I numeri sul contagio da coronavirus sono circa gli stessi da vari mesi; solo guardandoli da vicino si notano delle variazioni che non modificano, anzi rafforzano, le tendenze complessive dell’effetto del virus sulla popolazione italiana.

Una tendenza è evidente: con fluttuazioni tra giorni della settimana, il numero quotidiano di contagi è in leggerissima crescita (Figura 1) e così pure quello dei decessi (Figura 2), numero quest’ultimo che rappresenta la sola statistica non raffazzonata del sistema di tracciamento dei contagi. In estrema sintesi, nella settimana dall’8 al 14 agosto, i contagi sono aumentati di circa 500 unità rispetto alla settimana prima e i decessi sono aumentati di 5 unità. Senza timore di smentite, si può dire che la pur contagiosa variante Delta non sta generando effetti gravi.



Figura 1. Nuovi contagi da Covid-19 in Italia; ultima rilevazione 14 agosto 2021 (Fonte: Johns Hopkins University – CSSE)

Figura 2. Morti da Covid-19 in Italia; ultima rilevazione 14 agosto 2021 (Fonte: Johns Hopkins University – CSSE)

Il numero medio di morti attribuiti al Covid nell’ultima settimana è di 22 al giorno, un numero al quale dovremo abituarci per due ordini di motivi: il primo è che non tutti gli italiani si vaccineranno e il secondo è che non si sa quanto duri la protezione del vaccino contro il contagio. Un punto fermo del nostro ragionamento è che con il virus dovremo convivere a lungo, forse per sempre, quindi è opportuno programmare la nostra vita in modo consapevole.



Iniziamo col dire che, se non ci fossero stati i vaccini, saremmo in piena quarta ondata, con molti morti, invece l’attuale è un’onda piccola che non solo non spaventa, ma che si affievolirà via via che procederanno le vaccinazioni, come dimostra l’esperienza inglese.

Le vaccinazioni sono la chiave di lettura della situazione epidemiologica. Purtroppo, sono in calo relativo, come era facile attendersi nel mese di agosto (nella settimana dall’8 al 14 agosto, sono state 360mila complessive al giorno). Il calo ha anche altri motivi: uno è che le persone più anziane, quelle a rischio di più gravi effetti, si sono vaccinate quasi al completo (gli ultraottantenni che hanno ricevuto una prima dose sono oltre il 96% e le persone da 60 a 79 anni sono oltre l’88%; si veda Figura 3); un altro è che la necessità di procurarsi il green pass per facilitare i contatti sociali ha avuto effetti soprattutto sui più giovani, ma molto meno sulla popolazione delle età di mezzo. I giovani in età 18-24 sono vaccinati al 68,2%; tuttavia, dato che si tratta di un fenomeno recente, molte sono ancora prime dosi. Gli italiani dai 25 ai 49 anni sono, invece, vaccinati al 66,2% con un 14,3% di sole prime dosi (i dati sono stati ottenuti giustapponendo le Figure 3 e 4).



Figura 3. Percentuale di popolazione italiana che ha avuto almeno una dose di vaccino al 13 agosto 2021, per classe d’età

 Figura 4. Percentuale di popolazione italiana che completato il ciclo vaccinale al 13 agosto 2021, per classe d’età

Nel complesso, in Italia, è stata vaccinata con almeno una dose il 67,1% della popolazione e non sarà sufficiente vaccinare tutti i giovani per arrivare al fatidico 70%, bisognerà puntare decisamente sulle età di mezzo. Non sarà facile, come non lo è in ogni altro paese occidentale. Neppure il Regno Unito, che è partito con le vaccinazioni molto prima di noi, è ancora riuscito a raggiungere il 70%.

Per ridurre il rischio globale di contagio, si dovrà convincere a vaccinarsi il personale che ha contatti professionali con la popolazione, ossia il personale sanitario, quello della scuola, quello del pubblico impiego, gli inservienti al banco e alle casse dei negozi, i trasportatori e gli operatori delle catene alimentari. Ci sembra corretto che gli eventuali tamponi (almeno settimanali) di chi non si vaccina siano pagati direttamente da chi ne fruisce.

Nelle ultime settimane è risultato evidente che alcune persone hanno contratto l’infezione pur essendo vaccinate, quasi esclusivamente con una sola dose. Anche se si tratta di pochi casi, ne hanno approfittato coloro che diffidano dei vaccini per negarne l’efficacia. Le statistiche ufficiali indicano esattamente il contrario, ossia che senza vaccini saremmo nuovamente in difficoltà, come alla fine della scorsa estate, mentre oggi non fa paura alcuna variante del virus.

È necessario dire che i vaccini non hanno un’efficacia assoluta: già le case farmaceutiche avevano indicato che l’efficacia immunitaria è attorno al 95%, quindi non è assoluta per ammissione delle stesse case farmaceutiche. Inoltre, non possiamo sottacere il fatto che, per inopinata indicazione delle agenzie per il farmaco (Ema e compagnia), le persone che si sottopongono volontariamente ad esperimenti farmaceutici sono più sane della media della popolazione e che, spesso, i “volontari” sono correlati alla casa farmaceutica stessa. Oggi, con i milioni di vaccini inoculati, siamo in grado di sapere non solo quale sarebbe l’esatta efficacia, ma anche su chi il vaccino ha avuto meno effetto e quali sono le interazioni tra la produzione naturale di anticorpi immunitari e il supporto vaccinale.

È, quindi, giunto il momento per il governo nazionale di realizzare un’indagine sierologica sull’intero Paese e non solo su chi – per motivi personali – vuole conoscere la propria energia immunitaria. Si potrà così sapere quali vaccini sono stati realmente efficaci e quanto a lungo dura la protezione immunitaria. Israele, che è stato il primo paese al mondo ad avviare una serrata campagna vaccinale di massa, constatò che una sola prima dose di vaccino non era così efficace come promesso dalle case farmaceutiche (Israele puntò su Pfizer e Moderna), ma che l’efficacia era molto alta con la somministrazione di ambedue le dosi. Oggi in Israele si parla della necessità di una terza dose, segno, questo, che l’efficacia dei vaccini scema nel tempo.

Anche noi dobbiamo sapere qual è la durata effettiva dei vaccini, distinguendo per tipo di vaccino e, soprattutto, per categoria di persone sulle quali il vaccino ha veri effetti protettivi. Non si può continuare a procedere per “sentito dire”. L’Istituto superiore di sanità (Iss), per una volta, si faccia parte diligente nell’anticipare i fenomeni che riguardano la sfera sanitaria.

Inoltre, per capire l’inutilità dell’attuale sistema di tracciamento dei contagi, si tenga conto che, da quando è in funzione, i dati del sabato, della domenica e – chissà perché – anche del lunedì, sono del tutto carenti e una parte dei contagi e dei morti di questi tre giorni “di stanca” sono riversati dal sistema a casaccio nei tre giorni successivi. Purtroppo, i giornalisti e, quel che è peggio, anche l’Iss e la Fondazione Gimbe diffondono stime senza tenere conto di questa particolarità.

Si chiuda, quindi, per manifesta inutilità, il sistema di tracciamento dei contagi e si faccia un’indagine continua sul contagio (da questo e da altri virus) presso campioni statistici della popolazione italiana rappresentativi a livello regionale. Non solo questo sistema costerà meno, ma sarà più accurato dell’attuale nel rappresentare la realtà del Paese e potrà funzionare da effettivo sistema sentinella dei rischi locali del contagio. E gli italiani avranno la mente sgombra dal timore del virus e riprenderanno a vivere con equilibrata normalità.

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