Il comitato dei virus anziani, avendo udito che in Occidente stavano imparando a parlare cinese ed esultavano per l’approssimarsi della creazione di un’arma biochimica letale, detta vaccino, sentenziò che, in via provvisoria e solo per soddisfare il nuovo corso del Regno Unito, un ceppo avrebbe iniziato a parlare inglese. Però – disse sempre il comitato degli anziani – si parlerà inglese solo per il tempo sufficiente a far sì che il comitato dei virus esperti introduca la lingua del futuro, l’ostrogoto.



Per chi non lo ricorda, l’ostrogoto era la lingua degli Ostrogoti, un popolo di origine orientale che occupò l’Italia nel V secolo dopo Cristo. I linguisti dicono che una lontana derivazione dell’ostrogoto sopravvive in certe valli venete, dove si è fusa con le parlate di altri eserciti barbarici, generando l’idioma che oggi chiamano cimbro. Il cimbro, tuttavia, non richiama se non vagamente l’ostrogoto, tant’è che certi veneti, se dicono “farsi un goto”, intendono una cosa del tutto diversa dallo scambiare affetti con il popolo goto da cui derivavano gli Ostrogoti. Quindi, quando parleranno ostrogoto, i virus potranno eludere anche la scienza biochimica corrente.



Ci scusiamo con chi legge se, per comunicare il nostro pensiero, abbiamo usato termini parabolici. Il virus si è dimostrato capace di cambiare la propria natura in un tempo minore di quello impiegato dagli umani per creare l’attuale antivirus. Infatti, ci si è resi conto del – o, secondo alcuni, è stato reso pubblico il – fatto che il virus era mutato solo dopo mesi.

Qual è allora la contromossa che devono fare i comitati di guerra degli umani? Primo: creare una solidarietà di massa, fondata non su diktat, bensì sulla comune consapevolezza della gravità della situazione.

Facciamo un esempio: le intelligenze di molte persone, anche di sanitari, sono percorse da dubbi sull’efficacia di medio e lungo periodo dei vaccini e, ancor peggio, sulle possibili interazioni tra il vaccino e le condizioni sanitarie di certe categorie di persone. Cosa dice l’Istituto superiore di sanità per convincere i dubbiosi? Dice che il vaccino è efficace, punto; che non interferisce con gli anticorpi naturali che un individuo potrebbe avere, punto; che, fino a nuovo ordine, bisogna portare la mascherina e rispettare la distanza di sicurezza, punto. Insomma, l’Istituto ha perso un’occasione per fare bella figura.



Per fortuna, meglio ha fatto l’Aifa, l’Agenzia del farmaco, che ha rassicurato ribadendo che le prove sperimentali garantiscono efficacia antivirale per un certo numero di mesi, che non sono stati registrati che marginali effetti avversi su persone con allergie, e ha fatto capire che non si sa quanto a lungo duri la protezione del vaccino, dato che non c’è stato tempo materiale per provarla. Il che non cancella i dubbi sulla durata dell’efficacia, ma suona come un impegno a fugarli e obbliga ciascuno a riflettere secondo coscienza sul “che fare?”.

Il secondo suggerimento che i comitati umani dovrebbero considerare è quello di dare alla gente opportunità per ragionare, soprattutto al fine di sradicare la malattia della psiche provocata dal virus. Il terrore di contagio è già forte ora che il virus parla più o meno la stessa lingua. Quando scopriremo altre insidiose mutazioni del virus – perché i fatti dimostrano che muterà – lo sconforto regnerà sovrano, non solo nei comitati, ma anche tra coloro che oggi non vedono l’ora di ricominciare a lavorare, ad andare a scuola e a viaggiare come prima. Per aiutare le persone, bisogna fidarsi della loro intelligenza, divulgando ragionamenti credibili su numeri appropriati.

Per capire che cosa fare, partiamo da alcuni punti fermi. Siamo nel pieno della terza ondata, che si sta sovrapponendo alla seconda, un po’ a causa di mutazioni locali, un po’ per parziali rilassatezze nei comportamenti, ma soprattutto per motivi del tutto ignoti. Quindi, le chiusure dette lockdown servono, ma non sono decisive. E di ondate infettive ne vedremo ancora diverse. Il virus, infatti, ha dimostrato di avere capacità di attacco inattese: colpisce in modo selettivo, cambia natura rapidamente, sopravvive a lungo sulle cose, salta da una specie animale all’altra e poi di nuovo all’uomo. Insomma, i virus ci insegnano che, per sopravvivere, bisogna avere sia capacità di adattamento (“resilienza”) alle novità, sia conoscenza profonda della realtà che ci circonda (“intelligenza”) al fine di padroneggiarla. Ma su questo torneremo più avanti.

