È uno scacco matto con la fine della partita dilazionata di tre anni. Il Parlamento a tre spicchi scodellato dagli elettori nei due emicicli di Camera e Senato il 4 marzo 2018 è come una trappola per topi. Non si può tornare votare anticipatamente perché tutti hanno più paura di perdere che speranza di vincere. Si devono aspettare tre anni prima di votare, inframmezzati da un rinnovo della presidenza della Repubblica, in un surreale tempo politico sospeso.
Il voto del 2018 rendeva possibili solo due maggioranze, entrambe assurde. Giallo-verde, rosso-verde. La prima si è infranta nell’agosto scorso dopo il cambio di alleanze europeo voluto dal presidente del Consiglio e da M5s, seguito in agosto dalla spallata di Matteo Salvini. La seconda procede per mancanza di spalle. Ma è il procedere di un pupazzo di mollica. Può sbriciolarsi a ogni passo, la tiene insieme solo la paura di perdere i vantaggi che comunque il potere regala. Dissentono su tutto, si attaccano, si criticano: anche umanamente si direbbe che si schifino reciprocamente.
Eppure, attenzione: il potere i suoi vantaggi li regala a chi lo detiene, per quanto precario sia; non a chi sostiene i detentori veri del potere. E dunque oggi al governo l’unico che, paradossalmente, un po’ di potere ce l’ha e se ne giova è il premier: Giuseppe Conte, l’ignoto avvocato degli italiani che due anni fa conoscemmo chiedendoci tutti: “Ma questo, chi è?”.
Il Conte 1 lo aveva segregato nell’ombra, mentre i suoi due vice, Gigino di Maio e Matteo Salvini, stavano ogni giorno sotto i riflettori. Sembrava un segretario più che un premier. Il Conte 2 ha ribaltato i rapporti di forza e soprattutto di visibilità. Nessun vice; un sottosegretario perbene come Riccardo Fraccaro, grillino atipico e laconico, anziché il visibilissimo Giorgetti che c’era prima; e poi un gruppo di ministri da 6-, con il non classificabile Di Maio confinato nel surreale ruolo di ministro degli Esteri. Pensiamoci e rabbrividiamo: uno così che rappresenta l’Italia nel mondo!
Mediaticamente tutto lo spazio è suo, è del premier. E le possibili minime migliorie del quadro drammatico in cui viviamo potrebbero essergli miracolosamente accreditate dalla storia.
Si fa l’accordo franco-tedesco su 500 miliardi di prestiti europei mutualizzati? Ebbene, l’Italia che si trovava a passare lì praticamente per caso, senza il benché minimo potere contrattuale, si trova a giovarsene nei fatti e Conte può atteggiarsi a mosca cocchiera di un’intesa passatagli migliaia di miglia sopra la testa: eppure a noialtri del popolo sarà così che sembrerà.
La pandemia perde virulenza, come ormai sembra, per grazia di Dio? E a noialtri del popolo non potrà che sembrare anche merito suo, di Conte, con le sue esortazioni da buon padre di famiglia con le sue task-force dell’ovvio, con le sue litigate con governatori regionali che in alcuni casi gli hanno fatto dei meravigliosi assist inanellando gaffe paradossali.
I poteri forti, o presunti tali, sanno perfettamente che questa maggioranza coriandolizzata non va da nessuna parte e non potrà mai prendere decisioni serie. Ma perché e in che modo potrebbe indurne il cambiamento?
Le elezioni anticipate? Significherebbero bloccare perfino l’ordinaria amministrazione per tre mesi col rischio di ritrovarsi, grazie alla legge elettorale peggiore di sempre, con un nuovo parlamento ingovernabile.
E allora quale altra maggioranza potrebbe nascere entro l’attuale perimetro? Un inverosimile sinistra-centro che sostituisse, al fianco del Pd con Leu e Renzi, l’Hellzapoppin’ grillino con Forza Italia, Gruppo misto e profughi della Lega? Capirai: al confronto l’Armata Brancaleone sembrerebbe un reggimento di Cadetti di Guascogna.
Certo, se un fattore esterno dirompesse come accadde nell’autunno del 2011 contro il presidente del Consiglio erotomane dell’epoca, il discorso potrebbe essere diverso e, certo, se il fattore esterno fosse una nuova ingestibile crisi finanziaria, l’uomo capace di coagulare almeno per un po’ i consensi necessari perfino in questo deprimente Parlamento ci sarebbe e sarebbe Mario Draghi. Ma all’Europa, a quest’Europa franco-tedesca, un’Italia sotto scacco fa comodo, e l’Italia che per finanziarsi ha disperato bisogno di Mes e/o di Recovery Fund è l’Italia migliore possibile, come la è per Trump purché a guidarla rimanga il garbato e felpato Giuseppi, che si direbbe aver ormai imparato anche a non fidarsi della Cina e a non seguire nel delirio mandarino il suo inverosimile ministro degli Esteri.
E dunque la nave di Conte va. E intanto qualcuno, laggiù nella riservatezza della stiva, prepara le carte e le alleanze per il futuro partito del premier, qualcosa a metà tra la vecchia democrazia cristiana e il nuovo partito del benessere, come la cabina di regia di Palazzo Chigi che Conte ha voluto e che riporta a lui.