Chiusa la partita delle nomine di sottosegretari e viceministri, il Governo Draghi si avvicina sempre più alle prime decisioni concrete, non solo per quanto riguarda il nuovo Dpcm sulle misure di limitazione dei contagi, ma anche per l’accelerazione da imprimere al piano vaccinale e il varo del Decreto ristori 5. Intanto il premier con il Cdm di mercoledì, come sottolinea Guido Gentili, editorialista del Sole 24 Ore, “ha fatto emergere un elemento di discontinuità rispetto al passato”.
Da che punto di vista?
Si può essere perplessi su alcuni nomi, alcune posizioni, ma c’è da dire che Draghi ha messo fine alla discussione feroce dietro le quinte tra i partiti e i dentro i partiti su sottosegretari e viceministri. Ha messo le forze della maggioranza di fronte alla necessità di andare avanti, le ha costrette a ritrovarsi in una soluzione che non è stata gradita totalmente, ma l’alternativa sarebbe stata una scelta diretta del premier. Questo è un importante segno di discontinuità nelle decisioni, perché in altre circostanze avremmo assistito ancora per giorni a trattative e tira e molla tra i partiti.
L’unica scelta del premier è stata quella della delega ai servizi segreti a Franco Gabrielli.
Mi è sembrata una decisione secca e immediata. Draghi non ha tenuto per sé la delega che era stata un elemento di forte contrapposizione nel Governo Conte-2 e ha scelto una persona che non solo ha vasta esperienza, ma che ha dimostrato di sapere essere un buon mediatore. L’anno scorso, infatti, quando in estate c’era una contrapposizione tra aperturisti e rigoristi, da Capo della polizia ha gestito una situazione non facile con equilibrio.
A proposito di aperturisti e rigoristi, è una contrapposizione presente anche tra i partiti della maggioranza, che potrebbero trovarsi su fronti diversi anche su altri temi. Draghi gestirà la situazione con il metodo usato con le nomine di sottosegretari e viceministri?
Fin dall’inizio il premier non ha escluso l’uso del metodo della sintesi. Certamente deve tener conto di possibili contrapposizioni come quella tra rigoristi e aperturisti e credo che sia riuscito, anche incontrando Salvini, a esercitare una moral suasion importante nei confronti di chi vuole bruciare le tappe. Ha però fatto anche capire che l’aspetto comunicativo è importante, mettendo per esempio già in chiaro che non ci saranno concessioni rispetto alle restrizioni in atto fino a Pasqua, e che il Governo si impegnerà fortemente sul fronte delle vaccinazioni.
Questo è effettivamente un tema importante e il nostro Paese, dopo quella che era apparsa come una partenza sprint sulle somministrazioni, sembra arrancare…
La situazione mi pare abbastanza chiara. Certamente ci sono stati ritardi nelle consegne da parte delle case farmaceutiche, e l’Europa non ha brillato nella sua strategia, ma ora c’è una criticità relativa alle poche somministrazioni effettuate, in alcune regioni, rispetto alle dosi disponibili. C’è quindi un problema logistico di distribuzione e soprattutto non c’è ancora un piano vaccinale vero e proprio, soprattutto per quel che riguarda l’organizzazione della somministrazione. Mi sembra che Draghi stia lavorando dietro le quinte per ovviare a questo problema: c’è la necessità assoluta, prima di parlare dei ristori, del blocco dei licenziamenti, di tutte le questioni economiche, di intervenire sulle vaccinazioni perché non possiamo permetterci dei ritardi ulteriori.
Inevitabile a questo punto chiedersi cosa farà Draghi con Arcuri.
Mi sembra che ci sia una certa freddezza nei suoi confronti da parte del nuovo Governo. Il suo incarico scade a fine marzo, quindi vedremo molto presto se sarà confermato o se sarà rivista l’organizzazione che vede come frontman dell’importante operazione delle vaccinazioni la sua figura. Io penso che ci saranno dei cambiamenti.
A breve dovrà anche essere approvato il Decreto ristori 5. Ci saranno novità rispetto al passato?
