Contrariamente a quanto osservato l’estate scorsa, quest’anno la bella stagione ha registrato una nuova, inattesa, ondata nella diffusione del Covid-19. Questa quarta mini-ondata ha cominciato a manifestarsi con una crescita dei nuovi positivi nella metà di maggio (passati da 78 nuovi positivi il 15 maggio a 6.600 a fine agosto) alla quale ha fatto seguito una crescita dei ricoveri in terapia intensiva (passati da 148 il 17 luglio a 548 alla data odierna) e dei decessi (passati nello stesso periodo da 10 a 58 giornalieri). I ricoverati con sintomi sono anche in crescita ormai dalla metà di luglio essendo passati da 1.115 a 4.207. Infine, nello stesso periodo, il tasso di positività è salito costantemente dallo 0,4% il primo di luglio al 2,9% a fine agosto.
Pur non paragonabile per volume e livello di allarme a nessuna delle precedenti tre ondate, la collocazione stagionale di questa ondata suscita più di una preoccupazione tra gli esperti.
Negli ultimi giorni, tuttavia, si osserva finalmente qualche dato incoraggiante che sembra indicare il raggiungimento del picco e l’inizio di una nuova discesa nella diffusione del virus.
Come sempre è il tasso di positività il primo valore a risentire dei cambiamenti di tendenza nella dinamica della pandemia e quindi deve essere considerato un valore sentinella che anticipa le future tendenze: tale indicatore negli ultimi 5 giorni ha finalmente iniziato a scendere passando dal 2,9% al 2,4%. Gli altri parametri epidemiologici stanno pure registrando un rallentamento nella loro crescita e, se non si verificheranno altri eventi perturbanti, dovrebbero iniziare a calare nelle prossime settimane.
In effetti, il numero dei nuovi positivi è in calo ormai da 8 giorni ed è ridisceso al di sotto dei 6.000. Inoltre, il numero dei ricoverati con sintomi, pur ancora registrando una crescita, presenta un ritmo rallentato nelle ultime 2 settimane ed una dinamica simile si osserva anche nel numero di decessi giornalieri osservati negli ultimi 4 giorni.
Ciò che preoccupa gli esperti è, in effetti, il fatto che questa quarta mini-ondata estiva si sia verificata nonostante l’intensa campagna vaccinale. Ad oggi, in effetti, la percentuale di popolazione ultra-dodicenne che ha completato il ciclo vaccinale nel nostro paese è pari al 72% (corrispondente al 62% dell’intera popolazione) con variazioni regionali che vanno dal 63% in Sicilia al 78% nel Lazio. Sono valori molto elevati i quali ci pongono ai primi posti mondiali in termini di copertura della popolazione e ci avvicinano rapidamente all’immunità di gregge. Paesi che fino a qualche mese fa ci superavano quanto a copertura vaccinale hanno in effetti rallentato i ritmi. Ad esempio, Israele ha coperto finora il 61% della popolazione, gli Stati Uniti il 53%, la Svizzera il 52%, la Francia e la Germania il 61%, mentre ancora ci sopravanzano l’Olanda (62%) il Regno Unito (65%) e la Spagna (72%). Non è forse un caso che proprio la Spagna tra i paesi europei è l’unica ad essere già uscita dalla quarta ondata con nuovi casi e ricoveri in forte diminuzione e decessi scesi a 0 negli ultimissimi giorni.
Le ragioni dell’inattesa nuova diffusione estiva del virus nonostante la larga diffusione dei vaccini sono molteplici e in parte ancora da chiarire. Tra queste vanno certamente menzionate le minori misure di distanziamento sociale messe in atto questa estate, il conseguente maggior movimento turistico da e per il paese, ma soprattutto la diffusione delle nuove varianti del virus ed in particolare della variante denominata “Delta”. È poi di questi ultimissimi giorni la individuazione di una nuova, preoccupante, variante denominata “variante Mu”.
Va detto per chiarezza in questo ambito che l’Organizzazione mondiale della sanità classifica le varianti in due categorie. La prima categoria si riferisce alle cosiddette “varianti di interesse” (variants of interest) le quali sono caratterizzate da significativi cambiamenti genetici che influenzano le caratteristiche del virus (quali trasmissibilità o gravità della malattia) e che, se presenti in più paesi con una prevalenza relativa elevata, possono suggerire un rischio emergente per la salute pubblica globale.
Finora l’Oms ha collocato in tale categoria varianti Eta, Iota, Kappa e Lambda.
La seconda categoria è maggiormente preoccupante e si riferisce alle cosiddette “varianti preoccupanti” (variants of concern) tra le quali vengono incluse le variazione del virus Sars-Cov-2 che, oltre a presentare le caratteristiche delle “varianti di interesse”, dimostrano anche di essere associate a uno o più cambiamenti con un elevato grado di rilevanza per la salute pubblica globale, quali un aumento significativo della trasmissibilità o della virulenza, cambiamenti nella presentazione clinica della malattia o una diminuzione dell’efficacia della sanità pubblica e delle misure sociali o della diagnostica disponibile, dei vaccini e delle terapie. Finora sono state classificate come tali dall’Oms solo le varianti Alfa, Beta, Gamma e Delta.
La nuova variante Mu è attualmente classificata come una variante di interesse, quindi con un ridotto rischio rispetto alla ultima variante Delta. In effetti, la variante Mu è caratterizzata da un’incidenza piuttosto bassa e si è andata sviluppando in un paese (la Colombia) dove la campagna vaccinale procede ancora a rilento con una copertura del solo il 29,3% della popolazione e dove quindi il virus quindi circola liberamente.
Mentre è giusto mantenere la guardia alta, tale variante, almeno per il momento, non sembra destare dunque un particolare allarme.