“Lo stiamo addomesticando, ho l’impressione che si stia adattando a convivere con noi. Sembra più simile ai virus dell’influenza che non al virus pandemico conosciuto all’inizio del 2020”. Così, in una intervista al Corriere della Sera, si è espresso l’immunologo Sergio Abrignani, componente del Comitato tecnico-scientifico. E ha aggiunto: “i vaccini funzionano contro la variante Delta. Oltre che gli studi sperimentali lo confermano i dati della Gran Bretagna. Da poche centinaia di nuove infezioni in media al giorno, i contagi sono diventati 18mila.
Eppure le vittime sono ‘soltanto’ 20, e dico soltanto con grande rispetto per loro. Pochi anche i ricoverati in terapia intensiva, proprio perché gran parte della popolazione è immunizzata”. Insomma, stiamo riuscendo davvero a mettere il guinzaglio al Covid-19? Lo abbiamo chiesto al professor Sergio Babudieri, ordinario di Malattie infettive all’Università degli Studi di Sassari e direttore scientifico della Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria.
È vero che stiamo addomesticando il Covid e che sembra assomigliare sempre più ai virus dell’influenza? A cosa può essere dovuto?
Anche in Italia è arrivata la lezione inglese.
Vale a dire?
Gli inglesi hanno deciso, unilateralmente e prima di tutti gli altri, di somministrare la prima dose a più persone possibili e hanno raggiunto dal punto di vista clinico un risultato inimmaginabile. Garantendo una bassa immunizzazione a tante persone, hanno svuotato gli ospedali.
Adesso però in Gran Bretagna è allarme per l’impennata di nuovi contagi…
Parliamo sì di diverse migliaia di casi positivi legati alla variante Delta e si danno questi numeri che fanno paura, ma nessuno ricorda che anche in Gran Bretagna in ospedale non ci sta quasi più nessuno. Quindi, l’addomesticamento altro non è se non l’uovo di Colombo scoperto dagli inglesi.
Uovo di Colombo?
A dicembre dell’anno scorso, quando i vaccini cominciavano a essere vicini e reali, si diceva: la vaccinazione sarà uno sforzo titanico, perché dovremo raggiungere l’immunità di gregge, cioè immunizzare almeno due terzi della popolazione. Gli epidemiologi insegnano che, raggiunta questa soglia, il numero dei suscettibili cala e il virus può solo infettare sporadicamente singoli soggetti, ma non può più creare quei focolai che abbiamo visto nei momenti peggiori della pandemia: migliaia di persone che si infettano all’improvviso quasi simultaneamente e che sono in grado con la stessa rapidità di contagiarne altrettante. Non c’è stato bisogno di arrivare al 66,6% di immunizzati per bloccare la malattia.
Perché?
È una malattia molto complessa. Nonostante nella prima ondata gli ospedali fossero andati in tilt, il numero di persone che in percentuale ha avuto bisogno di ricovero ospedaliero è stato risibile rispetto alla massa degli infettati. Lo sanno tutti, infatti, che i numeri ufficiali dei positivi sono sottostimati anche di diverse volte.
Da studi preliminari sembra che la variante Delta colpisca le vie aeree superiori dando luogo a faringiti e raffreddori, mentre infetterebbe in misura minore bronchi e polmoni. Ciò significa che è meno pericolosa per noi e che sarà più semplice curarla?
Siamo ancora nel campo di pur validissime ipotesi di lavoro, perché tali sono al momento. Abbiamo bisogno di studi di patogenesi di una complessità enorme prima di poter fare osservazioni del genere. Intanto bisogna dire che oggi il virus colpisce persone giovani, mentre prima colpiva ottantenni e novantenni. Ringraziando Iddio, i tassi di vaccinazione sulle fasce d’età più alte sono tra i migliori in assoluto. Pazienti anziani non ne vediamo più, oggi al massimo ricoveriamo quarantenni.
Il fatto che il virus si sta adattando a convivere con noi potrebbe rallentare l’insorgere delle varianti?
Il Covid-19 fin dall’inizio aveva una contagiosità superiore a quella del virus dell’influenza, tanto che, costringendoci a portare la mascherina, nessuno più ha preso l’influenza. Poi è arrivata la variante alfa, l’inglese, che era il 50% più contagiosa del ceppo originario e adesso abbiamo la Delta che infetta il 60% in più dell’inglese. Stiamo parlando di un qualcosa che in condizioni normali, in biologia, non accade: tutti i virus cercano di adattarsi alla specie ospite, non di peggiorarla. Questo Covid-19 ci ha stupito in continuazione, dal febbraio 2020 in poi non ha fatto altro che lasciarci con un palmo di naso. Ogni volta c’è una variante più aggressiva e se continua così cosa potrebbe uscirne? Speriamo che non accada.
Difficile allora fare previsioni?
Se non ci sarà qualche ulteriore sorpresa da parte delle varianti, essendo l’Italia più indietro di circa due mesi rispetto al Regno Unito, è verosimile pensare che a metà-fine agosto potremmo trovarci con un tasso alto di infetti e un tasso basso di ospedalizzati simili ai livelli attuali della Gran Bretagna. È chiaro che con le riaperture il virus, dove potrà, riprenderà a circolare.
Intanto, sentendosi sotto pressione, il virus continua a mutare, cercando di entrare nelle cellule attraverso un’altra via, che non richiede il noto recettore Ace2. Una cattiva notizia?
Impossibile rispondere, se non dopo le evidenze di un lavoro scientifico che non può non essere lungo.
Il focolaio scoppiato a Maiorca deve indurci a una maggiore cautela nei viaggi e negli spostamenti?
Da tempo ripeto la stessa cosa: zone bianche e stop all’obbligo della mascherina all’aperto sono tutti segnali che la gente può interpretare come fine dell’epidemia. In realtà, è finita l’emergenza sanitaria, l’emergenza ospedaliera, ma non la circolazione del virus. Tranne i pochissimi che potrebbero essersi presi la variante indiana pur avendo fatto la doppia dose di vaccino, ma non si sono ammalati dal punto di vista clinico, sono diventati solo tamponi positivi e basta, tutti gli altri che si infettano oggi lo fanno perché non si sono vaccinati o non rispettano le prescrizioni di protezione. È una loro precisa responsabilità e per me non sono più un’emergenza. Oggi la priorità è che non possiamo più non curare chi è affetto da altre patologie gravi.
Quali errori non dovremmo ripetere quest’estate per non compromettere un ritorno di fiamma del virus il prossimo autunno?
Il mio appello è molto semplice: chi non è vaccinato, non si muova.
(Marco Biscella)
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