Mentre inizia la festa “Italia 5 Stelle” che si tiene oggi e domani a Napoli, i malumori nel Movimento restano evidenti. Paragone continua a criticare il governo, che ormai sappiamo chiaramente che neppure Di Maio voleva. Di Battista resta in silenzio, e a Napoli non si vedrà. A questi si aggiungono gli esclusi dal nuovo governo, in primis Barbara Lezzi, che accusa Di Maio perché contraria al patto civico col Pd alle regionali in Calabria di inizio 2020. Sulla Calabria litiga anche il centrodestra, con la Lega che si rifiuta di sostenere il candidato forzista Occhiuto, mettendo così in crisi l’asse regionale con Forza Italia e FdI. Ne abbiamo parlato con Paolo Becchi, filosofo del diritto ed editorialista di Libero. Secondo Becchi saranno proprio le prossime regionali, quelle in Umbria per il governo e quelle in Calabria per l’opposizione, la chiave per capire come evolveranno le alleanze.



Partiamo dalla kermesse che si terrà questo weekend a Napoli, Italia 5 Stelle. Quale sarà il clima?

Ci sarebbe da festeggiare, la riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari è stata un risultato eccezionale e gli altri si sono dovuti adeguare. In realtà non sarà una festa, perché i malumori interni sono notevoli. Non sono neanche riusciti a eleggere i capigruppo di Camera e Senato, una cosa che un tempo avveniva in streaming.



La Carta di Firenze, il documento dei 5 Stelle dissidenti, non ha la firma di nessun big del Movimento. E Di Maio, Fico, Conte e Beppe Grillo ci saranno. Basterà per calmare i malumori interni?

A Napoli non ci sarà un’espressione concreta di questo malessere, resterà nascosto, nessuno ha avuto il coraggio di uscire allo scoperto. Ma questo governo non ha l’entusiasmo che nei primi mesi aveva l’esperienza gialloverde. E Grillo andrà giusto a fare la comparsa.

Eppure Grillo è il primo che ha voluto un accordo col Pd. Non può sfilarsi adesso.

Infatti andrà a Napoli, ma solo perché altrimenti la sua assenza sarebbe notata. Deve esserci per sostenere Di Maio, che ha sostanzialmente sfiduciato quest’estate, quando gli ha imposto l’accordo col Pd. Se poi Di Maio perde l’Umbria prende un’altra batosta, perché è stato lui ad aprire ad accordi con altre forze politiche a livello regionale. Grillo poi non ha valutato un punto: l’accordo alla fine non l’ha fatto con Zingaretti, ma con Renzi.



Lo stesso Grillo disse, nel suo editoriale del 12 agosto, di non voler mai fare un accordo con Renzi. Ora se lo ritrova partner di governo.

È così. Renzi lo ha fregato, è stato un genio delle manovre di palazzo. Tra l’altro nel quesito sottoposto agli iscritti a Rousseau si parla solo di far partire un governo col Pd, e invece ora senza Renzi questo governo cade. Non è un accordo a due, sono in quattro: ci sono anche Renzi e Leu. Gianroberto Casaleggio diceva sempre: “Per noi è importante essere credibili”. E invece ora gli è toccato un accordo con chi finora hanno mandato all’inferno.

I 5 Stelle rischiano di essere inglobati dal Pd in un nuovo centrosinistra?

Non è un rischio, è già avvenuto: il nuovo centrosinistra avrà il Pd come perno, Leu sarà un partitino di sinistra su temi sociali, i 5 Stelle una sinistra ecologista mentre Renzi rappresenterà la parte liberal.

Un quinto dei parlamentari grillini non avrebbero ancora versato la loro quota all’associazione Rousseau.

È plausibile. Se ci sarà qualche dissidente che non paga, sarà l’occasione per farlo fuori, ma solo alla Camera. Al Senato non possono permettersi di cacciare nessuno, lì hanno numeri troppo risicati.

La Lega ha depositato un’interrogazione in Parlamento dove si accusa Conte di conflitto di influenze. Non è la prima volta che si parla di un passato oscuro del premier, che sembra aver goduto di numerosi appoggi. Cosa ne pensa?

L’interrogazione della Lega non morde, riprende gli stessi punti usciti due anni fa sui giornali. È sulla carriera di Conte che bisogna fare chiarezza: è diventato professore in tre anni e mezzo, una cosa che nemmeno Piero Schlesinger. Non ha un articolo sulla Rivista di diritto civile, e tutti sanno che un “privatista” per diventare ordinario deve almeno pubblicarvi un articolo; non fai una carriera così fulminante senza 4-5 articoli su quelli rivista, e devono essere geniali. Invece non c’è neanche un articolo; mi pare che abbia pubblicato un solo libro.

Salvini a livello nazionale è a un bivio: tornare o no con Berlusconi?

Anche se in Umbria c’è una sua candidata, le elezioni importanti per lui saranno quelle in Calabria. Salvini è stato a Cosenza a dire non che non andrà mai con Occhiuto, se ora fa marcia indietro e fa l’accordo di centrodestra anche lì perderà voti. Fare l’accordo in Umbria è giusto, ma a livello nazionale Forza Italia è esaurita e in Calabria l’asse del centrodestra regionale potrebbe spaccarsi del tutto. A livello nazionale Salvini aspetta la legge elettorale prima di decidere con chi allearsi.

In più Salvini in questa fase rischia di finire fuori dai riflettori: la manovra non lo riguarda e quindi non si interfaccia con le parti sociali. In più con l’inverno gli sbarchi diminuiranno, togliendogli un’arma di propaganda.

Salvini infatti continua il buon lavoro sui social e pattuglia la televisione, anche se accettare il confronto tv con Renzi è stato un errore, perché così facendo lo legittima. Renzi va combattuto solo nelle urne. Quello che rimprovero a Salvini è che non si sa cosa vuol fare dell’Italia, non ha una visione: da una parte crede ancora nella Lega nazionale, dall’altra forse lascerà le regionali in Puglia a un candidato della Meloni e quelle in Calabria a uno di FI. Vive alla giornata, di tattiche. Ma di tattiche si può anche morire.

Qual è il rischio maggiore che corre Salvini?

La legge elettorale. Col maggioritario a doppio turno Salvini fa la fine della Le Pen. Chi al primo turno vota Pd o 5 Stelle, al secondo turno contro un leghista voterebbe il candidato tra i due che passa. E la Lega al secondo turno non avrebbe abbastanza voti per batterlo. Le persone più intelligenti del Pd l’hanno capito e ci stanno lavorando: sarebbe la fine politica di Salvini.

(Lucio Valentini)