Cosa succederebbe se le nazioni che pur hanno siglato il trattato di Parigi (2015) sulla riduzione delle emissioni che creano un effetto serra, cioè di riscaldamento, nel pianeta non riuscissero a farlo in quantità e/o tempi utili per evitare l’innalzamento del livello del mare causato dallo scioglimento dei ghiacci con conseguenze di impraticabilità dei territori per circa il 70% della popolazione mondiale che vive in zone costiere?
Chi scrive sta lavorando con altri ricercatori su uno scenario economico nel caso si realizzasse questa eventualità: sarebbe una catastrofe. Il nordest italiano sarebbe tra le aree più devastate del pianeta. Lo studio è stato attivato perché i dati più recenti mostrano una decrescente probabilità che si riesca a ridurre le emissioni entro il 2030-50 allo scopo di contenere l’aumento della temperatura media del pianeta entro un grado e mezzo, nel 2100, il cui impatto fisico sarebbe gestibile.
Solo l’Ue sta cercando di rispettare gli accordi anti gas serra, ma con difficoltà per la frizione tra ecostandard e attività produttive, il resto del mondo più lento o indifferente. Pertanto è crescente il rischio che la temperatura aumenti tra i 2 e 4 gradi in un secolo, ma con fenomeni visibili molto prima, tra cui l’incremento di intensità dei fenomeni atmosferici vista la maggior quantità di vapore acqueo nell’atmosfera.
Per questo stanno aumentando i casi dove amministrazioni regionali e comunali di tante nazioni, e nazioni stesse in consorzio come i Paesi nordici, predispongono piani di “ecoadattamento” alla (possibile) nuova situazione climatica e territoriale futura non credendo, o non del tutto, all’efficacia del taglio delle emissioni e prendendo precauzioni. Tale scelta – continuare nei tagli delle emissioni, ma preparare grandi opere che riducano gli impatti nel caso peggiore – appare quella più razionale.
Infatti, se si inserisce nelle simulazioni una difesa del territorio dalla penetrazione del mare, considerando che il problema si sviluppa in decenni e che la soluzione può essere calibrata in base a dati evolutivi, è molto elevata la probabilità di evitare disastri. I costi per le difese territoriali sono spalmabili nel tempo e trasformabili in investimenti per una modernizzazione infrastrutturale.
In conclusione l’ecoproblema economico è enorme se ci si affida alla sola strategia del taglio delle emissioni. È risolvibile, invece, se questa viene integrata con quella di ecoadattamento.