L’indice Rt è risalito da 0,81 a 0,85 in una settimana. Pur dentro un quadro generale dell’epidemia Covid che lo stesso Istituto superiore di sanità valuta di “basso rischio”, pur in presenza di un calo dei numeri di positivi, ricoveri e posti in terapia intensiva, pur con una campagna vaccinale che ha superato la soglia psicologica delle 500mila dosi in un giorno, è bastato questo dato per agitare lo spauracchio che forse il governo Draghi ha riaperto le attività toppo presto.
Anche perché le varianti, quella indiana in particolare, preoccupano e non poco. Ma una risalita dei contagi era stata messa in preventivo dallo stesso Draghi, che non a caso, 15 giorni fa, aveva parlato di “rischio ragionato”, contando sull’accelerazione della campagna vaccinale e sul senso di responsabilità dei cittadini. Rischiamo a fine maggio una quarta ondata, come preconizzano alcuni esperti? “Credo che sia stato corretto decidere di riaprire” conferma Francesco Broccolo, docente di Microbiologia clinica nell’Università Milano-Bicocca
Che cosa suffraga la bontà di questa decisione per riaperture graduali?
Al di là del fatto ormai scontato che la sofferenza sociale ed economica si fa sempre più insostenibile e che la stanchezza psicologica degli italiani porta a un’insofferenza crescente verso le misure restrittive, la letteratura scientifica ha ormai dimostrato che – dal punto di vista statistico epidemiologico – le restrizioni più stringenti, come il lockdown, funzionano con grande efficacia in una fase di crescita esponenziale dell’incidenza, quando cioè i casi positivi aumentano. Al contrario, con un’incidenza in calo – come nella fase attuale – i lockdown producono ben pochi risultati. Ma c’è un’avvertenza.
Quale?
Non dobbiamo farci ingannare dai colori delle regioni.
In che senso?
Sulla riapertura di scuole e ristoranti all’aperto sono d’accordo. Serve però la massima attenzione e prudenza.
A che cosa?
Ai mezzi di trasporto, sui quali metterei l’obbligo di mascherina e controllori che valutano l’ingresso alle metropolitane e la capienza degli autobus, evitando eccessivi affollamenti come ai tempi pre-Covid, perché il sovraccarico di passeggeri stipati come sardine è foriero di gravi conseguenze. Questo controllo oggi non viene fatto, anche perché il punto 15 del decreto ha sancito la “sospensione della vendita e del controllo dei titoli di viaggio a bordo”.
Lei ha detto: “È importante non ripetere gli errori fatti nell’estate 2020”. Quali in particolare?
Oltre ai mezzi di trasporto, è fondamentale in questo momento presidiare gli aeroporti, che oggi sono un punto molto sensibile e critico. È necessario infatti quarantenare tutte le persone, positive o negative, che arrivano dall’India, trovando le strutture necessarie. Mi domando se non sia il caso di bloccare questi voli all’origine, evitando nel contempo a chi proviene da paesi dove circola la variante indiana di poter fare le cosiddette triangolazioni: arrivare cioè in Italia effettuando scali intermedi per bypassare i controlli.
Altre precauzioni da adottare?
Riaperture sì, ma mantenendo le mascherine anche per i vaccinati, perché non abbiamo ancora livelli di vaccinazione paragonabili a quelli di Regno Unito, Usa e soprattutto Israele.
Ce lo dicono i numeri?
Esatto. Oggi siamo al 25% di vaccinati con la prima dose: troppo bassa per poter pensare di fare a meno delle mascherine. Con una sola dose ci si può ancora infettare, visto che la copertura all’infezione, pur variando da siero a siero, è attorno al 70%, e una quota può anche contagiare. La mascherina è indispensabile sempre nei posti al chiuso, raccomandabile nei posti affollati all’aperto.
L’indice Rt è risalito a 0,85 da 0,81. Prime avvisaglie di una ripresa dei contagi?
È un po’ troppo presto per rispondere. Sta di fatto che nell’ultima settimana i casi positivi sono in netto calo, così come le ospedalizzazioni, mentre il livello di saturazione delle terapie intensive è tornato sulla soglia del 30%. Il quadro è oggettivamente migliorato. Fare restrizioni forti adesso ha poco senso e poca forza: il sacrificio non renderebbe giustizia al medesimo sacrificio qualora fosse affrontato in una fase di crescita esponenziale delle nuove infezioni.
Molti esperti dicono che i prossimi 10 giorni saranno decisivi. È così?
Direi che le nuove infezioni post-apertura del 26 aprile le vedremo non prima di domani o lunedì. Il trend è in evidente discesa da tempo, grazie alle misure adottate. Dunque, il primo segnale sarà una stabilizzazione di questa tendenza, cui farà seguito una frenata e tra due settimane un’inversione di trend.
In questi 15 giorni gli indicatori andranno osservati con grande attenzione, per evitare – come successo nelle ondate precedenti – di assumere le contromisure intempestivamente?