Sì, penso che si cominceranno a introdurre degli elementi che configurino una metodologia diversa nell’approccio seguito finora, cioè quello di una copertura a pioggia delle risorse che sono state stanziate per frenare la crisi, con una selezione degli interventi e forse qualche indicazione di prospettiva su come si vuole agire sul terreno dei sostegni all’economia nei prossimi mesi.
Ci sarebbe quindi una discontinuità rispetto al precedente Governo, la cui maggioranza, che ha deciso anche di creare un Intergruppo parlamentare, vive un momento non facile…
Ormai l’Intergruppo mi sembra naufragato. La scelta di crearlo ha rivelato secondo me la sorpresa di Pd, M5s e Leu per essersi trovati di fronte a un realtà nemmeno lontanamente immaginata 10 giorni prima, essendosi trincerati per settimane dietro lo slogan “O Conte-3 o elezioni”. Il colpo è stato forte e la reazione dal mio punto di vista è stata politicamente sbagliata, anche perché l’Intergruppo a livello operativo non ha fatto nulla e, come si è visto per le nomine di sottosegretari e viceministri, ogni partito si è mosso per conto suo, viste anche le specifiche difficoltà interne.
Specie nel Movimento 5 Stelle, visto che si sta arrivando alla scissione, anche se non la si vuole chiamare così.
Sì ci sono queste divisioni interne, sfociate anche nell’uscita di diversi parlamentari, ma il problema più grande dei pentastellati sembra essere quello riguardante le loro prospettive. Non si sa, infatti, se Conte possa diventare davvero un riferimento per M5s e non si sa nemmeno quale sia la governance del Movimento. C’è un problema di leadership cui si aggiunge un travaglio identitario molto forte se pensiamo che Di Maio parla di Movimento moderato e liberale, aggettivi che alle elezioni politiche del 2018, solamente quindi tre anni fa, non si potevano certo accostare ai 5 Stelle.
Un problema di leadership sembra esserci anche nel Pd. È così?
Sì, la leadership di Zingaretti è di fatto pesantemente in discussione. Lo è stata anche prima, ma la situazione si è aggravata dal momento che il segretario ha sposato una strategia, quella dell’alternativa tra il Conte-3 e il voto anticipato, che si è rivelata assolutamente perdente. Ci sono forti tensioni interne tra i dem. Staremo a vedere cosa accadrà al momento del congresso, anche se è evidente un senso di smarrimento nel Pd.
Draghi, con la scelta di uomini come Cingolani, Colao, Franco e Giovannini in ministeri chiave, sembra aver comunque la possibilità di tenere fuori dalle liti tra partiti i temi più importanti ed evitare ritardi come accaduto con il Governo Conte-2.
Sì, c’è da tenere presente che ci sarà un non facile passaggio delicato di competenze tra ministeri, ma è chiaro che attraverso le scelte fatte sui dicasteri chiave Draghi si è garantito una cintura di sicurezza sui temi del Recovery plan e del rapporto con l’Europa, che gli consente di poter procedere evitando estenuanti mediazioni con i partiti. Certamente per arrivare a una sintesi deve tener conto dei rapporti politici esistenti nella vastissima maggioranza che lo sostiene e lascia più spazio ai partiti pagando un prezzo più che sul piano operativo su quello dell’immagine. Non c’è dubbio però che sui vaccini e il Recovey plan il premier abbia le leve giuste per imporre il rispetto del programma che ha presentato in Parlamento.
Indubbiamente c’è anche attesa per vedere come si comporterà il titolare del Mef. Dovremo aspettare la presentazione del Documento di economia e finanza?
Il Def è vicino e sarà un banco di prova importante su cui vedremo la mano di Draghi e contemporaneamente quella di Franco. Credo che ci sarà un richiamo alla sostenibilità del debito, visto che nel 2020 è aumentato di 160 miliardi di euro. Il ministro dell’Economia sarà però impegnato presto anche sul fronte delle nomine delle aziende partecipate e probabilmente vedremo anche qui qualcosa di nuovo, con minor mediazione tra e dentro i partiti e l’individuazione di figure che rispondono a criteri più oggettivi. Ritengo ci sarà una svolta di metodo importante in cui forse potremo anche vedere una differente concezione del perimetro dello Stato in economia.
(Lorenzo Torrisi)