La terza dose? Può esporre i soggetti a un aumento significativo degli effetti collaterali. Il vaccino ai bambini? Provoca un aumento delle reazioni avverse pari a mille volte rispetto agli ultimi decenni? Il vaccino salva o uccide? Si sono verificati attacchi di cuore 71 volte più frequenti a seguito di questi vaccini rispetto a qualsiasi altro vaccino, tanto che si può dire che le iniezioni stiano uccidendo più persone di quante ne salvano. Le tre affermazioni non sono teorie no vax o complottiste, ma dati riportati, e pubblicamente illustrati, da diversi scienziati nel corso di una lunga riunione presso la Commissione consultiva della Food and Drug Administration, l’agenzia del farmaco statunitense.



Dati ritenuti scientificamente probanti, tanto da indurre la Fda a dire no alla proposta del presidente Biden di inoculare la terza dose a tutta la popolazione. Che cosa controbattono i fautori della vaccinazione? Ne abbiamo parlato con il professor Fabrizio Pregliasco, ricercatore del Dipartimento di scienze biomediche per la salute dell’Università di Milano e direttore sanitario dell’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano.



Partiamo dalla campagna vaccinale. È stata un successo come dice il coordinatore del Cts, Franco Locatelli?

La campagna vaccinale, partita come un diesel, anche per le difficoltà a poter disporre di sufficienti dosi di vaccino, non solo in Italia, è stata poi organizzata e condotta meglio che in altri paesi, grazie anche alla scelta degli hub vaccinali e della capacità di arrivare più capillarmente sul territorio. I dati di copertura vaccinale sono più che buoni.

E il green pass obbligatorio?

Credo che la scelta del certificato vaccinale, pur con tutte le tristezze, contestazioni, dubbi e recriminazioni che ne conseguono, abbia concorso al raggiungimento di questo buon risultato vaccinale.



Strategia italiana dunque promossa, secondo lei?

È vero che non c’è un “manuale di gestione” per questa pandemia, visto che è la prima volta che si deve far fronte a un’emergenza su così vasta scala, ma a tutt’oggi mi sento di poter dire che l’approccio prudente dell’Italia ci ha permesso di essere in una situazione non così negativa rispetto a quella di altre nazioni più “temerarie”. Credo che questa prudenza possa pagare anche in futuro.

Perché?

Perché la pandemia avanza a onde concentriche, come quando si getta un sasso in uno stagno. Abbiamo superato quelle più brutte, ma dobbiamo aspettarcene tante altre. Con un dato di fatto: i vaccini stanno facendo la differenza. In Italia si vede la macroscopica, oggettiva efficacia del vaccino.

Luca Ricolfi ha però definito i vaccini “leaky”, imperfetti, perché le varianti li bucano…

È vero che la variante Delta può bucare i vaccini per quanto riguarda la possibilità di essere infetti, tenendo tuttavia presente che in tal caso l’infezione resta comunque lieve, però i vaccini garantiscono elevata protezione dalle forme più gravi della malattia. Ed è giusto ricordare che i vaccini sono stati registrati e autorizzati per assolvere a questa funzione.

I vaccini, in effetti, aiutano a evitare le patologie più gravi, ma non mancano le segnalazioni di effetti collaterali più o meno avversi. A tal proposito, che cosa ci dicono i dati della farmacovigilanza?

Su 6 miliardi e rotti di dose inoculate nel mondo non si sono registrati casi avversi tali da mettere in forse la sicurezza dei vaccini.

E in Italia?

C’è lo stesso profilo di buona sicurezza registrato su 80 milioni di dosi somministrate. Inoltre abbiamo una farmacovigilanza più attenta, spontanea e sistematica del normale. Vorrei avere la stessa farmacovigilanza anche per i farmaci…

Ci sono tuttavia non pochi medici che parlano di effetti collaterali diffusi ma sottaciuti, in parte per eccessiva burocrazia nel rilevarli e comunicarli, in parte per una sorta di moral suasion ossessiva sull’indispensabilità e insostituibilità dei vaccini. Che ne pensa?

Non è vero che pesa una burocrazia eccessiva, perché c’è una app per le segnalazioni degli eventi correlati alla somministrazione, che chiunque – cittadino, farmacista, medico di base – può fare. Quanto alla moral suasion, ritengo che sia una giustificazione brandita da dubbiosi, scontenti, complottisti vari.

Il ministro Speranza vorrebbe allargare il ricorso alla terza dose, ma solo seguendo le indicazioni scientifiche. Cosa sappiamo oggi sulla dose booster?

Studi condotti in vari paesi ribadiscono l’esigenza di una terza dose nel senso stretto del termine, cioè già 21 giorni dopo la seconda, per i soggetti immunodepressi “gravi”, perché si è visto che cominciano con basse risposte immunitarie. Invece sul booster i dati clinici consolidati mostrano che a 6 mesi si registra una perdita di efficacia, anche se ne rimane una residua.

Quindi?

Credo che ad oggi, in un’ottica sempre prudenziale, sia bene rafforzare le difese, in vista di questo inverno, nei soggetti più fragili ed esposti. Non sarebbe poi male in questa fase predisporre una vaccinazione universale.

In che senso?

Occorrerebbe vaccinare anche i più piccoli, non tanto per raggiungere l’immunità di gregge, che non si riuscirà certamente a centrare, ma per abbassare la circolazione del virus e abbattere le prossime mini-ondate. Penso però che parlare di terza dose rientri in quello che si potrebbe definire un “sovranismo vaccinale”.

