In Italia, secondo i dati dell’ultimo monitoraggio dell’Iss, l’indice Rt nazionale continua la sua discesa (a 0,63 rispetto allo 0,69 della settimana scorsa) e cala pure l’incidenza dei positivi Covid: 9 casi ogni 100mila abitanti, due in meno rispetto a sette giorni fa. Numeri che hanno fatto sì che ieri sia stato il primo venerdì senza cambio di colore per nessuna regione. Ma c’è il rovescio della medaglia: aumentano i focolai legati alle varianti Delta e Kappa, con conseguente incremento dei casi positivi.



Tanto che l’Oms ha lanciato l’allarme di una possibile nuova ondata in Europa. Cosa dobbiamo aspettarci? “L’Italia è ben messa rispetto ad altri paesi europei – risponde Roberto Cauda, docente di Malattie infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore -: i prossimi mesi saranno importanti per monitorare la situazione epidemiologica e per prepararci alla vera partita, che sarà in ottobre”. Come prepararci? “Non dobbiamo rallentare su test, tracciamento, trattamento e sequenziamento”.



Perché la variante Delta continua a destare così tanta preoccupazione?

Sappiamo che è più trasmissibile del 60% rispetto alle varianti prima in circolazione e in linea teorica potremmo osservare più casi gravi.

Ma dal punto di vista clinico si registrano poche ospedalizzazioni e pochi decessi…

Visto che le persone più anziane hanno completato il ciclo vaccinale, la variante Delta si sta sviluppando, come mostra il caso inglese, tra i giovani, che non sono stati ancora immunizzati, ma presentano forme asintomatiche o paucisintomatiche. Sappiamo poi che nel Regno Unito l’80% delle persone ha già fatto la prima dose, e questa protezione parziale, pur non difendendo del tutto dalla variante, fa comunque sì che, nonostante 20mila contagi al giorno, non si siano registrati uno stress su ospedali e terapie intensive né un aumento di decessi. Tutto questo spiega perché la variante Delta sia considerata meno grave delle precedenti, per la semplice ragione che va a incidere su una popolazione già vaccinata o parzialmente vaccinata.



L’Oms lancia però l’allarme: in Europa contagi in aumento dopo due mesi di calo, attenzione alla nuova ondata. Allarme giustificato?

Con un aumento in Europa del 10% dei contagi, che non si verificava da parecchie settimane, l’Oms lancia giustamente un allarme. Ci potrebbe essere un rischio teorico di una nuova ondata. Di certo, è una corsa contro il tempo. Ventimila contagi al giorno nel Regno Unito non è una buona notizia, perché significa che il virus continua a circolare e quanto più circola tanto più il rischio di nuove varianti è dietro l’angolo.

E in Italia? I focolai legati alla variante Delta sono in aumento. Come si controllano?

E’ giusto dire che l’Italia è ben messa rispetto ad altri paesi europei. Non abbiamo una diffusa circolazione della variante, che è al 16%, anche se sta crescendo rapidamente, dall’1% al 4% e ora al 16% in un tempo relativamente breve. Ma se giochiamo bene la partita possiamo dire che siamo in una situazione ottimale.

Come dobbiamo giocarla?

I contagi restano sotto quota mille e ciò consente il tracciamento e il trattamento dei contatti, che vanno messi in quarantena. E’ poi importante che quest’estate non si eseguano meno test. Infine, va rafforzato il sequenziamento, visto che con il 5% siamo allo standard minimo previsto in Europa.

C’è chi parla di ritorno all’obbligo della mascherina. Che ne pensa?

In Israele lo stanno già rivedendo, tuttavia non penso che in Italia questo problema si porrà nell’immediato. Bisognerà valutare attentamente nei prossimi mesi i livelli epidemiologici. Oggi è stato giusto togliere l’obbligo di indossarla all’aperto, con tutte le precauzioni a utilizzarla nei locali al chiuso o in caso di assembramenti. La vera partita si giocherà ad ottobre.

Perché?

Tutto dipenderà dal numero dei contagi e dal numero di quanti avranno completato l’intera vaccinazione. L’Italia sta andando benissimo, anche se la variante Delta ha complicato un po’ le cose. Ci fosse stata la variante alfa, già una dose sarebbe bastata. Ora no. Quindi, se i contagi dovessero crescere, sarà gioco forza tornare all’uso della mascherina, così come a zone rosse molto chirurgiche.

Nel mondo stanno tornando chiusure e coprifuoco. Potremmo rivederli anche in Italia?

E’ inutile fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Il Covid si trasmette facilmente e ogni volta ci imbattiamo in una variante più contagiosa… Se vinciamo la partita su test, tracciamento, trattamento e sequenziamento, è chiaro che la situazione epidemiologica potrà essere tenuta sotto controllo. Altrimenti saremo costretti a porre rimedio a nuove impennate di infezioni.

Sarebbe il caso di applicare chiusure, coprifuoco e lockdown solo ai non vaccinati?

In linea teorica non sarebbe un’idea sbagliata, ma è di difficile realizzazione pratica.

Gli Europei di calcio, con le Nazionali itineranti e le partite disputate in diversi paesi, potrebbero essere una miccia in grado di accelerare la diffusione dei contagi già questa estate?

Difficile prevederlo. Già la festa per lo scudetto dell’Inter aveva fatto temere scenari molto negativi, che poi non si sono verificati. Ma il rischio è sempre dietro l’angolo. Mi sembra però che siano state adottate misure rigorose: dalla quarantena di 5 giorni all’evitare la triangolazione dei viaggi…

Le Regioni chiedono una campagna di sensibilizzazione per indurre a vaccinare chi ancora non ha ricevuto l’immunizzazione. Giusto?

Da sempre sostengo la necessità di invitare tutti a vaccinarsi. E preferirei che, in questa fase così delicata, la gente posticipasse le vacanze pur di farsi immunizzare. In più ridurrei l’intervallo fra prima e seconda dose, visto che dobbiamo proteggere il massimo della popolazione. Posto ovviamente che ci siano dosi sufficienti.

In Gran Bretagna via libera alla terza dose. Sarà necessaria anche da noi?

Non è detto che si debba fare. Ci sono però tre interrogativi sui quali non si è fatta ancora del tutto chiarezza. Bisognerà capire se e chi deve fare la terza dose e con che cosa.

In che senso?

Sono stati pubblicati studi in base ai quali i soggetti che hanno avuto il Covid e hanno fatto una somministrazione con Pfizer o Moderna hanno, a distanza di un anno e passa, una robusta risposta immunitaria cellulare. Sembrerebbe cioè che l’immunizzazione per qualcuno potrebbe durare tutta la vita. Quanto al “con che cosa farla”, bisogna capire se con vaccini a mRna o Dna o quelli, come il Novavax, che stimolano una risposta verso antigeni diversi. L’ammalato che ha avuto il Covid produce gli anticorpi non solo contro lo Spike, come un vaccinato, ma contro tutto il virus. Per questo l’idea di cambiare vaccino per la terza dose potrebbe – e qui il condizionale è d’obbligo e di rigore – essere presa in considerazione.

(Marco Biscella)

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