Mentre l’Istituto superiore di sanità e il ministero della Salute raccomandano di evitare occasioni di contatto e di restare a casa il più possibile, il valore medio dell’indice Rt in Italia non cambia e si attesta sullo 0,84, confermando il valore registrato nell’ultimo monitoraggio del 29 gennaio scorso. La situazione registrata tren mi complessivamente, dai dati Iss-ministero della Salute, è quella di un “lieve peggioramento”. Un’altra regione, la Sardegna, si aggiunge alla lista delle gialle, che salgono così a 16. Nessuna passa in zona “bianca”, la potenziale zona con restrizioni ancora più blande, mentre restano in arancione Umbria, provincia di Bolzano, Puglia e Sicilia, con un aumento però delle regioni a rischio. L’Umbria, che ha segnalato nelle ultime settimane casi di variante inglese e brasiliana, ha l’indice Rt più alto in tutto il Paese e rischia il passaggio in zona rossa, mentre la provincia di Bolzano – avendo come l’Umbria un indice Rt superiore all’1 – ha deciso per un lockdown di tre settimane. Il divieto di spostamento fra le regioni vige fino al 15 febbraio, il Dpcm scade il 5 marzo, nel frattempo il Cts, su richiesta del ministero per lo Sviluppo economico, fissa le regole per un’eventuale apertura dei ristoranti (anche a cena in zona gialla, solo a pranzo in zona arancione). Un punto, questo, su cui dovrà essere presa una decisione politica. L’analisi di Paolo Berta, ricercatore di statistica nel dipartimento di Statistica e metodi quantitativi dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Le misure si ammorbidiscono ma la situazione è in lieve peggioramento. Come interpretiamo questo paradosso?
Dobbiamo interpretarlo come abbiamo fatto fino ad ora: abbiamo scelto un criterio, che è quello delle fasce di colore, che da un lato preserva l’economia, dall’altro fa sì che possiamo aspettarci un’oscillazione dei livelli di contagio. Quindi da un lato c’è una più lenta riduzione dei casi, dei ricoveri e dei decessi, che stiamo osservando come ancora molto alti, dall’altro continueremo a osservare momenti in cui, soprattutto con le aree rosse, l’incidenza dei casi si riduce, alternati a momenti in cui passando in zona gialla intervengono tutti i fattori che sono correlati a un aumento della casistica: la riapertura delle scuole, la maggiore mobilitazione delle persone, etc.
Il monitoraggio non è efficace?
Il monitoraggio funziona, il sistema settimanalmente monitora e prevede cambiamenti repentini di colore, consentendo di contenere una diffusione incontrollata del livello d’incidenza dell’epidemia.
L’indice Rt è a 0,84.
Sì, questa è la media nazionale, poi le situazioni delle varie regioni sono molto differenziate: ci sono regioni come il Veneto in cui le cose sembrano andare bene e altre come l’Umbria o Bolzano dove invece si sale già sopra l’uno. Questo però è solo uno degli indicatori, ci sono altri indicatori importanti, come lo stress del sistema sanitario.
E qui vediamo che ci sono sopra la soglia critica ben 7 regioni.
Sì, un’osservazione complessiva ci suggerisce che ci saranno ancora due mesi che richiederanno da parte di tutti un’accortezza, un’attenzione a evitare gli spostamenti non richiesti e non necessari, sperando che la situazione resti nel frattempo il più possibile sotto controllo.
L’alternativa?
L’alternativa è solo un lockdown stretto, col lockdown stretto vedi tutte le misure che calano drasticamente, come è successo ad aprile, però c’è questo trade-off fra salvaguardare l’economia o comunque il piano economico-sociale e contenere il livello dell’epidemia; quindi è sempre una scelta politica. Personalmente condivido la scelta politica di conservare la duplice esigenza: mantenere sotto controllo l’epidemia e preservare il più possibile il livello economico. La domanda è se questo non sia stato fatto troppo tardi.
