La nuova Europa, dopo il voto di fine maggio, prende sempre più forma. Dopo Ursula Von der Leyen alla presidenza della Commissione, Charles Michel a quella del Consiglio europeo, Josep Borrell come Alto rappresentante per la politica estera e Christine Lagarde al timone della Bce alla scadenza del mandato di Mario Draghi, ieri è stato votato anche il Presidente del Parlamento europeo, l’italiano David Sassoli. «C’è una svolta che gran parte dei giornali non hanno colto in queste nomine», ci dice Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.



E quale sarebbe questa svolta?

È finito il direttorio franco-tedesco dell’Europa. La Francia, infatti, nella Commissione, nel Consiglio e nel Parlamento non c’è più. Macron, nella situazione di debolezza in cui si è trovato, ha portato a casa una cosa che gli interessava: il controllo finanziario della Bce ai fini francesi. È noto che l’inquilino dell’Eliseo non è espressione per così dire del partito liberale, ma dell’alleanza con le grandi istituzioni finanziarie francesi, che sono sia banche, sia grandi conglomerati. E alla guida della Bce andrà una sua concittadina notoriamente esponente dell’affarismo finanziario.



Dunque, finito il direttorio è aumentata l’egemonia tedesca?

La Presidente della Commissione è un’esponente importante della Cdu e si è rafforzata l’egemonia dei tedeschi che ora potranno giocare su tavoli in cui si sono circondati di alleati, più o meno deboli, con cui riusciranno a controllare la situazione. Basti pensare al fatto che lo spagnolo Josep Borrell è diventato Mr Pesc. La Germania ha già quindi trovato il modo con cui comandare in Europa.

Secondo lei come sarà questa nuova Europa?

Christine Lagarde seguirà la teoria della moneta facile. Chiunque può infatti capire che se qualcuno è amico delle multinazionali che fanno affari coi soldi della finanza, più gliene si danno, più affari fanno. La teoria della easy money alla Draghi verrà quindi mantenuta e in qualche modo rafforzata. Tuttavia la contropartita di una politica monetaria così spinta non potrà che essere una politica fiscale severa. E poi la Lagarde non è stata tenera con la Grecia. Se a ciò aggiungiamo gli istinti predatori delle multinazionali finanziarie francesi, le prospettive per i paesi come l’Italia non appaiono rosee. La politica fiscale severa tenderà a far scattare, appena possibile, la procedura d’infrazione.



Ha descritto una politica che va incontro alle esigenze francesi. La Germania lascerà fare?

La politica monetaria che abbiamo a livello europeo continuerà, con un atteggiamento della Bce propenso alla durezza. La Germania non ha alcun interesse a lasciar scatenare i francesi, ma le fa comodo avere una politica monetaria permissiva, visti anche i guai di Deutsche Bank. Tuttavia non ha alcun desiderio che i francesi vadano a erodere delle aree economiche nelle quali ha interessi per fare alleanze operative e non distruttive. Se avvertiranno questo rischio, sicuramente i tedeschi interverranno.

Tutto questo cosa vuol dire per l’Italia?

Io vedo spazio per una politica fiscale comune basata sulle grandi opere o per altre iniziative fiscali comuni europee che accrescono la produttività. Si potrebbe anche cercare di dare al Fiscal compact dei contenuti meno formali e più sostanziali di una politica fiscale europea, però sempre tenendo in ordine i nostri conti. Dovremo insomma cercare di stare intorno o sotto il 2% di deficit/Pil e in questo modo ridurre il debito pubblico. Se l’Italia discuterà seriamente di contenuti riuscirà a far trovare spazio per gli investimenti infrastrutturali. Il problema è che il Governo non sembra voler percorrere questa strada. Dovrà quindi cambiare linea se vorrà ottenere qualcosa.

L’Italia ha ottenuto la presidenza del Parlamento europeo e dovrebbe avere anche un commissario economico di prestigio, si dice quella alla Concorrenza. Cosa ne pensa?

Per quanto riguarda il Presidente del Parlamento europeo, mentre con Tajani avevamo un italiano che faceva parte del partito di maggioranza che controllava l’Ue, con Sassoli abbiamo un italiano espressione della minoranza. Quindi qualcuno che negozia spazi di potere per il partito sconfitto per concedere a chi comanda di poter operare. Di fatto qualcuno che fa non tanto gli interessi italiani, quanto quelli di sopravvivenza di un gruppo minoritario.

E del probabile posto per il commissario alla Concorrenza?

Il problema vero non sta nel posto, ma nella persona che si sceglie per occuparlo. Perché è una carica molto importante e delicata, dove occorre essere esperti di tecnicismi. Non dimentichiamo la decisione presa sul caso Tercas che ha bloccato la possibilità di salvare le banche italiane con il Fitd e che è stata poi bocciata dalla Corte di giustizia europea. Quindi se ci verrà data quella carica, di fatto ci verrà dato il compito più difficile e spinoso che si possa avere, nel quale conta la tecnica. Bisogna scegliere bene la persona. E non vedo molti candidati adatti tra gli esponenti della maggioranza.

(Lorenzo Torrisi)