Come è possibile dare torto all’analisi fatta giovedì su Repubblica da Stefano Folli? Riassumendo brevemente, rispetto a quello che vediamo e viviamo in una tragedia come quella della pandemia, si assiste a un’avvilente “commedia degli equivoci” che condanna storicamente un’intera classe dirigente, di maggioranza e di opposizione, con tutte le ramificazioni che fanno parte della classe dirigente di un Paese. Tra colloqui, interessi di parte, tentativi di approcci per mantenere una parvenza di governabilità e arrivare ad approvare una legge di bilancio, è proprio vero che si può concludere con un “Quindi avanti con il dinamico immobilismo”.
La settimana che si conclude, mentre il virus colpisce sempre, si era aperta con un richiamo, quasi un ammonimento più pressante rispetto ai precedenti, alla solidarietà istituzionale, alla solidarietà in senso ampio fatto dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Ma per tutta la settimana il confronto-scontro tra Regioni e Governo è andato avanti senza tregua sulla validità dell’algoritmo che colora in tre modi zone nazionali differenti, su quella dei 21 indicatori che definiscono lo stato sanitario di una regione e poi su iniziative diverse. Lasciando perdere il caso Calabria che è ormai una farsa tragica. Con pure la coda della dichiarazione del Cinquestelle Nicola Morra, che quasi accusa i calabresi di aver votato una malata oncologica come Jole Santelli che è morta recentemente. Una sensibilità da rinoceronte.
Fatto che ha preceduto lo show settimanale del presidente della Campania, Vincenzo De Luca, il quale ha “sparato” insulti roventi contro il suo nemico personale, il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, e poi il ministro degli esteri Luigi Di Maio, e quindi il ministro della Sanità, Roberto Speranza, e di conseguenza quasi tutto il governo. È sempre un De Luca contro tutti e tutto, pur essendo un esponente del Pd, cioè di un partito che è nella maggioranza di governo e ne determina le scelte più importanti. Con questa sequenza si può dire che la collaborazione istituzionale e la solidarietà invocata da Mattarella sembra pura utopia.
Ma in fondo, facendo l’elenco dei movimenti politici italiani siamo a dettagli di “sconcertante ignoranza e incapacità”, rispetto al peso che avrà il solito provvedimento “omnibus”, la legge di bilancio che contiene 229 articoli, quella che Sabino Cassese, citando Carlo Cottarelli e un giudizio dell’Economist, definisce una “pioggia di misure che non aiuta” e soprattutto ribadisce il mediocre primato italiano sull’investimento a lungo termine.
In definitiva una settimana che si dovrebbe dimenticare, ma forse è sempre meglio ricordare per vedere in quale stagno, immobile e drammatico, sia caduta la politica italiana di fronte al dramma della pandemia.
E quasi con una ironia inquietante e irridente arrivano le notizie dall’Europa, con il famoso Recovery Plan, con il nome più significativo di Next Generation Eu, imballato tra i veti di paesi come Ungheria e Polonia e, a quanto trapela, anche di qualche paese frugale.
Anche su questo versante si moltiplicano gli interrogativi e le incertezze, con alcune dichiarazioni dello stesso presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, che non sembrano essere state azzeccate, soprattutto quella sulla possibile cancellazione del debito.
Aggiungiamo a queste contorsioni e a queste acrobazie dialettiche e di movimento all’interno del governo, vicino al governo, oppure dall’esterno del governo, il continuo scontro-confronto tra gli stessi scienziati. È noto che in questo momento, da parte delle grandi case farmaceutiche, c’è una corsa al vaccino anti-Covid. Lasciando perdere le speculazioni finanziarie fatte per un farmaco di cui ha bisogno il mondo intero, arrivano dichiarazioni che appaiono incredibili. Se esiste già una parte consistente degli italiani che non vuole farsi vaccinare, se il commissario Domenico Arcuri è impegnato ad acquistare e programmare la distribuzione del vaccino, arriva a sorpresa il professor Andrea Crisanti che scatena una bufera con questa frase secca: “Vaccino Covid? Io non lo farei”. E subito arriva per agenzia la risposta polemica di altri scienziati.
Ora che cosa può pensare un normale cittadino italiano, magari in condizioni di salute precarie e senza prospettive economiche? C’è da stupirsi se il clima nel Paese è quello di una condanna generale verso la politica e di una disaffezione sempre più marcata verso le istituzioni democratiche? Come può interpretare un disoccupato, una partita Iva, un piccolo imprenditore, lo sciopero degli statali programmato dai sindacati?
Forse Giuseppe Conte, piuttosto che raccomandare con prediche strane un Natale sobrio, dovrebbe cercare di mettere in atto piani concreti contro i pericoli che corre anche la nostra democrazia.