Cioè?
Alcuni segnali erano già evidenti agli inizi di ottobre ma si è aspettato novembre per mettere in atto misure di contenimento più drastiche.
Ci siamo appiattiti comunque su una curva alta, che non scende?
Sì, quello che abbiamo visto confrontando le due curve fra prima e seconda ondata è che questa seconda ondata ha avuto un impatto in termini di decessi molto più alto, di questo bisogna prendere atto. Soprattutto, nel momento in cui le regioni sono entrate in zona rossa, questo ha portato un beneficio.
La zona gialla come va interpretata in questo momento?
Basta guardare il trend del Veneto, che è rimasto a lungo in zona gialla: non si è riusciti a ridurre i numeri se non a Natale, con le chiusure. Il dato nazionale non dà effettivamente conto delle misure, bisogna osservare i dati a livello regionale. Come abbiamo detto ci sono regioni con un Rt superiore a 1, che è preoccupante, e l’occupazione dei posti letto è al di sopra del 40% , quella che è considerata la soglia critica. Ce ne sono altre in cui al momento va meglio, ma non è detto che sarà così anche la settimana prossima. Per questo dico che è corretto rivalutare settimanalmente ed eventualmente intervenire con misure più drastiche.
Dal monitoraggio emerge che c’è stato un lieve e generale peggioramento dell’epidemia, con un aumento delle regioni classificate a rischio alto e una diminuzione di quelle classificate a rischio basso. Un contesto preoccupante anche per il riscontro delle varianti virali, come ad esempio in Umbria.
Questo è l’altro tema che sta emergendo. Da un lato stiamo vedendo la fine dell’effetto benefico delle chiusure natalizie, dall’altro stanno comparendo queste varianti del virus, che abbiamo visto aver avuto in Gran Bretagna una capacità di diffusione della malattia molto più consistente. Dovremo capire quale sarà l’effetto da noi, tenendo in considerazione che intanto il piano vaccinale è partito, per cui sarà una corsa contro il tempo.
L’effetto del vaccino ancora non lo registriamo nei numeri?
In questo momento siamo in una fase iniziale in cui si è scelto correttamente di vaccinare soprattutto i professionisti del sistema sanitario, per consentire un funzionamento a pieno regime, e contemporaneamente anche le persone nelle Rsa, che sono quelle più fragili, colpite in modo particolarmente grave nella prima ondata. Adesso dovremmo iniziare con la seconda fase e credo che entro fine aprile dovremmo riuscire a vaccinare circa 7 milioni di persone. Non sarà ancora sufficiente, però ogni volta che riusciremo a vaccinare una fetta consistente di popolazione seguendo il criterio del rischio che le persone corrono ridurremo un altro po’ l’impatto.
La bozza del monitoraggio settimanale del ministero della Salute dice che i casi di contagio potrebbero avere un rapido e diffuso aumento se non si interviene con misure di mitigazione. Il vuoto governativo e politico attuale potrebbe incidere anche sulla gestione dei numeri?
Non credo, in questo momento il vuoto governativo è teorico, è più un vuoto politico. C’è una parte tecnica dei ministeri e del Cts che continua e continuerà a funzionare a primo regime, in ogni caso i ministri resteranno in carica nelle loro funzioni finché non verranno sostituiti, per cui non c’è una vera e propria vacanza di poteri. Le scelte riguardanti il sistema delle regioni divise per colori restano in vigore e quindi continueremo a funzionare in questo modo. La situazione politica dovrebbe risolversi a breve, ma al di là di questo tutti gli uffici tecnici che monitorano la situazione, osservano i trend e le curve epidemiche, rimangono attivi e lavorano operosamente al di là dei cambiamenti a livello politico. In definitiva non credo che la situazione politica attuale avrà un impatto sui numeri della pandemia.
(Emanuela Giacca)
—- —- —- —-
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI