Si può aspettare ancora qualche giorno per vedere come procede l’andamento della pandemia e a quel punto stilare un giudizio chiedendo interventi drastici. Guardando alla nuova esplosione dei numeri del contagio per il Covid-19 e alla crescita costante dei ricoverati in terapia intensiva e dei decessi, non paragonabile però all’ampiezza dell’esercito degli asintomatici, si può ancora aspettare a dire che forse siamo solo alla vigilia di una svolta drammatica oppure alla necessità di un impegno più intenso rispetto a quello che è sembrato, anche a livello individuale, più superficiale in questi ultimi tempi o, possiamo anche dire, in questi ultimi mesi.



Ci penseranno gli scienziati e i medici specialisti a suggerire la terapia più adatta a chi deve poi decidere i provvedimenti necessari a contenere la recrudescenza della pandemia. Ma chi non ha che competenze approssimative in materia sanitaria può solo ragionare sullo stato sociale ed economico del Paese, cercando di vedere se esista un equilibrio sostenibile tra dramma sanitario, emergenza economica, tenuta sociale e scelte politiche adeguate. In questi giorni si può affermare che l’immagine del Paese appare non solo confusa, ma lacerata e tesa, molto più che ansiosa, e in alcuni casi rabbiosa. In realtà, molto lontana dall’equilibrio sperato. Fuori dai denti, l’equilibrio sperato è saltato.



La realtà pare essere che, anche se qualche virologo di chiara fama accusa “l’estate folle”, quella del cosiddetto “liberi tutti”, gli italiani siano intrappolati da un contraccolpo improvviso: dalla speranza di aver superato un “picco pandemico” al ritorno improvviso di un contagio diffuso. In più, sono circondati da una comunicazione spesso contraddittoria, da speranze sinora deludenti sull’affluire di miliardi di euro e da sbandamenti politici che non assicurano più le certezze necessarie. Il tutto condito da un’Italia indicata come esempio nel mondo, che è solo parzialmente vero quando affrontò probabilmente lo tsunami di fine inverno e inizio di primavera scorsa.



Diciamo allora che per adesso non c’è ancora il lockdown sul territorio o in parte del territorio italiano, ma c’è un auto-lockdown nella testa di ogni cittadino, che lo spinge, per sfiducia, a disertare strade ed esercizi pubblici prima ancora di quando sia stato stabilito. Il coprifuoco milanese di ieri sera ha offerto un’immagine spettrale.

È giustificabile un tale atteggiamento? Facciamo solo qualche esempio. Il leader di uno dei partiti di maggioranza, il Segretario del Partito democratico, Nicola Zingaretti, ha ripetuto per l’ennesima volta che il “Governo ha bisogno di uno scatto”, cioè di chiarezza, concretezza e serietà “senza navigare a vista”, ricorrendo anche al Mes (Meccanismo europeo di stabilità), il “tormentone” che dura da mesi e che divide Pd e grillini. Poi è entrato in pista Matteo Renzi, il funanbolo del “fai e disfa”, che critica la gestione della pandemia: dalla questione dei tamponi all’uso scriteriato dei trasporti, a tutta una serie di ritardi e iniziative mancate. È intervenuto pure Luigi Di Maio, grillino, il ministro degli Esteri del presidente Giuseppe Conte, per criticare, quasi indignato, le lunghe code dove si fanno i tamponi per scoprire se le persone sono contagiate.

Ma questi tre distinti signori non fanno parte della stessa maggioranza di governo? Non erano anche loro che dovevano predisporre e vigilare sull’azione di questo esecutivo? È vero che il Governo è costituito da una maggioranza composita e quindi una dialettica, anche dura, si può tollerare, ma l’impressione è che in questo momento tra la linea del Presidente, quella del Pd, quella del M5S e di altri protagonisti minori ci sia una gara alla contrapposizione che porta a una totale mancanza di linea politica.

Si aggiunga a questo il rapporto tra Governo e Regioni, quasi in perenne contrapposizione, con un leader di seconda fila come il pittoresco presidente della Campania, Vincenzo De Luca, che mostra addirittura, in una conferenza stampa, la “tac” di un ragazzo di 37 anni e poi parla di un Paese a un passo dalla catastrofe e chiede la chiusura di tutto, un nuovo lockdown. Poi ci sono altre regioni che vanno in ordine sparso e quasi tutte in contrapposizione soprattutto con due ministre: quella dell’Istruzione, Lucia Azzolina, e quella alle Infrastrutture e trasporti, Paola De Micheli.

È evidente che il semplice cittadino italiano, che già intravvede un futuro economico incerto, rimanga sconcertato da un simile comportamento delle istituzioni e si metta a ricordare quello che è avvenuto in questi mesi.

C’è una premessa da fare: tutte le pandemie conoscono una “seconda ondata”. Fu tragica quella della “spagnola” del 1919, mentre altre furono più clementi. In ogni caso si sapeva che la “seconda ondata” sarebbe arrivata e che ci si doveva preparare con tutti i mezzi possibili. Allora, mentre si rifiutava il Mes che è un prestito mirato solo alle cure, alle infrastrutture mediche, all’assunzione di medici e di infermieri, si sono fatti gli ormai “epici” Stati generali e ci si impegnati ad aumentare le sale d’ospedale per i malati da curare in rianimazione.

C’è stata quindi una sequenza grottesca per le mascherine e tamponi mancanti, che si sta risolvendo solo adesso, mentre mancano persino i vaccini anti-influenzali. Lasciamo perdere “Immuni” con persone che hanno pure telefoni non adatti e numeri di telefono che non rispondono mai. Alla fine tutti sono stati lieti per la riapertura delle scuole e la ripresa delle attività, ma era così difficile immaginare che i trasporti pubblici della grande città avrebbero avuto un sovraccarico nelle ore di punta e la “distanza sociale” sarebbe stata una chimera? Forse non c’era bisogno di Einstein per comprendere un fatto del genere in grandi città. Ma più che di sovraccarico insopportabile di trasporti pubblici si è parlato a lungo di “tavolini con le rotelle”, monopattini e altro materiale “indispensabile”.

Di fatto, la stragrande maggioranza degli italiani si è resa conto che ci sono stati mesi di immobilismo, che, in un certo senso, giustificano la richiesta di scatto di Zingaretti. Ma, trasporti a parte, perché mancano gran parte ancora delle “rianimazioni” promesse (quasi cinquemila a quanto sembra)? Il fatto vero è che il lockdown, che forse arriverà presto, è già entrato, come prima dicevamo, nella testa degli italiani.

Diciamo pure che sta prendendo piede un doppio lockdown. Uno psicologico, l’altro dovuto alla sintesi tra recrudescenza del virus, richiesta di un centinaio di scienziati e ormai cronico immobilismo e sbandamento pauroso di un Governo che non sa più dove andare a sbattere la testa.

E pensare che c’è stato pure il tempo di criticare Guido Bertolaso che, a tempo di record, ha fatto costruire, con donazioni private, due ospedali per terapie intensive: uno a Milano e l’altro nelle Marche. Gli immorali travestiti da moralisti non sono riusciti a fare nemmeno quello.

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