L’Italia è finita in una palude melmosa chiamata stagnazione e da lì non riesce a uscire. Il dato del prodotto lordo nel quarto trimestre dello scorso anno è particolarmente negativo; il calo (-0,3%) era inatteso, ma non è che le cose sarebbero cambiate radicalmente se fosse stato zero o anche +0,3%. Le previsioni del Fondo monetario internazionale, del resto, dicono che l’Italia resterà nei prossimi due anni nella fascia vischiosa dei decimali di punto e da lì non si muoverà. Sono ormai otto trimestri che il Pil è inchiodato al pavimento e negli ultimi tre ha persino perduto terreno.



L’Italia è il paziente zero dell’economia europea: anche se il treno della congiuntura è lento per tutti, a cominciare dalla locomotiva tedesca, l’Italia rimane il vagone di coda. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri si aspetta un “rimbalzo” nel primo trimestre di quest’anno, ma nonostante l’ottimismo della sua volontà si parte con un handicap; per risalire in territorio positivo ci vorrà un vero salto in avanti e non si vede da che cosa potrebbe essere provocato. Anzi, gli effetti del coronavirus saranno significativi, forse persino pesanti, non solo sul turismo, ma anche sulla produzione perché la catena del valore che arriva in Cina passa per la Germania, ma parte anche e in modo consistente dall’Italia del nord.



Nell’ultimo trimestre del 2019 si è fermata l’industria manifatturiera che aveva tirato in tutti questi anni, consentendo all’Italia una ripresa non esaltante, ma comunque significativa nel biennio 2016-2018, con punte dell’1,7% in più nell’ultimo trimestre del 2017. Se si guarda alla curva del Pil si vede che la discesa cominciata nell’inverno di due anni fa diventa addirittura precipitosa dopo le elezioni politiche e la crescita diventa negativa nell’autunno 2018. Da allora c’è una risalita lentissima attorno a zero virgola, appunto, fino allo scivolone (sperando che resti tale) di fine 2019. Altro che sblocca Italia, il governo giallo-verde l’ha bloccata e questo è un dato di fatto, mentre il governo giallo-rosso non è riuscito a rimetterla in moto, anzi.



Il dato statistico nasconde in realtà comportamenti sociali, aspettative, aspirazioni, speranze e delusioni. L’instabilità politica e la guerriglia contro l’Unione Europea da parte del governo giallo-verde ha provocato come sappiamo quella brusca impennata dello spread che ha pesato sulla borsa, sulle banche, sullo stato d’animo di chi lavora e fa affari. C’è voluto molto per riprendersi e a quanto pare non tutti ci sono ancora riusciti. Il Conte bis ha stemperato le tensioni sui mercati finanziari, ma non ha portato stabilità politica, tanto meno nel medio periodo, nonostante tutte le assicurazioni verbali sulla durata della legislatura fino al 2023.

Questo induce senza dubbio alla massima prudenza, a non rischiare, a tenere i soldi in banca, inerti e infruttiferi persino, come dimostrano i dati sui depositi. Gli investimenti privati che erano stati spinti in alto (fino al 10% in più in alcuni settori) dagli incentivi dei governi Renzi e Gentiloni ora sono in lista d’attesa. Quanto agli investimenti pubblici sono fermi e così resteranno. Non sembra che il governo attuale abbia fatto nulla per cambiare davvero direzione.

Il pasticcio sulla revoca della concessioni autostradali al gruppo Benetton (oggi si fa, domani no, il Pd cerca un compromesso, i 5 Stelle battono i tamburi e così via), l’incredibile atteggiamento sull’Ilva (la sorte dell’acciaieria è legata non solo alle paturnie grilline, ma anche alle prossime elezioni regionali con il governatore uscente Emiliano che getta benzina nell’altoforno), la catastrofe Alitalia: bastano questi tre esempi a mettere in allarme chiunque abbia voglia di rimboccarsi le maniche e di uscire dalla palude.

Se guardiamo poi non al prodotto, ma alla distribuzione del reddito, vediamo che hanno fatto fallimento i due provvedimenti chiave del governo giallo-verde: il reddito di cittadinanza che non ha portato nessun disoccupato in meno (il tasso di disoccupazione resta ancorato al 9,8%) e quota 100 che ha contribuito a rendere ancor più confuso e instabile il sistema pensionistico. Il governo giallo-rosso ha varato una riduzione del cuneo fiscale e un aumento del bonus Renzi da 80 a 100 euro, ma l’entità totale resta modesta. Dunque, mentre dal lato dell’offerta come abbiamo visto non ci sono spinte all’economia, resta fiacca anche la domanda interna, mentre quella estera ha rallentato bruscamente.

Speriamo che la crisi da coronavirus sia passeggera, che il commercio internazionale riparta alla grande, che la potente macchina tedesca rimetta in moto il motore, che Donald Trump impegnato a riconquistarsi la Casa Bianca stipuli una tregua nella guerra dei dazi e così via. Non si finisce mai di sperare. Ma se guardiamo da vicino alla politica economica, più che speranze, son delusioni. Se poi ci vogliamo fare del male fino in fondo e prendere in esame la politica nuda e cruda, le cose peggiorano persino.

La vittoria in Emilia-Romagna ha galvanizzato il Pd, ma lo sfarinamento dei 5 Stelle rende incerta la tenuta del governo. Non sono all’orizzonte elezioni anticipate, non prima del referendum sulla riduzione dei parlamentari. Tuttavia si vota il 29 marzo, quindi sulla carta c’è tutto il tempo per far precipitare una crisi e andare al voto prima dell’estate. Probabilmente non accadrà, tuttavia questa spada che pende sulla testa di Conte, novello Damocle, spinge il governo ad essere ancor più incerto e prudente, mentre la situazione economica dovrebbe spingerlo verso decisioni nette e coraggiose. Il vero rimbalzo dovrebbe venire non dalla statistica, ma dalla politica. Ma proprio la politica è il fattore che oggi inchioda l’Italia alla crescita zero.

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