Il consigliere diplomatico Pietro Benassi entra nel salotto al primo piano di palazzo Chigi e annuncia a Giuseppe Conte: “C’è la cancelliera Merkel al telefono”. Così termina la conversazione – ci informa il direttore della Repubblica Maurizio Molinari – la cui trascrizione occupa due pagine del quotidiano. Come direbbe un vecchio giornalista malizioso: la notizia sta in fondo. Chissà che cosa si saranno detti? I temi sul tavolo sono chiari: i grillini saboteranno la riforma del Mes? Il Governo potrà cadere per un’imboscata parlamentare? Che cosa conterrà il piano per la ripresa? Conte assicura che il Governo non cadrà, sul Mes tergiversa, almeno stando alle risposte date a Molinari. Ma moriamo dalla voglia di sapere se il capo del Governo giallo-rosso sarà riuscito a spiegare nei pochi minuti di una conversazione telefonica quel che non è stato in grado di comunicare nell’ora trascorsa con il direttore della Repubblica, cioè come l’Italia userà il Recovery fund.



Sappiamo che il piano italiano verrà guidato da una trojka: Conte, Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia, e Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo economico (Pd e M5S dunque saranno entrambi rappresentati); tuttavia nessun ministro verrà “espropriato”. Sappiamo che il triangolo politico si diramerà a sua volta in un direttorio tecnico composto da sei manager “esperti del settore”, uno per ogni linea guida (non è chiaro se provenienti dal privato o dallo Stato). Non sappiamo i loro nomi, domani il Governo varerà solo l’intelaiatura generale. Ogni manager sarà a capo di una complessa tecnostruttura alla quale faranno capo i 60 progetti selezionati. Il capo del Governo ha parlato di asili nido, scuole, ospedali, energia, logistica, porti, ecc. Quel che interessa, però, non è tanto la barocca costruzione burocratica, né la lista della spesa (anche se è una bella spesa, ci sono sulla carta ben 209 miliardi di euro). Quel che conta davvero è l’idea dell’Italia, conta capire se la “ruota quadrata”, come dice il Censis, che oggi non gira, diventerà rotonda.



Le risorse europee si possono spendere con una pioggia di provvedimenti di per sé anche importanti, ma incoerenti: sarebbe uno spreco colossale. Si possono distribuire a pioggia assecondando la “bonus economy” (ancora il Censis) che da provvisoria diventa permanente: sarebbe catastrofico perché affonderebbe il Paese in una palude fatta di debito e stagnazione. Il Governo italiano intende coprire con una parte delle risorse (i prestiti) le spese comunque necessarie (come gli asili nido o le strade, i ponti, le infrastrutture di base) e destinare gli stanziamenti a fondo perduto agli investimenti, secondo una politica dei due tempi che riproduce lo status quo ante e rinvia al secondo tempo le riforme.



Tanto per entrare nel merito, sarebbe stato un segnale di novità se Conte avesse detto che con il Recovery fund si finanza la riforma degli ammortizzatori sociali e una vera politica dell’impiego (assorbendo il fallimentare reddito di cittadinanza). O se una bella fetta di miliardi venisse impiegata per riconvertire l’industria manifatturiera, ammortizzando gli effetti sociali, ma sostenendo l’innovazione tecnologica; per digitalizzare la sanità; per creare un campione nazionale della farmaceutica. E così via. In sostanza, se fosse evidente che il Governo non vuole tenere a galla una barca in balia della tempesta, ma è in grado di riprendere in mano il timone e cambiare rotta.

La prossima settimana gli appuntamenti più importanti sono a Bruxelles (la riforma del Mes, il Consiglio europeo) e a Francoforte (il consiglio della Bce). Un Governo che tentenna e non ha le idee chiare su come vuole guidare il Paese e dove vuole condurlo, un Governo che di fronte alla seconda ondata della pandemia annaspa, vacilla e si perde in baruffe provinciali, quale ruolo può giocare? È davvero capace di diventare partner della Germania e della Francia in decisive partite strategiche, come il ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire ha proposto a Gualtieri?

La nostra è una domanda retorica. Incapaci di proporre una chiara agenda in patria e all’estero, continueremo ad alternare rancore e piagnisteo nei confronti dell’Unione europea. Mentre notizie tutt’altro che incoraggianti arrivano dall’economia americana alla ricerca di uno stimolo che il vuoto di potere ritarda, e dai mercati internazionali nei quali si sta spegnendo l’euforia da vaccini. Il tempo stringe e non gioca certo a nostro favore.