Mettiamola così: bene le riaperture, ma il monitoraggio da fare non deve concentrarsi sulle terapie intensive, parametro che di solito ritarda di 20-30 giorni, bensì sui nuovi casi, individuati dai tamponi molecolari e antigenici, ma senza mescolarli. È buona cosa fare i tamponi antigenici, perché tutto aiuta a individuare i positivi ad alta carica virale, e quindi infettivi, meglio però focalizzare tutte le Regioni, in modo omogeneo, sul parametro dei tamponi molecolari. La variabilità dell’indicatore in questo campo è un errore, che purtroppo tendiamo a ripetere.
La Sardegna è passata velocemente da zona bianca a zona rossa e ora ha numeri da zona gialla. Come si spiegano questi cambiamenti repentini?
In un momento in cui tutto il continente era in zona rossa, non poteva una singola regione rimanere bianca, lo esigeva il buon senso. È come in un esperimento di laboratorio: se a tanti campioni positivi si affianca un campione negativo, è ovvio che questo finirà per essere contaminato. È una lezione che dovremmo aver imparato.
La carica virale oggi è più bassa?
Sì, e questo è un buon marcatore, in quanto indicatore predittivo della capacità di replicazione del virus. Il Covid oggi è meno presente rispetto a un mese fa. È un indicatore da monitorare sempre, perché ci dice precocemente cosa sta accadendo. Ricordo ad esempio che il 18 agosto 2020, avvertendo che le cariche virali stavano risalendo, non fui minimamente ascoltato, poi sappiamo come è andata da settembre in poi.
Tra varianti, vaccinazioni e riaperture, che scenario dobbiamo aspettarci? Come si combinano questi tre fattori?
Partiamo dalle vaccinazioni. Visto che a maggio dovrebbero arrivare 17 milioni di dosi e a giugno 30 milioni, se si va avanti con i ritmi attuali, cioè a colpi di 500mila inoculazioni al giorno, come auspicato dal commissario Figliuolo, e con percentuali di somministrazione delle regioni intorno all’80-90% delle dosi disponibili, possiamo arrivare all’immunizzazione del 50% della popolazione. E abbiamo visto in Gran Bretagna e in Israele che l’incidenza dei decessi scende in modo vertiginoso. Anche se almeno fino a fine estate sarà importante indossare la mascherina.
Perché?
Ci sono in giro le varianti. E quella indiana non penso che riusciremo a fermarla: è già penetrata in Italia e in pochi giorni si è diffusa velocemente, perché si trasmette con grande facilità.
Un grosso guaio, visto quel che sta accadendo in India?
Il caso dell’India è particolare: non è solo colpa della variante, sono stati commessi errori marchiani, con assembramenti eccessivi legati a eventi religiosi e politici. Tuttavia, come ha citato Anthony Fauci, ci sono dati preliminari che dimostrerebbero come il vaccino Covaxin, un siero di virus inattivato somministrato in India, sia in grado di proteggere dalla variante indiana. E il Covaxin è un vaccino simile a quello cinese, quindi non particolarmente brillante visto che ha una bassa efficacia, pari al 51%. Un segnale incoraggiante. Che conferma l’ipotesi, per tornare alla domanda “quale scenario dobbiamo aspettarci”, di un possibile miglioramento della situazione, con vaccinazioni in aumento, riaperture graduali e un’attenzione spiccata ai tamponi molecolari, così da essere immediatamente pronti ad adottare, qualora si rendessero necessarie, misure restrittive circoscritte e circostanziate.
Rischiamo una quarta ondata?
Non è una quarta, perché non c’è mai stata una terza, e continuiamo ad avere una seconda ondata che non ha mai preso fiato e non è mai finita.
Ci sarà allora una vera nuova ondata?
Se avverrà, sarà a fine agosto. Il virus prende il sopravvento in base ai nostri comportamenti. Se da qui all’estate non manteniamo un po’ di prudenza, in un momento in cui la vaccinazione è ancora bassa il Covid può ricombinarsi e quindi generare nuove varianti che possono sfuggire al vaccino. A tal proposito, è giusto ricordare che tutti i vaccini puntano sulla proteina Spike e questa è una strategia molto pericolosa.
Dove sta il rischio?
La spike è la proteina che finora ha mostrato di essere la parte più tempestata di mutazioni di tutto il genoma virale. Non c’è ancora un vaccino che è stato costruito sulla proteina N, come alcuni scienziati già stanno studiando.
Della proteina N si sente parlare pochissimo. Di cosa si tratta? E va tenuta d’occhio?
La proteina N è il nucleocapside, l’interno del virus, finora molto più conservata. Ha subìto qualche mutazione. Siccome il virus ha lo scopo di fuggire agli anticorpi, cambia continuamente “abito”. Sulla proteina N dovremmo pensare a fare dei vaccini anche per il futuro, perché non è escluso che possa un giorno ricombinarsi all’impazzata come la spike.
Il governo intende rafforzare l’attività di sequenziamento, con l’obiettivo di sequenziare 3-4mila genomi a settimana. Che ne pensa?
È un’arma importantissima in più per scovare le varianti e tenere sotto controllo i contagi: lo diciamo, purtroppo inascoltati, da tempo. E 4mila genomi sequenziati a settimana è un ritmo fattibilissimo in Italia.
Oggi scatta il primo week end festivo libero. Consigli per non dover rimpiangere un domani questa ventata di libertà?
Indossare la mascherina e mantenere un certo distanziamento anche nei momenti di convivialità all’aperto.
(Marco Biscella)
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