Conte e Speranza in perenne riunione nella sede operativa della protezione civile, senza neppure una visita nelle zone colpite. Un decreto, il 6/2020, da “pieni poteri”. Un altro, quella per la zona rossa, con soldi veri pari a zero. Aumentano i paesi che adottano misure precauzionali verso l’Italia, mentre lo stop imposto all’economia del Nord avvicina rapidamente la recessione. Più passano i giorni, più il coronavirus diventa un problema politico. Non solo italiano, ma anche europeo. Antonio Pilati è stato commissario dell’Agcom e dell’Autorità Antitrust. Esperto di comunicazione e di economia della conoscenza, ha scritto articoli e saggi sulla crisi delle élites e il nuovo disordine politico. “A un certo punto tutti quanti faranno i loro conti. Europa compresa” dice al Sussidiario



Nella gestione del coronavirus il governo ha finora mostrato un’inadeguatezza senza precedenti: a cominciare dal decreto 6/2020. Che cosa sta succedendo?

Penso che ci sia stato un errore di comunicazione: la sovraesposizione del presidente del Consiglio ha contribuito a generare effetti di spavento. Lo spavento danneggia a sua volta l’attività economica. Detto questo non è che il governo stesse in piedi per miracolo. 



Che cosa intende dire?

Il governo era già gracile, stava e sta in piedi perché ci sono delle forze che lo sostengono. Una è la Cina, l’altra è il Vaticano, che oggi ha una politica molto orientata verso Pechino: per la prima volta la Chiesa cattolica ha una concreta pssibilità di entrare nel mondo cinese. Questo la porta ad appoggiare questo governo, che con la Cina ha costruito rapporti molto buoni.

Il Quirinale?

Ha un dovere di stabilità e anche una simpatia politica che lo ha portato a sostenere il Conte 2. 

Lo sta ancora facendo? Tra giovedì e venerdì si è parlato di un possibile governo istituzionale o di salute pubblica.



Non so se lo stia facendo. Quello che mi pare di capire è che se la politica del governo contribuisce ad amplificare lo spavento, questo crea problemi e spinge verso la recessione. 

Quindi?

A un certo punto tutti quanti faranno i loro conti. Europa compresa.

L’Unione Europea può permettersi che l’Italia crolli economicamente?

Se l’Italia ha un crollo verticale sono problemi per tutti. Per adesso la percezione generale è quella di un progressivo indebolimento. Credo che questa situazione non dispiaccia ai nostri partner. Da tempo l’Europa non è più una unione solidale.

Da quando secondo lei?

Dalla crisi dei debiti sovrani, nel 2010. Il culmine si è toccato nel 2015: la crisi della Grecia ha mostrato plasticamente che gli interessi delle banche valgono più della solidarietà con un popolo finito in povertà.

Che cos’è oggi l’Unione?

Un’arena in cui ciascun paese gioca la sua partita nazionale, senza nessuna remora a trarre vantaggio dai problemi del vicino. L’Italia è un esempio lampante: i paesi egemoni non esitano ad approfittare del nostro declino, per strapparci asset e fette di mercato.

Ma dove può andare un’Europa ridotta ad arena in cui tutti si scontrano?

È questo il punto. La crisi dell’architettura europea sta provocando un effetto imprevisto, mandando in crisi, a loro volta, i sistemi politici nazionali. Se andiamo a vedere, i quattro principali paesi europei – Francia, Germania, Spagna e Italia – hanno tutti un sistema politico in grave turbolenza. Se aggiungiamo la Brexit, si vede che aver trasformato la costruzione europea in uno scontro tra nazioni fa male ai sistemi politici.

Non è una visione troppo forte?

Diciamo allora un recinto in cui si gioca a massimizzare il proprio tornaconto utilizzando le regole e gli strumenti dell’Unione. Ma la realtà è quella del conflitto.

E l’Italia?

L’Italia in questo gioco è perdente, perché non ha la spregiudicatezza e la disinvoltura degli altri. Però ha ancora ottimi asset economici. Fintanto che è così, il gioco può continuare, e gli altri approfittare della nostra debolezza e inettitudine.

Allora questo governo è quanto di meglio i paesi europei egemoni possano desiderare.

È un fatto che nell’agosto 2019 il governo Conte 2 è nato per il concorso di diversi fattori, trai quali la pressione di alcuni paesi europei e della stessa Ue. 

È stato Conte il regista dell’operazione che ha portato M5s a votare von der Leyen e a rompere la maggioranza di governo?

L’attuale premier non è un regista. È stato individuato come un buon punto di mediazione perché nei consessi europei si è dimostrato molto flessibile. 

È possibile che il governo Conte-Pd-M5s voglia far pagare il prezzo politico ed economico del coronavirus al Nord del paese?

Non vorrei attribuire a un disegno cose che capitano sull’onda degli eventi. Penso che ci sia stata prima un’enfasi eccessiva sui pericoli e poi una sottovalutazione degli effetti economici. Questa catena di errori è andata a colpire le Regioni del Nord. Ma mi sembrerebbe pazzo un governo che consapevolmente decide di danneggiare le Regioni che fanno il 40% del Pil.

Ma che sono politicamente nemiche. 

Sì, ma se il nemico politico fa la gran parte del Pil del tuo paese, se fermi tutto e il Pil crolla, sotto le macerie ci rimani anche tu. 

L’ironia della politica fa sì che con i nuovi decreti in materia di emergenza Conte si ritrovi depositario dei “pieni poteri” che Repubblica, Pd e M5s rimproveravano a Salvini di volere. 

La polemica sui pieni poteri mi sembra retorica politica. C’è un assetto costituzionale che tiene e nessuno mi pare abbia fantasie dittatoriali. La richiesta di un governo che funzioni e prenda decisioni rapide è cosa ben diversa dai pieni poteri.

Le Borse continuano a perdere. Lo spread potrebbe salire, aggravando la situazione del nostro debito. Le ricorda qualcosa?

È in corso un’evidente caduta di molti settori economici. È probabile che il Pil del primo trimestre 2020 sia gravemente negativo. In queste condizioni occorre avere lucidità e coesione per poter raddrizzare la situazione. Non è certo che il governo attuale sia in grado di farlo.

Nel frattempo siamo in emergenza e ci resteremo. Il coronavirus aiuterà il governo a rimanere a Palazzo Chigi?

Farei una distinzione, separando la contingenza globale più ampia da quella a breve termine del coronavirus italiano. Nel momento in cui quest’ultima dovesse finire, si faranno i conti e le responsabilità di ciascuno emergeranno. Non è detto che questo giochi a favore del governo. A breve potremmo avere certi sviluppi, a medio lungo termine potremmo averne altri.

Siamo la prossima Grecia?

L’Italia non è la Grecia, ha una struttura economica più forte. Però ci siamo molto indeboliti. Più la nostra debolezza aumenta, più diventeremo oggetto di politiche fatte da altri. La Grecia era arrivata a un “punto zero” in cui le banche non avevano più fondi e quindi è stata commissariata. Non credo che l’Italia arriverà a questo punto.

In concreto?

Assisteremo a una crescente pressione da parte dei nostri partner per fare cose che alla maggioranza del popolo italiano non piacciono. 

Ci faccia immaginare. Una patrimoniale?

In effetti, per farla non occorre commissariare un paese. Se la intesta il governo in carica.

(Federico Ferraù)

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