Fed a novembre e legato a una valutazione delle prospettive dell’economia americana che sono, tuttavia, completamente diverse da quelle dell’Eurozona. In particolare per quel che concerne il rialzo inflazionistico, negli Usa esso non è riconducibile al solo settore energetico, ma è collegato al complesso dei beni e servizi monitorati nel paniere che serve a misurare l’indice dei prezzi. Non solo, ma tali rialzi si sovrappongono, da tempo, a un surriscaldamento del mercato del lavoro che rischia di sospingere una spirale prezzi-salari che le autorità monetarie americane intendono, correttamente, stabilizzare.



Cosa significano le decisioni prese dalla Fed per la Bce?

La postura della Bce, a oggi, rimane distinta e diversa da quella della Fed. Basti pensare al fatto che mentre la banca centrale americana ridurrà la quantità di titoli acquistati presenti nel suo bilancio, quella europea ne reinvesterà il principal almeno sino al 2024 per quanto riguarda i titoli acquistati nell’ambito del programma Pepp e per un periodo esteso di tempo successivamente al primo rialzo dei tassi nel caso dei titoli acquistati sotto l’App. C’è tuttavia un condizionamento, per così dire, culturale proveniente dalla Fed, che tende a rafforzare le posizioni di quanti nell’ambito del Consiglio direttivo della Bce vogliono un’uscita più rapida dal Qe.



In effetti ancora in questi giorni abbiamo letto, da una parte, le dichiarazioni di Isabel Schnabel, secondo cui è possibile un aumento dei tassi già a luglio, e , dall’altra, quelle di Fabio Panetta secondo cui sarebbe “imprudente muoversi senza aver visto i dati del secondo trimestre”.

Credo sia importante avere presente due fattori. Il primo è che la Fed aumenterà i tassi in occasione di ogni riunione del Fomc e questo creerà un ulteriore condizionamento culturale su alcuni membri del Consiglio direttivo della Bce. Il secondo è che i mercati si aspettano, entro il 2023, un rialzo dei tassi di intervento della Banca centrale europea di circa 200 punti base. Dato che queste attese non sono mai state smentite dall’Eurotower bisogna concludere che probabilmente intende assecondarle. 

Se non la prossima riunione del Consiglio direttivo di giugno appare sicuramente decisiva quella di luglio.

Le recenti dichiarazioni del vicepresidente de Guindos, che non può essere etichettato come un falco, e di altri membri, come Schnabel, tendono ad acclarare lo scenario di un rialzo imminente dei tassi. A giugno saranno comunque rese note le nuove previsioni macroeconomiche della Bce e basterebbe un rialzo di pochissimi decimali della stima sull’inflazione di medio termine per giustificare un inasprimento della politica monetaria. Capisco Panetta che invoca maggiore prudenza, ma nel Consiglio direttivo sembra montare una pressione per assecondare in qualche modo un rialzo dei tassi già a partire da luglio. Probabilmente anche l’andamento della guerra, con un ulteriore razionamento di materie prime energetiche e alimentari, condizionerà i prossimi dati sull’inflazione, dando man forte a quanti vorranno vedervi un’ulteriore giustificazione per alzare i tassi.

Lo spread tra Btp e Bund, intanto, si è avvicinato ai 200 punti base.

Lo spread si è in questi ultimi tempi ampliato, anche se rimane su valori ancora fisiologici. Vorrei, però, evidenziare un fenomeno che mi pare stia rimanendo trascurato. Non è facile infatti trovare una spiegazione al fatto che i Tesori europei, tra cui quello italiano, non stiano emettendo la quantità di titoli che sarebbe logico aspettarsi, dato che il programma di acquisto non convenzionale App è ancora attivo e considerando che, come ben noto, finirà entro la prossima estate. Probabilmente ciò è da mettere in relazione con l’aspettativa di una qualche iniziativa europea straordinaria, da parte non della Bce, ma dell’Ue, nei prossimi mesi, soprattutto visto il perdurare del conflitto e della crisi geopolitica in atto. Altrimenti è un po’ difficile da spiegare questo atteggiamento che non pare molto logico.

In qualche modo Draghi, nel suo discorso al Parlamento europeo di martedì, ha più che sollecitato un intervento di questo tipo…

Sì. Probabilmente ci sarà un’azione congiunta di Italia e Francia, rispetto alla quale la Germania dovrà comunque essere sondata e nella quale dovrà riconoscersi. Bisognerà, però, prima attendere il risultato delle elezioni legislative francesi (in programma il 12 e il 19 giugno), in modo che a Macron sia consentita una maggiore libertà di azione.

Dobbiamo, quindi, aspettare il voto francese di giugno, oltre che il Consiglio direttivo della Bce di luglio, e potrebbe anche esserci nel frattempo una Legge di bilancio italiana anticipata. Uno snodo estivo cruciale per il nostro Paese.

Per quanto riguarda l’anticipo della Legge di bilancio, molto dipenderà dalla dinamica politica sottostante, che a oggi pare assai incerta. A livello europeo, invece, le stelle si stanno allineando per l’annuncio di un’eventuale iniziativa europea a fronte della crisi geopolitica e delle pesanti ripercussioni che questa sta avendo per le economie europee. Dell’imminente rialzo dei tassi da parte della Bce, poi, ne abbiamo già parlato. Sarà un’estate interessante, non sappiamo se ci sarà ancora la guerra in Ucraina o meno. Potrebbe perdurare con conseguenze sulle economie europee, in particolare quella italiana che sta entrando in una fase di sempre maggior affanno che potrebbe sfociare in una recessione tecnica, in assenza di interventi straordinari.

(Lorenzo Torrisi)

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