Sul Pd: “Non dirò mezza parola contro Nicola Zingaretti, che è un amico. Gli faccio un grande in bocca al lupo. Non esco con rancore, odio o antipatia, esco dopo sette anni in cui ho dato il cuore per il Partito democratico”. Sulla sua nuova casa: “Italia Viva non si caratterizza per la differenza col Pd, ma per la differenza contro un modello culturale, quello di Salvini e del populismo, che noi respingiamo con forza. Poi lo fa con un metodo diverso, tutti stanno ragionando su quanti parlamentari ci seguono, la domanda è: quanti cittadini ci precedono e ci anticipano. C’è un sacco di gente che chiede una politica diversa”. Sul Conte-2: “Non è il governo che sognavo ma lo sosterrò”. Sulla sua presenza al tavolo del governo: “Non sarò io a partecipare ai tavoli, ci sarà il segretario o il leader, lo decideranno nei prossimi giorni”. Così Matteo Renzi in un’intervista a SkyTg24. Ma le sue dichiarazioni e i suoi progetti continuano ad agitare il mondo politico. Sullo sfondo resta una domanda: Matteo Renzi ha da togliersi tanti sassolini dalle scarpe, con il Pd, il M5s, Salvini, quell’Italia che lo ha sonoramente bocciato al referendum costituzionale del 2016. Ebbene, può diventare ben presto un fattore di instabilità non solo per Zingaretti e i democratici, ma anche per Conte e il quadro politico nazionale? “No, non credo sia un destabilizzatore”, risponde Roberto D’Alimonte, professore ordinario di Sistema politico italiano nella Luiss di Roma ed esperto di sistemi elettorali.
Perché non lo vede in questa veste?
La mia opinione è che voglia giocare un suo ruolo nella politica nazionale e credo voglia giocarlo all’interno di uno schieramento di centro-sinistra. Non avendo questo spazio nel Pd, ha preferito – come recita un modo di dire inglese – fare il pesce grande in uno stagno piccolo. Vuole portare avanti il suo disegno strategico decidendo cosa fare autonomamente e non più dentro un partito che non controlla.
Di quale disegno si tratta?
Avere uno strumento politico che possa provare ad aggregare un elettorato moderato che non si trova a suo agio dentro Forza Italia, un partito ormai in declino, o che vota Di Maio o Salvini per mancanza di alternative. Ecco perché non credo affatto a un Renzi destabilizzatore.
Secondo alcuni osservatori, però, Renzi non solo ha fatto nascere il governo giallo-rosso, ma ha anche i numeri per farlo cadere. Il suo potere di condizionamento crescerà con il tempo e detterà l’agenda a Conte e Di Maio così come ha fatto Salvini nel governo giallo-verde?
No, Renzi non si prenderà la responsabilità di far cadere il governo, favorendo così la vittoria di Salvini.
In effetti Renzi ha dichiarato che vuole sfidare a 360 gradi Salvini e il suo populismo, anche al Nord, andando a parlare con la gente, con gli imprenditori. Farà breccia là dove il Pd e la sinistra sono stati piano piano sfrattati dai governi regionali?
Penso che una chance migliore di quella del Pd ce l’abbia. Il problema di Renzi è che non può pensare di fare un partito maggioritario, quindi deve necessariamente presentarsi come parte di una coalizione di centrosinistra che comprenda quanto meno il Pd. Bisognerà, però, vedere come si pone, come si presenterà.
In che senso?
La sua figura è per certi versi logora, conserva una patina di antipatia. Vediamo se e come riuscirà a eliminare questi handicap.
Come giudica, non più a caldo, l’operazione uscita dal Pd e nascita di Italia Viva?
Non demonizzo la sua scelta, ma nemmeno sono favorevole. La mia bussola, in questo mondo così confuso, è quella di un nuovo bipolarismo, di cui l’Italia ha bisogno. Il termine favorevole lo uso a proposito di questo governo, perché ci vedo l’opportunità di tornare a un assetto bipolare della politica italiana. Se Renzi vorrà contribuire a questo assetto bipolare, formando un partito che ha la capacità di attirare un elettorato moderato che non voterebbe mai Cinquestelle o Pd, ben venga. A preoccuparmi è invece il fatto che Renzi possa appoggiare il ritorno al proporzionale. Anzi, temo che oggi lo preferisca. Ma, a mio avviso, il proporzionale non va bene per il Paese.
Perché?
Innanzitutto, perché non si può manipolare di nuovo la legge elettorale per non far vincere gli altri. È un comportamento che mina la fiducia nelle istituzioni, la democrazia, la convivenza democratica. Non si può continuare su questa strada iniziata con Berlusconi. Le regole vanno condivise e se proprio non si possono trovare nuove regole condivise, meglio tenersi quelle che abbiamo.
E in secondo luogo?
Il proporzionale favorirebbe la frammentazione, l’ingovernabilità e l’irresponsabilità, perché vorrebbe dire tornare a far sì che siano i partiti a decidere dopo il voto cosa fare, con chi allearsi. In questo clima di sfiducia verso la classe politica questa scelta non può che continuare ad alimentare le tendenze anti-sistema, la polarizzazione, l’astensione.
Il fatto che uno dei primi provvedimenti, assolutamente prioritario e dirimente per il M5s, sarà il taglio dei parlamentari ha giustamente spinto il Pd ad agganciarvi anche la necessità di una riforma elettorale. Che ne pensa?
È un alibi, non c’è bisogno di una riforma elettorale. Il taglio dei parlamentari deve essere accompagnato da una riforma dei regolamenti parlamentari.
Per esempio?
Se deputati e senatori diminuiscono di numero, devono essere abbassate le soglie per facilitare la formazione dei gruppi parlamentari. E poi bisognerebbe riformare il sistema del bicameralismo: siamo l’unico Paese in Europa che ha due Camere che svolgono lo stesso compito. La priorità è cambiare il Senato, non la legge elettorale.
Torna cioè Renzi e torna ancora in auge il progetto di riforma costituzionale bocciato dagli italiani nel 2016?
Se Renzi sposa il proporzionale, questo fa a pugni con quel progetto. La razionalizzazione del bicameralismo va bene solo se fatta nell’ambito di una migliore governabilità del Paese.
La sfida, accennava prima, si gioca al centro. La senatrice Daniela Conzatti di Forza Italia ha già deciso di passare a Italia Viva. Renzi, dopo quella di Salvini, tenterà un’Opa sul partito di Berlusconi? O potrebbe andare a pescare consensi anche nel grande bacino degli indecisi?
La risposta è positiva a entrambe le domande.
Con quali argomentazioni può convincerli?
Ritornando al riformismo di cui il Paese ha un grande bisogno e che non si limita soltanto al controllo delle frontiere e alle leggi sulla sicurezza. Renzi deve riprendere il discorso riformista: riforma della Pubblica amministrazione, riforma del sistema giudiziario, riforma della scuola, rilancio del Sud.
(Marco Biscella)