E adesso che la Corte costituzionale ha bocciato l’ammissibilità del referendum che chiedeva l’abolizione della quota proporzionale del Rosatellum, che cosa succederà? Si andrà dritti verso il proporzionale previsto nel Germanicum? Oppure potrà essere rispolverato il Mattarellum, come invocato da Salvini e dalla Lega? O ancora: i partiti in Parlamento potranno essere indotti a trovare un’ulteriore soluzione? E qualora si confermasse la scelta del proporzionale, che impatto avrebbe sul quadro politico, visto che stiamo andando verso un referendum sulla riforma costituzionale che prevede il taglio dei parlamentari? Ne abbiamo parlato con Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè e attento osservatore del panorama politico italiano.



Dopo lo stop della Consulta al referendum leghista, strada in discesa per il Germanicum?

Non è affatto detto. La piega che sta prendendo il dibattito sulla legge elettorale ricorda un po’ il calciomercato. Si cerca solo la configurazione per rendere vincente una squadra o l’altra. Ma non è questo il punto. Se dovessimo fare una classifica sull’importanza delle leggi, quella elettorale è senz’altro la più importante, perché dà forma alla rappresentanza e come tale necessiterebbe di una riflessione compiuta, visto che dal 1992 a oggi abbiamo messo mano già sei volte alle regole del gioco. E questo è un segnale di evidente immaturità politica.



In base a simulazioni, effettuate tenendo conto degli attuali sondaggi, in caso di ricorso al Germanicum il centrodestra vincerebbe a mani basse sia alla Camera che al Senato. Questo scenario potrebbe indurre i partiti in Parlamento a correggere il Germanicum oppure a rispolverare il Mattarellum o a trovare un’altra soluzione ancora?

L’eventuale vittoria del centrodestra, attualmente, non dipende dal sistema elettorale, visto l’ampio consenso di cui gode nei sondaggi. E anche un sistema proporzionale non può che fotografare questa situazione. Occorre però fare un passo indietro.

Per spiegare che cosa?



I sistemi elettorali non servono a migliorare il sistema politico; migliorano la funzionalità delle assemblee elettive. Invece tutto il dibattito si concentra sul fatto se un sistema elettorale sia più o meno capace di migliorare il sistema politico. Ma questo è determinato dalle persone, dalle idee, dai progetti. E il funzionamento delle assemblee è dato dai rapporti di forza. Ora, se serve il proporzionale o il maggioritario è difficile dirlo, ma quello che è sicuro è che nel momento in cui i rapporti di forza sono ampiamente a favore del centrodestra qualsiasi sistema che si metta in campo non può che fotografare questa situazione.

Il Germanicum, quindi, non aiuterebbe a migliorare la funzionalità di Camera e Senato?

Non farebbe altro che accentuare l’assetto parlamentare del nostro ordinamento senza migliorarne la funzionalità. Non dimentichiamoci che andiamo incontro a una riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari, senza nel contempo andare a intaccare il loro funzionamento. Rimarremo in presenza dello stesso numero di adempimenti che spettano a ciascun ramo del Parlamento e al ping-pong legislativo tra Camera e Senato, ma con un minor numero di parlamentari. È come se a parità di lavoro noi decidessimo di abbassare il numero di coloro che lo svolgono. Il Germanicum cambia solo la percezione del rapporto tra partito ed elettorato.

Che cosa intende dire?

Nel maggioritario è chiaro prima del voto con chi si vuole governare; il proporzionale invece lascia questo al momento successivo al voto. Cambierà, quindi, la comunicazione dei partiti, perché ciascuno cercherà di aumentare la propria quota di consenso, mitigando i rapporti di coalizione.

No della Consulta al maggioritario, scelta del sistema proporzionale da parte del governo giallo-rosso e referendum sul taglio dei parlamentari, che dovrebbe ottenere un plebiscito: questo mix rischia di terremotare, balcanizzare il quadro politico?

È l’innesco di un processo che inevitabilmente porterà a tensioni, a conflitti, a divisioni, a inasprimenti anche all’interno degli stessi partiti. Ma a rendere il quadro ancora più instabile è che al taglio dei parlamentari non ha fatto seguito una discussione seria su come dovranno poi funzionare Camera e Senato. Il rischio è che si produca un ingolfamento e un ulteriore allungamento di tutti gli iter parlamentari.

Come si può risolvere questo intoppo?

Bisognerebbe almeno intervenire a livello di regolamenti delle due Camere per rendere più agevoli alcuni passaggi.

Con la prospettiva di avere una legge elettorale proporzionale, Renzi potrebbe essere tentato di ritagliarsi ancora di più un ruolo da guastatore?

La tentazione di tutti sarà quella di portare acqua al proprio mulino. È lo “spirito” stesso del proporzionale: più o meno tutti contro tutti prima del voto per lasciare a dopo l’inevitabile geometria delle alleanze.

Subiranno fibrillazioni tutti i partiti?

Un po’ come nella Prima Repubblica, dove i tre grandi partiti si dividevano il consenso sociale, assisteremo a una spinta verso l’orizzontalità, cioè alla rappresentanza di una maggior gamma di proposte. Oggi ci sono tanti partiti verticali e il sistema proporzionale non li avvantaggia, anzi.

Pd e M5s subiranno nuove scissioni?

Probabilmente sì.

E nel centrodestra potremmo assistere a maggiori tensioni tra Salvini e Meloni?

In effetti c’è un’area di sovrapposizione che Lega e Fratelli d’Italia, soprattutto adesso che il partito della Meloni è in grande crescita, dovranno contendersi.

Si può dire che dal punto di vista della legge elettorale si torna alla Prima Repubblica, ma senza i partiti e la classe dirigente di allora? Con quali rischi?

Il sistema proporzionale richiede un livello di quadri dirigenti politici molto elevato. Servono partiti forti e ben organizzati, capaci di grandi e costanti elaborazioni politiche. È un punto che andrebbe molto approfondito. Il nostro invece è un sistema fragile, dove tutto è demandato a leadership individuali che trattano su tutto. E i sistemi proporzionali funzionano bene solo quando si dispone di una rete di membership adeguate alle leadership.

(Marco Biscella)