Che sarebbe?

L’Oms continua a ripetere: prima vaccinate i paesi più poveri, poi si potrà eventualmente pensare alla terza dose nei paesi già immunizzati con le prime due.

A proposito comunque di terza dose, negli Stati Uniti si sono accese più spie rosse allarmanti. Per rispondere alla richiesta del presidente Biden di fare una inoculazione booster a tutta la popolazione, la Fda ha convocato la Commissione consultiva, come da prassi per decisioni così importanti. Sono emersi dati ritenuti scientificamente probanti e da tenere in considerazione. Per esempio, un soggetto esposto a ulteriori somministrazione rispetto alle due previste può vedere aumentare significativamente gli effetti collaterali. Cosa risponde?

Ci può stare, però gli studi non evidenziano aumenti così imponenti degli effetti avversi. È un aspetto da valutare, sempre all’interno di un rapporto costi/benefici, soprattutto in una terza dose che va targettizzata verso i soggetti più a rischio di infezione grave.

Nella stessa riunione della Commissione Consultiva Fda, l’immunologa e biologa Jessica Rose ha osservato che, sempre sulla base dei dati Vaers, “i rischi del vaccino superano i benefici nei giovani, in particolare nei bambini, indicando un aumento di mille volte delle reazioni avverse all’iniezione nel 2021 rispetto agli ultimi decenni”. Giusto insistere con la vaccinazione degli under 12?

Assolutamente sì. Non mi risulta che gli studi e i dati ad oggi disponibili confermino l’ampiezza di questi effetti nei bambini.

Steve Kirsch, direttore del Covid-19 Early Treatment Fund, ha affermato davanti alla Fda che le iniezioni stanno uccidendo più persone di quante ne stiano salvando. “Il Vaers, il sistema di rilevazione passiva di effetti collaterali negli Usa, mostra che gli attacchi di cuore si sono verificati 71 volte più spesso a seguito di questi vaccini rispetto a qualsiasi altro vaccino. Più in generale possiamo dire che abbiamo ucciso due persone per salvare una vita”. È così?

Non ho contezza di questo dato, che va esaminato. Quel che sappiamo è che abbiamo registrato 4 miocarditi ogni 100mila somministrazioni. Miocarditi, da un lato, che si sono auto-risolte e con una frequenza minore rispetto a quella della malattia stessa nella popolazione generale. Il Covid colpisce pesantemente i polmoni, ma non solo, perché provoca danni multi-organo.

C’è chi sostiene che questo vaccino non funziona più bene perché agisce sulla proteina spike che è mutata e continua a mutare. Dobbiamo cambiare vaccino contro tutto il virus?

Gli attuali vaccini sono solo contro la spike. Adesso vediamo una lieve perdita sul primo obiettivo, evitare l’infezione, tuttavia rimane alta la loro efficacia. Non mancano però le potenzialità e le possibilità per aggiornarli e cambiarli, sempre nell’ottica dei richiami vaccinali che dovremo eseguire per qualche anno. Anzi, la metodologia dell’mRna facilita e velocizza questi aggiornamenti, a mio avviso non ancora necessari.

L’Unione Europea ha scelto mesi fa di abbandonare progressivamente i vaccini a vettore virale per puntare con decisione su quelli a Rna messaggero. Nessuna marcia indietro su questa decisione? I vaccini a mRna sono la strada da seguire?

Premesso che le polemiche sulle trombosi legate all’uso di Vaxzevria erano un po’ esagerate, visto che una revisione recente ha mostrato che il suo vaccino non era così devastante, la scelta della Ue penso sia stata dettata soprattutto dalle difficoltà di approvvigionamento dei vaccini AstraZeneca.

Uno studio dell’Università di Pavia ha sonoramente bocciato la cosiddetta “cura Speranza”, basata sul binomio “tachipirina e vigile attesa”, perché in realtà provoca più ricoveri in terapia intensiva. È così?

Secondo me viene vergognosamente schernita la vigile attesa, che, al di là della bruttura burocratica, sta a significare il monitoraggio del paziente con alcuni approcci e usando farmaci, come cortisone, eparina e ossigenoterapia. Quando servono.

In Italia non si parla troppo di vaccini e pochissimo di cure domiciliari o in ospedale?

Il problema è che non abbiamo ancora un anti-virale specifico per il Covid, quindi l’enfasi sulle cure è esagerata. Certo, riusciamo a profilare meglio l’approccio terapeutico e stiamo migliorando le terapie anti-sintomatiche, ma oggi, a parte nelle fasi precoci gli anticorpi monoclonali o il remdesivir, pur se non eccezionale, nei soggetti già gravi, le linee guida – non del nostro ministero della Salute, ma quelle dettate dall’evidenza clinica – stanno dimostrando l’efficacia dell’anakinra e di altri immunomodulanti, che vanno somministrati nei pazienti colpiti in misura più severa. Però, lo ripeto, non c’è ancora un anti-virale specifico. Ci vuole tempo e non è facile individuarlo.

Cosa ci aspetta in futuro sulle vaccinazioni?

La vaccinazione anti-Covid si protrarrà nel tempo e mi immagino uno schema simile a quello della vaccinazione anti-influenzale.

(Marco Biscella)

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