Secondo un detto popolare, “l’Epifania tutte le feste si porta via”. In questo inizio di 2023 si è portata via anche una parte dei sostegni che erano stati erogati per tamponare il caro energia. Le accise sul carburante tornano a salire e il gasolio arriva a due euro il litro mentre la benzina oscilla attorno a 1,90. Intanto l’Arera avverte che anche le prossime bollette del gas torneranno ad aumentare. L’Italia così si trova in mezzo a un pericoloso paradosso: i prezzi del petrolio grezzo e del metano sui mercati sono in ritirata e questo sta spingendo in basso anche l’inflazione. Ma il caro vita continua a salire e il carrello della spesa si fa più caro. Questo divario tra prezzi all’ingrosso e al consumo si spiega con la fine dei sussidi: doveva pur arrivare, tuttavia mette l’economia italiana in una posizione di particolare fragilità. Si apre così un conflitto sempre più netto con la politica monetaria della Banca centrale europea. Le polemiche scoppiate in questo ultimo mese e le stilettate a Christine Lagarde da parte del Governo Meloni si spiegano anche con questa contraddizione oggettiva.
L’Italia non è in grado di muoversi, in tempi rapidi e in forme ben controllate, verso la normalità dopo la grande pandemia. La stessa crescita formidabile dell’ultimo biennio è stata in gran parte stimolata e sostenuta dalla spesa pubblica (pur senza sottovalutare il dinamismo proprio del tessuto produttivo italiano), così che il concorso di una stretta monetaria e di una riduzione dei sostegni assistenziali rischia di provocare una miscela micidiale destinata a ridurre la domanda per consumi e, per questa via, alimentare la recessione.
Stretto in questa tenaglia, il Governo non sa bene come reagire. La Legge di bilancio è stata molto prudente, non ci sono molti margini nel bilancio pubblico se si vuole evitare un balzo nell’indebitamento pubblico. La finanziaria per due terzi ha confermato sostegni monetari che erano stati già avviati, ma non ha potuto continuare allo stesso passo di prima. Di qui la fine dello sconto sulle accise per i carburanti, il taglio al Reddito di cittadinanza e tutti quei provvedimenti che, pur evitando un taglio della spesa, tuttavia non garantiscono più le stesse erogazioni dei due anni precedenti. Il Governo, consapevole di non avere molti spazi all’interno, sta cercando di capire come allentare il corsetto europeo. Si può discutere su certi toni usati o su idee che oggi sono fuori dalla realtà, ma il richiamo a una politica monetaria cauta e a evitare una vera e propria stretta sono condivisibili e anche l’opposizione non può non essere d’accordo.
La Bce aumenterà ancora i tassi d’interesse, è necessario se vuole non solo soffocare la pressione dei costi, ma impedire che un’inflazione esogena diventi endogena come avvenne negli anni Settanta del secolo scorso. Non solo: i tassi ufficiali restano ancor oggi ben al di sotto rispetto a quelli di mercato. Ecco perché né il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, né il membro italiano del comitato esecutivo Fabio Panetta si sono opposti. Tuttavia, c’è tempo e modo. Gli economisti della Bce hanno costruito le loro previsioni per i prossimi mesi scontando un prezzo del gas ben superiore (persino doppio) a quello attuale sul mercato. Nessuno può scommettere che il metano resterà ai livelli attuali, ma secondo molti osservatori la Bce ha sottovalutato la svolta nel mercato del gas. Ciò dovrebbe spingere la banca centrale non a fare marcia indietro, ma ad accettare l’invito alla cautela che è stato più volte rivolto, questo sì, dalla Banca d’Italia.
Non solo. Se sommiamo l’aumento dei tassi con la fine dell’acquisto di titoli pubblici, la politica monetaria riduce in modo netto la quantità di moneta e per questa via diventa recessiva. È come se la Bce non solo accettasse un’inevitabile recessione, ma la stimolasse considerandola l’unica efficace medicina anti-inflazionistica. La pillola è amara per tutti, però diventa avvelenata per Paesi molto indebitati come l’Italia che non hanno margini per compensare la stretta monetaria con una politica fiscale espansiva.
Domani la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sarà a Roma in occasione della presentazione del libro “La saggezza e l’audacia”, che raccoglie i discorsi dell’ex Presidente dell’Eurocamera David Sassoli, deceduto un anno fa. Nel corso della visita von der Leyen vedrà la presidente del Consiglio italiana, un incontro incentrato “su temi d’interesse per l’Italia e l’Ue”, ha spiegato la portavoce della Commissione. Sul tavolo c’è l’approvazione del Mes (l’Italia è l’unico paese a non averlo ancora ratificato), ma Giorgia Meloni intende riaprire i dossier sugli strumenti europei per affrontare questa nuova difficile congiuntura. Il price cap sul gas, al di là della efficacia dell’accordo raggiunto, non può essere certo l’unico strumento comune.
I Governi del nord sono contrari a introdurre un meccanismo per condividere il debito contratto durante la pandemia, tuttavia è probabile che l’Italia rilanci la questione. Di assoluta urgenza diventa anche la crisi migratoria, con i Paesi dove la destra sovranista è al potere schierati contro la richiesta italiana di gestire insieme la nuova emergenza. La politica europea, così, diventa la cartina di tornasole per capire quanto sarà travagliato il cammino del Governo nei prossimi mesi.
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