Da tempo arrivano ai centri di analisi economica e di geopolitica economica dati dall’ingegneria nucleare che mostrano un’evoluzione dei mini reattori a fissione di quarta generazione: promette efficacia, efficienza, sicurezza intrinseca e bassi costi di costruzione via standardizzazione, nonché il riuso di scorie radioattive generate dai reattori di generazione precedente che ne favorisce lo smaltimento. Si apre l’era del nuovo nucleare, anche caratterizzata da un iniziale spostamento, visibile da almeno da un biennio, degli investimenti privati di venture capital sulla nuova tecnologia nucleare.



Il mio gruppo di ricerca partecipa a un consorzio di think tank nell’area euroamericana e G7 che vuole armonizzare la produzione di energia pulita e il probabile aumento della sua domanda richiesto dalla necessità di ecoadattamento al cambiamento climatico in atto – il riscaldamento globale è certo mentre le cause sono ancora oggetto di precisazione – con il problema di lasciare al sistema economico ancora dipendente dai combustibili fossili il giusto tempo di adeguamento, evitando stress distruttivi.



Lo scenario preliminare calcola in 30-40 anni il tempo di sostituzione caratterizzato da una graduale decrescita della domanda di fonti fossili e crescente offerta di energia pulita. La formula per arrivare alla sostituzione distingue tre tipi di fonti: a) continue, diffuse; b) continue, ma localizzate; c) intermittenti. Tra le prime spicca il nucleare a fissione di nuova generazione e l’idrogeno, questo utile per produrre e-fuel utilizzabili dai motori termici. Tra le seconde ci sono l’eolico, il geotermico e l’idroelettrico, ma efficienti solo in zone specifiche. Nel terzo gruppo c’è il solare che per la sua dipendenza dall’irradiazione va visto come fonte integrativa, non primaria. L’inserimento del criterio di geopolitica economica suggerisce l’accelerazione di tutte le fonti citate per ridurre possibili ricatti, soprattutto a danno dell’Ue, da parte dei produttori di combustibili fossili.



Se si aggiunge il criterio di urgente competitività dell’industria europea (decrescente) che implica una riduzione dei costi energetici, si ottiene la conferma della necessità di una tale accelerazione, soprattutto, del nucleare fissile di nuova generazione. Il gruppo di ricerca ha anche analizzato se tra questo nuovo mini nucleare e la nuova tecnologia di fusione – si pensi a un sole in scatola senza scorie – vi sarà staffetta o concorrenza. I dati rendono probabile sia staffetta, sia integrazione tra grandi centrali a fusione e mini a fissione di nuova generazione. In sintesi, le seconde da accelerare, realisticamente nel 2025 nell’Ue, ma iniziando già ora in ogni nazione a preparare un “Piano (Enrico) Fermi” organizzato per integrare facilitazioni statali e più investimenti privati. Tale piano sarebbe coerente sia con la scossa all’Ue sollecitata da Mario Draghi, sia con l’appello a non dormire nel settore tecnologico da parte di Paolo Savona.

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