Secondo punto fermo: il vaccino antivirus è l’ultima spiaggia in attesa della cosiddetta immunità di gregge, la quale non è proprio una bella immagine, ma fa capire che se stiamo uno a ridosso dell’altro, è come se fossimo un corpo unico. I dubbi sul vaccino sono diversi e molti sono legittimi, però non si può andare avanti per anni come nel 2020. Non abbiamo potuto festeggiare come si deve né Pasqua, né Natale. La scuola e l’università sono andate avanti con apprendimento al minimo. Il turismo, lo sport e gli spettacoli sono limitati alle immagini, ossia danno sensazioni simili ad una cartolina con disegnate le labbra rispetto a un bacio in carne eccetera. Viaggiare in autobus, in treno o in aereo è fonte di grande apprensione. Poi speriamo di non doverci ricoverare in ospedale o in una Residenza assistita per anziani, ormai diventati sinonimi di focolai. Tutto questo in aggiunta alle croniche deficienze di questo nostro Paese. Non possiamo, non dobbiamo abituarci a vivere al minimo. Purtroppo, sappiamo che non basterà neppure il 2021 per raggiungere l’immunità di gregge; tuttavia, quanto prima si parte, tanto prima s’arriva alla meta.

Terzo punto fermo: dovremo convivere a lungo con il virus perché il vaccino non uccide il virus, bensì lo tiene lontano dalle nostre cellule, dentro le quali si può riprodurre velocemente causando l’infezione. Ciò significa che lo combatte quando l’abbiamo già dentro. Non v’è dubbio che il virus rimarrà in molti corpi umani, negli animali e nelle cose. I biologi ipotizzano che i virus siano stati una tra le prime forme di vita sulla Terra, ciò significa che sono arrivati qui molto prima degli umani. E, se tanto mi dà tanto, saranno qui per tanti capodanni ancora. Quindi, usando il linguaggio della retorica imperante, non vinceremo la guerra, ma, al massimo, una battaglia che ci procurerà una tregua armata.

Diciamo, allora, come vorremmo che fossero le cose.

1) Sul fronte del virus, proponiamo un unico comando, quello dell’Unione Europea (Ue). Purtroppo, sia i comandanti locali che quelli internazionali (Oms), si sono dimostrati titubanti, per usare un eufemismo. L’Ue si è, invece, dimostrata equilibrata sia nell’attacco al virus, sia sul fronte interno della gestione delle risorse.

2) Vacciniamoci in massa, così riusciremo a prolungare la tregua. Dato che il vaccino è null’altro che una medicina preventiva, va assunto con circospezione, ma va assunto di necessità, perché l’alternativa comporta rischi maggiori.

3) Creiamo un sistema informativo esperto duraturo. Un sistema si dice esperto se impara dall’esperienza, quindi anche dai propri errori. Lasciamo sullo sfondo le critiche sugli errori informativi che hanno contribuito a perdere le ultime battaglie. Cerchiamo di dare risposte almeno ai seguenti interrogativi: quanti nostri soldati sono già armati di anticorpi per proprio conto? Quanto a lungo possono resistere i nostri armati con le pallottole antivirus fornite dal vaccino? Quali sono le sezioni dell’ampio fronte interno sulle quali il virus esercita la massima pressione (focolai)? Quali sono gli impatti di breve e medio periodo della guerra antivirale, possibilmente in funzione di interventi pianificati in un’ottica sperimentale? Un siffatto sistema informativo deve essere un riferimento costante per i decisori, quindi deve durare a lungo. Si noti che, se l’Italia riuscisse a farlo come si deve, farebbe qualcosa che non hanno né gli Stati Uniti, né altri paesi statisticamente evoluti.

Marcel Proust diceva, all’incirca, che l’unica conquista del viaggiare verso il nuovo consiste non in nuovi paesaggi, bensì nell’acquisire nuovi occhi. Cerchiamo di condurre questa guerra con occhi nuovi e lungimiranti, togliendo la testa dalla sabbia mediatica.

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