Il bollettino della Banca d’Italia, il primo dell’anno, dà ragione alla sparuta minoranza che, guardando alla tenuta dell’economia italiana, non ha mai partecipato al gioco del tanto peggio tanto meglio. La recessione per il momento è evitata, ci sarà un rallentamento, questo sì, ma il prodotto lordo continuerà a crescere sia pur di poco: più 0,6% che comunque migliora le precedenti previsioni. L’inflazione resta un pericolo, tuttavia sembra sotto controllo e in discesa insieme ai prezzi del gas, del petrolio, delle materie prime. Ciò vuol dire che il Governo, dopo aver varato una Legge di bilancio congiunturale, dedicata a tamponare gli effetti dei prezzi e del caro bollette, può dedicarsi ad affrontare le riforme lasciate rinviate dal Governo Draghi per mancanza di consenso politico, e ad aggiustare il Pnrr. Riforma della giustizia, concorrenza, fisco, sono gli scogli più pericolosi.



Se si procede seguendo il principio di Carl Schmitt, secondo il quale la decisione politica coincide con la scelta tra amico e nemico, aumenta il rischio di finire intrappolati tra Scilla e Cariddi. Lo dimostrano anche le difficoltà di applicare lo spoils system. L’opposizione non ha le carte in regola per criticare, il sistema può non piacere, ma, introdotto vent’anni fa quando prevaleva la logica maggioritaria all’americana secondo la quale il vincitore si prende tutto, è stato spesso applicato in modo clientelare. In ogni caso o si cambia la legge Bassanini o è legittimo che chi conquista la maggioranza scelga i vertici delle imprese pubbliche e le posizioni apicali nella Pubblica amministrazione. La questione è se chi viene scelto ha le capacità, l’esperienza, il curriculum giusto.



Sul direttore generale del Tesoro si è arrivati a un compromesso: il ministro Giorgetti non ha più difeso Rivera, ma ha pescato tra i dirigenti interni scegliendo Barbieri, capo economista nominato da Pier Carlo Padoan nel 2015. I suoi poteri, però, verranno in parte condivisi con un altro dirigente e si parla di Turicchi, che piace a Giorgia Meloni. Discutibile nella forma, vedremo come sarà la sostanza. A primavera scadono i vertici dei maggiori gruppi a partecipazione statale (Eni, Enel, Leonardo, Poste, Terna, ecc.), dunque sarà un test importante per capire se il Governo segue la via del consenso o quella del conflitto.



Il paradigma intanto è già messo alla prova con la riforma della giustizia. Il ministro Nordio sta provocando divisioni all’interno della stessa maggioranza. Ieri Matteo Salvini intervenendo a Cremona ha messo le carte in tavola. “Spero che sia finito il tempo dei contrasti tra politica e magistratura – ha detto -. C’è bisogno di serenità e tranquillità e la politica deve evitare lo scontro con la magistratura e viceversa”. E ha proseguito: “Il ministro Nordio pone l’accento su alcuni abusi, ma l’importante è che non ci siano polemiche e nuovi scontri tra pezzi dello Stato. Occorre abbassare i toni”. L’arresto di Messina Denaro ha creato nell’opinione pubblica una diversa percezione sulle intercettazioni e caricare lancia in resta i magistrati inquirenti da parte di un ex magistrato inquirente suscita il dubbio che non sia esattamente equanime come dovrebbe essere un ministro di fronte a un tema tanto delicato e controverso. Quando poi Nordio sposta il tiro sull’informazione e il diritto di cronaca, finisce dalla padella nella brace.

Ma la logica amico-nemico si estende anche ad altri campi. Prendiamo le spiagge: ora si parla di rinviare tutto al momento in cui ci sarà una nuova regolamentazione generale (campa cavallo!) scegliendo di tutelare chi gestisce gli stabilimenti pagando concessioni per lo più irrisorie, rispetto a chi avrebbe tutto il diritto di candidarsi ad assicurare condizioni migliori per lo Stato e per i bagnanti. La difesa dello status quo è il contrario del principio stesso di riforma.

Ma il paradigma di Schmitt può diventare addirittura distruttivo quando si parla di tasse. La riforma fiscale non si può fare scegliendo una categorie contro le altre, favorendo le partite Iva rispetto ai lavoratori dipendenti, o salvando le rendite e penalizzando i redditi da impresa; qui più che mai occorre un ampio consenso e un solido principio di equità. Tassazione e rappresentanza politica sono i due pilastri dei sistemi liberal-democratici.

Un dilemma simile si pone persino per la revisione del Pnrr. Non abbiamo ancora capito di che si parla in concreto. Si tratta di adattare costi e tempi alle mutate condizioni economiche, criterio corretto, ma che nasconde molte trappole. Per esempio, i costi sono aumentati, ma ora stanno scendendo di nuovo, dunque quale punto di riferimento scegliere? Rivedere le priorità rischia di moltiplicare i conflitti a livello locale, ma anche tra le branche dell’amministrazione pubblica. Un compito molto complicato che si divide tra vari ministeri: Tesoro, Sviluppo, Infrastrutture, presidenza del Consiglio dei ministri alla quale fa capo la cabina di regia.

Il Governo, dunque, superati i cento giorni, deve affrontare le prove forse più complicate e dovrà farlo finché dura il semestre della luna di miele che, per una significativa coincidenza, scade proprio quando bisognerà presentare il Def, il Documento di economia e finanza che indica il percorso dell’economia italiana di qui al prossimo anno. Lo troveremo nell’uovo di Pasqua e capiremo meglio la tenuta della maggioranza.

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