Dopo il doppio sì di Camera e Senato alla risoluzione della maggioranza sul Mes (fondo salva-Stati), il governo Conte 2 supera uno scoglio insidioso, ma le acque restano agitate, soprattutto in casa M5s. Il Movimento è in piena fase di smottamento, con 4 parlamentari che votano in dissenso e altri 4 con le valigie in mano. Cosa succederà adesso al governo, già alle prese con altri dossier scottanti, dalla manovra all’ex Ilva? E quanto è stato convincente il modo con cui il premier Conte ha difeso il Mes in Aula? “Conte – risponde Stefano Folli, editorialista di Repubblica – ha tenuto un discorso anti-leghista, ripetendo lo schema seguito in altri casi precedenti, a partire dal famoso intervento in Aula ad agosto durante la crisi. E lo ha fatto solo per compattare la maggioranza, ma le sue parole non sono così rilevanti nel merito: chi aveva dei dubbi sul Mes non si è certo fatto convincere da Conte. Possiamo però dire che i Cinquestelle hanno deciso di rinunciare alla loro retorica e ovviamente pagano un prezzo”.
Quale?
Tutto quel mondo che fa riferimento allo spirito originario dei Cinquestelle rimane deluso. Perdendo la loro retorica, guadagnano la possibilità di stare al governo, che è fondamentale per loro.
Sul Mes la linea della “logica di pacchetto”, cara a Conte e al governo, basta a garantirci rispetto ai rischi legati a un’adesione al fondo salva-Stati?
Non ho molta fiducia in questa classe dirigente. Per ora siamo nel campo di una retorica politica più o meno indovinata. La logica del pacchetto assomiglia più a un artificio verbale per far passare questa linea, giusta, dell’adesione al Mes. Però non bisogna farne una questione – diciamo così – lirica. Bisogna mantenere uno spirito critico per capire quali siano effettivamente i rischi per un Paese così gravato da problemi interni irrisolti, a partire dall’alto debito, come l’Italia. Tutto questo pesa senza dubbio sulla scelta.
Si parla di alcuni parlamentari M5s pronti ad aderire alla Lega. I Cinquestelle rappresentano un serio pericolo sulla strada dell’approvazione del Mes e su quella del governo?
Non bastano certo tre, quattro o cinque defezioni a far cadere il Conte 2 sul Mes. Sono convinto che questo governo regge appeso a un filo. Le convulsioni interne dei Cinquestelle sono la causa di questa precarietà, riguardo non solo alla vicenda del fondo salva-Stati, ma anche su altri nodi che stanno venendo al pettine. C’è un problema molto serio di stabilità del governo, che pure reggerà fino all’approvazione della legge di Bilancio. Il M5s è il vero pericolo per Conte, perché è in crisi profonda, si sta sfilacciando. E le sue convulsioni interne continueranno. Anche se molti Cinquestelle hanno la volontà di restare al governo.
In effetti il governo è fragile e bloccato su tanti dossier caldi, oltre al Mes: Ilva, Alitalia, giustizia, manovra… Eppure appare paradossalmente solido. Perché?
Non c’è una strategia per farlo cadere, specie da parte del Pd e tendenzialmente nemmeno dal M5s. Tuttavia è la classica situazione per cui la fragilità di fondo del governo, non legato da un cemento politico e unito al declino elettorale molto serio del M5s, si ripercuote sulla sua stabilità. Una maggioranza che sta perdendo il rapporto con l’opinione pubblica non può mantenersi solida al potere, prima o poi la forbice si chiude e si può risolvere con un incidente di percorso che determina una conseguenza politica.
Potrebbero essere le elezioni in Emilia-Romagna?
Potrebbe essere questo o un altro pretesto.
Quindi non esclude contraccolpi derivanti dai due prossimi voti regionali in Emilia-Romagna e in Calabria?
Dalla Calabria non penso che arriveranno scossoni. Quanto all’Emilia, se Bonaccini vincesse, perché ha un gradimento personale forte e quindi dovrebbe beneficiare del voto disgiunto, ma senza avere una maggioranza per governare la Regione, è come se avesse perso. Sarebbe una sconfitta mascherata. Con un contraccolpo sul governo nazionale, perché il Pd è unito nel sostegno al governo e lo stesso Conte mi sembra faccia più affidamento sul partito di Zingaretti che su quello di Di Maio. Ma se il Pd dovesse entrare in fibrillazione, oltre alle convulsioni dei Cinquestelle e alla situazione precaria della terza gamba, cioè Renzi, è difficile immaginare una durata nei prossimi mesi.
A proposito di Renzi, che fino a qualche settimana fa sembrava l’ago della bilancia del Conte 2: in questo frangente è ancora un “pericolo” per il governo o la magistratura lo tiene “bloccato” con l’inchiesta sulla fondazione Open?
Da un certo punto di vista l’inchiesta lo circoscrive, lo limita, ma dall’altro ho sempre pensato che, al di là dei fuochi d’artificio e dei suoi proclami, perché aveva bisogno di visibilità per potersi ingrandire sull’onda di un consenso crescente, al dunque aveva tutto l’interesse che la legislatura durasse. Lo diceva lui stesso: dobbiamo starci fino all’elezione del nuovo presidente della Repubblica.
E adesso?
Un po’ per l’inchiesta giudiziaria, un po’ per la perdita di consenso e per i sondaggi molto negativi, tutto questo destabilizza Italia viva, ne fa uno strumento che per sfuggire alle difficoltà crescenti potrebbe essere un altro degli elementi dirompenti per la maggioranza. Che interesse ha oggi Renzi a dare stabilità a questa maggioranza fino al 2022, se non ha speranze di guadagnare terreno sul piano del consenso e sulla sua testa pende la spada di Damocle delle inchieste?
Potremmo allora vedere un possibile asse Renzi-Salvini sul proporzionale per andare al voto dopo le elezioni in Emilia-Romagna?
È un’ipotesi.
Conte ha richiamato gli alleati giallorossi a un patto di legislatura da discutere e approvare a gennaio per rilanciare l’azione di governo. Che ne pensa?
Questa è un’operazione tutta del Pd. Renzi dubito che possa firmare un patto del genere e anche i Cinquestelle sono dilaniati, escono malissimo da questa storia del Mes. A parte il fatto che questi patti non valgono la carta su cui sono scritti.
Anche l’immagine di Conte ne uscirebbe fortemente ridimensionata?
Certo. A gennaio qualcosa vorrà portare a casa, fosse anche solo una dichiarazione d’intenti. Conte ha tutto l’interesse a guadagnare tempo, ma di sostanziale c’è ben poco.
Si va verso un’inversione di tendenza, un riflusso di consensi per la Lega e per Salvini?
L’espansione si è un po’ frenata, compensata in parte dalla crescita della Meloni. Mi pare che il centrodestra abbia raggiunto il suo vertice tra il 48-50%, che è comunque moltissimo. Oggi il messaggio di Salvini è un po’ ripetitivo, avrebbe bisogno di un fattore nuovo che possa ridargli quella spinta che al momento non ha. E dal punto di vista puramente mediatico le Sardine non lo aiutano, perché danno il senso che nel paese c’è qualcosa che si muove in direzione anti-leghista.
Il taglio delle tasse potrebbe essere la nuova parola d’ordine di Salvini per rilanciarsi?
Potrebbe, ma Salvini deve risultare convincente. Non può essere solo uno slogan, deve trasformarsi in un discorso politico compiuto.
(Marco Biscella)